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Ipab-Trento, un operatore positivo al test del Covid-19

La novità è emersa in mattinata: frattanto i sindacati dopo le notizie della diffusione del contagio nella struttura vicentina, che ha interessato ormai una dozzina di degenti, chiedono agli enti pubblici maggior coordinamento per contrastare la pandemia nelle case di riposo

Dopo la scoperta di una dozzina di casi coronavirus alla casa di riposo Ipab-Trento di Vicenza e dopo la preoccupazione del sindaco Francesco Rucco, è la volta della Cgil, della Cisl e della Uil. Oggi 31 marzo infatti i vertici provinciali delle tre sigle sono intervenuti sull'argomento con una lunga nota in cui chiedono che gli enti pubblici si attivino per dare vita ad un coordinamento utile evitare che il contagio si propaghi ancora. Tuttavia le ansie tra i dipendenti, gli ospiti e i familiari di questi ultimi rimangono soprattutto alla luce del fatto che anche una operatrice è stata trovata positiva al Covid-19.

IL MONITO DELLA TRIPLICE
«Nel corso di queste settimane Cgil, Cisl e Uil hanno rivolto numerosi appelli a alla Regione Veneto alle Ulss, ai direttori delle strutture residenziali per anziani, chiedendo di attivare tutte le precauzioni per far fronte all'emergenza Covid-19. Come purtroppo prevedevamo - si legge nella nota redatta dai tre segretari provinciali di Cgil Cisl e Uil rispettivamente Giampaolo Zanni, Raffaele Consiglio e Grazia Chisin - la vulnerabilità al virus in persone anziane e fragili sta drammaticamente ampliando la diffusione del Covid-19 tra ospiti e lavoratori delle case di riposo. Non si può più attendere... C'è l'urgenza e la necessità di mettere in chiaro le situazioni che investono in queste ore le RSA del nostro territorio, per affrontarle e provare a trovare soluzioni». Per questo motivo le tre sigle chiedono un tavolo comune fra tutti gli enti in modo da velocizzare il coordinamento operativo: il tutto con l'obiettivo di contenere la diffusione del virus nelle case di riposo che rischiano di diventare loro malgrado degli incubatori di infezione.

NUOVO CONTAGIATO
Frattanto fra gli ospiti, fra i familiari di questi ultimi e fra i dipendenti in queste ore ansie e preoccupazioni sono alle stelle. Soprattutto quando stamani in contrà San Pietro si è diffusa la notizia che anche una operatrice, una persona di una certa età per giunta, è stata trovata positiva al test tampone per il coronavirus. La donna è già stata posta in quarantena e tutti i protocolli di specie sarebbero immediatamente stati attivati su input dei medici dell'Ipab. Chi scrive ha anche chiesto al presidente di Ipab Ermanno Angonese un commento sul nuovo caso di contagio, ma al momento non è giunta alcuna risposta al riguardo.

«RABBIA E PAURA»
La novità però ha generato ulteriore ansia. Il familiare di un degente, che chiede l'anonimato, si dice «impaurito ed arrabbiato» per quello che sta succedendo. Poi aggiunge: «Mettetevi nei nostri panni. Da un paio di settimane le case di riposo sono state chiuse. Noi non possiamo incontrare i nostri cari. Non sappiamo che cosa succeda lì dentro mentre siamo costretti ad apprendere queste cose dai giornali. La condotta dei vertici dell'Ipab in questo senso è esecrabile. Non solo costoro sono dei pavidi visto che non hanno il minimo coraggio per dire come stanno le cose usando di fatto la giunta comunale di Vicenza come ambasciatore: ma anche sul piano della comunicazione sono maledettamente carenti. In una situazione del genere uno si aspetta che i vertici a partire dal presidente Ermanno Angonese prendano le redini della situazione. Aprano una sezione dedicata sul sito dell'Ipab e lì spieghino come stanno le cose attivandosi poi per contattare i familiari».

Poi un'altra considerazione: «Noi capiamo che il momento è difficile, ma capiamo allo stesso modo che parlare dei limiti della gestione della emergenza nelle case di riposo significa, indirettamente, parlare anche dei limiti del sistema sanitario nazionale e regionale. Uno dei motivi per cui si registrano molti colli di bottiglia per esempio sta nelle scelte effettuate negli ultimi vent'anni di esternalizzare la diagnostica. Primo è una cosa sbagliata in sei perché la sanità pubblica deve provvedere da sé. Secondo è folle che un certo tipo di analisi presso il servizio sanitario nazionale costino più e le si ottenga in tempi più lunghi rispetto a quello che fa il privato, segno che c'è una volontà politica di favorire il secondo».

«SISTEMA MALATO»
Il familiare poi fa un'ultima considerazione: «Soprattutto, e veniamo a bomba con quanto succede oggi, il privato che lavora in ambito sanitario, per ottimizzare i costi e spingere sui profitti riduce al minimo i dipendenti. Per cui se in situazioni di emergenza alcuni servizi sono affidati in esterna i privati non avranno mai personale sovrabbondante per affrontare imprevisti di varia natura. Ora tutto questo battage mediatico sulle mascherine diffuse dalla protezione civile, sui tamponi fatti anche ai gatti, sulle sperimentazioni di ogni tipo di farmaco, altro non è che una cortina fumogena: una cortina buona solo per nascondere un quarto di secolo di politiche sciagurate, alle volte alla insegna del codice penale, che nel Veneto e in Italia, con la complicità di tutte le forze politiche e di molti ambienti economici che contano, sono state propugnate in danno dei cittadini, colpevoli a loro volta peraltro, me per primo, di non essersi ribellati a questo andazzo, a questo sistema, il gioco di parole, malato».

INTERVIENE L'ULSS 8
Ad ogni buon conto in serata sono intervenuti i vertici dell'Ulss 8 che in una nota hanno fatto il punto della situazione rispetto a quanto accaduto all'Ipab Trento: «Sono stati effettuati tamponi di screening a tutti i pazienti dell'area specifica» si legge ed è stato iniziato lo screening tra gli operatori sanitari, come è stato effettuato nella giornata di oggi un sopralluogo condiviso per valutare la situazione organizzativa attuata e condividere le strategie di contenimento. «I tamponi effettuati hanno dato come esito tredici ospiti positivi, dieci negativi e uno in attesa di ripetizione tampone».

Sul piano organizzativo, spiega l'Ulss, è stata individuata all'interno dell'ala interessata un'area area dedicata ai positivi, separata dagli altri. Gli ospiti risultati negativi sono stati comunque isolati in un’altra area, in quarantena preventiva. Due pazienti positivi sintomatici sono attualmente ricoverati presso l'ospedale San Bortolo. Nessuno degli altri ospiti positivi presenta una sintomatologia tale da richiedere il ricovero in ospedale, ma sarà effettuato un costante monitoraggio delle loro condizioni, anche con la consulenza degli specialisti del reparto di malattie infettive.

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