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«Pochi spazi, disagi e niente gite», protesta al Boscardin

Un centinaio di alunni del liceo artistico della città palladiana prende parte ad un presidio durato quattro ore: fioccano le accuse ai vertici dell'istituto e a palazzo Nievo

Un centinaio di alunni del Liceo artistico Boscardin di Vicenza durante la mattinata di oggi 21 dicembre ha manifestato fuori dalle aule dalle 7,40 per quattro ore o poco più. Più nel dettaglio la protesta ha avuto luogo «nel cortile della succursale di via Mora dotatata di spazi più adeguati». Alla base della iniziativa, «spontanea e collettiva», ci sono alcune «imposizioni» volute di volta in volta o «dal preside Vincenzo Trabona», o dal «consiglio di istituto» talvolta «caldeggiate dal collegio docenti» che sono talmente malviste dagli studenti da averli indotti a far sentire la loro voce «con un presidio».

Tanto che il «cahier de doléances» è costituito sostanzialmente da cinque ragioni. In primis i ragazzi contestano la decisione di «non effettuare le gite o altre attività extra-scolastiche» più o meno similari. «Ci è stato detto che la cosa non è possibile perché ai partecipanti occorrerebbe chiedere il green pass, pratica che secondo i vertici dell'istituto potrebbe costituire un vulnus per la privacy o addirittura essere discriminatoria per chi non può o non vuole esibirlo». Tuttavia la motivazione addotta dagli stessi vertici sarebbe «priva di ogni fondamento» attaccano gli studenti anche perché in alcuni casi «la totalità degli alunni delle classi aveva sottoscritto un documento in cui dava conto della disponibilità di tutti ad esibire il certificato verde di prevenzione al coronavirus».

In secundis gli studenti contestano che sia de facto «proibito entrare a scuola se è passata la prima ora o uscire prima della quinta. Ci chiedono di fornire idonea documentazione per poter avere accesso all'istituto fuori dagli orari stabiliti ma come è possibile farlo se per esempio i mezzi pubblici si rompono o se si manifestano altri inconvenienti che esulano dalla responsabilità dello studente?».

In terza battuta viene contestato il fatto che per evitare assembramenti siano stati rimossi i distributori automatici di vivande, caffè per primo. «Non si capisce perché - attaccano i ragazzi - come mai ai prof la cosa sia consentita visto che gli assembramenti possono tranquillamente farli anche loro».

In quarta battuta gli alunni denunciano il fatto che l'alternanza suola lavoro sia gestita in modo «per nulla adeguato». Alla grossa il ragionamento è questo. I vertici dell'istituto hanno stabilito che chi frequenta l'ultimo anno non può accedere agli esami di stato a meno che non abbia adempiuto «agli obblighi previsti dall'alternanza suola-lavoro». Il problema però è che l'emergenza Covid-19 ha ridotto le ore che gli alunni debbono svolgere in questo ambito. Epperò, si lamentano gli alunni stessi, la cosa ha creato un effetto paradossale perché proprio la brevità di questi che sono «una sorta di mini stàge» spinge le imprese a non accettare i ragazzi proprio in ragione della esiguità dello stage stesso. Il che genera il rischio potenziale che uno studente, pur rendendosi disponibile a questo tipo di attività, possa essere estromesso dall'esame di Stato appunto «perché non ha accumulato un monte ore adeguato».

In quinto luogo c'è una bacchettata che viene indirizzata direttamente «alla Provincia di Vicenza». Bacchettata che riguarda gli spazi. «A causa del coronavirus il numero degli alunni che contemporaneamente può utilizzare un laboratorio si è ridotto. Tutto ciò ha fatto sì, per esempio, che una classe non possa fruire del laboratorio di architettura e debba invece rimanere in classe. Ma come si fa a disegnare su un foglio che è almeno 50 per 70 centimetri quando i banchi sono ben più piccoli?». Di qui la richiesta a palazzo Nievo, che è il proprietario degli stabili, di intervenire al più presto.

I ragazzi fanno sapere anche che il presidio di oggi è costato ad una rappresentante d'istituto una nota disciplinare perché «accusata di avere organizzato o facilitato un presidio non autorizzato che ha comportato per un centinaio di ragazzi l'allontanamento dalle lezioni». Questa ricostruzione però viene «contestata radicalmente» da coloro i quali hanno aderito alla protesta i quali hanno a più riprese parlato di «iniziativa spontanea e collettiva». Peraltro sit-in del genere potrebbero ripetersi in futuro, spiegano i ragazzi, se i vertici del Boscardin, a partire dalla dirigenza scolastica, «non cambieranno rotta dopo aver ascoltato le ragioni della protesta». Ma come la pensa il preside, ossia il dottor Trabona? Chi scrive ha contattato per l'istituto per avere un commento a caldo ma, almeno per il momento, non è giunta alcuna replica.

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