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Pfas nell'acqua piovana? L'ansia degli ambientalisti

La scoperta dell'università di Stoccolma desta preoccupazione nel Vicentino e nel Veneto centrale dove lo scandalo legato alla produzione dei derivati del fluoro è deflagrato con l'affaire Miteni

«Leggere sui media e sulle agenzie di stampa che le sostanze Pfas sarebbero state rilevate anche nell'acqua piovana è molto grave e ci deve fare riflettere: ormai non ne usciamo più». È questo lo sfogo amaro contenuto in una breve nota diramata ieri 15 agosto da Giovanni Fazio, medico e volto storico della associazione ambientalista arzignanese Cillsa. Fazio nel suo dispaccio, l'argomento era stato trattato anche sul suo blog per vero, si rammarica poi anche del fatto che dalla campagna elettorale per le politiche del 25 settembre il tema del degrado climatico sia completamente uscito di scena pur a fronte delle emergenze registrate in questi mesi. Ad ogni modo la questione della presenza nelle gocce della pioggia dei temibili derivati del fluoro, i Pfas appunto, (la cui produzione nel Veneto è stata alla base dell'affaire Miteni, uno scandalo ambientale che ha interessato Veronese, Vicentino e Padovano e che ha al centro la industria chimicha trissinese Miteni appunto) aveva fatto capolino sui media ai primi di agosto. E infatti come spiega Europatoday.it uno studio dell'Università di Stoccolma in Svezia pubblicato sulla rivista scientifica «Environmental science & technology» lo scorso 2 agosto sottolinea come non sia più sicuro bere l'acqua piovana in qualsiasi parte del pianeta. In Occidente quest'ultima non è usata per l'approvvigionamento diretto ma in molte aree del pianeta invece viene raccolta ed adoperata ai fini idro-potabili. Chiaramente se l'acqua piovana è poco o molto contaminata la presenza di queste sostanze può finire nella catena alimentare accumulandosi negli esseri viventi.

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