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Processo Miteni, Provincia di Vicenza parte civile: chiesti 50,6 mln di euro

"Atto dovuto - spiega il presidente Rucco - ma sia chiaro, nessun risarcimento potrà cancellare anni di acqua inquinata che in tanti vicentini hanno bevuto, ma potrà almeno punirne i responsabili ed essere monito per il futuro”

La Provincia di Vicenza si è costituita parte civile nel processo penale a carico di 13 imputati ex vertici di Miteni Spa.
Chiede un risarcimento pari a 50.600.000 euro , o quanto verrà ritenuto di giustizia, per avere patito danni patrimoniali e non patrimoniali in seguito a condotte che avrebbero concorso ad un disastro ambientale con avvelenamento delle acque destinate all’alimentazione umana.

“Un atto dovuto - spiega il presidente Francesco Rucco - che ribadisce l’impegno della Provincia nell’affrontare con serietà e scrupolosità uno dei maggiori disastri ambientali che mai abbia interessato il nostro territorio. C’è un danno specifico legato all’attività degli uffici provinciali, che a partire dal 2013 è diventata più gravosa a causa di continue verifiche ambientali, controlli, provvedimenti. Ma c’è anche e soprattutto un danno ad un ambiente che è un bene pubblico e di cui tutti dobbiamo poter godere. Sia chiaro che nessun risarcimento potrà cancellare anni di acqua inquinata che in tanti vicentini hanno bevuto, ma potrà almeno punirne i responsabili ed essere monito per il futuro.”

Nel dettaglio, la Provincia di Vicenza chiede 45milioni di euro per i danni ambientali di natura pubblica intesi come lesione dell’interesse pubblico all’integrità e salubrità dell’ambiente. Una richiesta, questa, possibile solamente per i fatti avvenuti prima del 2006, visto che dopo quella data unico legittimato a questa richiesta è lo Stato.
Ulteriori 600mila euro sono richiesti dalla Provincia per danni patrimoniali specifici, quindi costi amministrativi e tecnici per gli accertamenti e i provvedimenti del caso e il coordinamento delle attività e degli enti pubblici coinvolti, e per danni da sviamento di funzione, cioè i costi sopportati in conseguenza del distoglimento di ingenti risorse umane e materiali dai fini istituzionali per far fronte alla grave situazione. In particolare si evidenzia la condotta omissiva degli imputati  che, occultando i dati e le circostanze di cui avevano conoscenza e omettendo di attivarsi, consentivano la propagazione protratta per anni degli inquinanti.
Per quanto riguarda i danni non patrimoniali, la Provincia quantifica in 5milioni di euro il danno subito all’immagine e alla credibilità dell’ente nei confronti della comunità, tenuto anche conto della notevole risonanza istituzionale e mediatica dei fatti. Le continue notizie in merito alla gravità della situazione hanno inoltre minato la vocazione turistica di un territorio ricco di pregevoli risorse naturali.

“Non dimentichiamo -conclude Matteo Macilotti, consigliere provinciale con delega all’ambiente- che è stata la Provincia ad identificare ed esplicitare nomi e cognomi dei responsabili della contaminazione: un lavoro enorme, ma doveroso anche per accertare la responsabilità della bonifica del sito. Gli stessi uffici provinciali si sono prodigati per la sospensione dell’attività dell’azienda quando la gravità dei fatti lo imponeva  e le verifiche ambientali non permettevano alternative. La nostra costituzione di parte civile non fa altro che ribadire che la Provincia non lascerà nessuna strada intentata per la soluzione del problema. Siamo sempre stati in prima linea a difesa dell’ambiente e continueremo ad esserlo.”

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