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Operati al ginocchio, in piedi dopo poche ore»

Un chirurgo vicentino che opera in una struttura del Veneziano ha messo a punto una metodica di lavoro che potrebbe far risparmiare tempo e denaro alla sanità veneta e che in tempo di coronavirus «garantisce l'aumento degli interventi non Covid»: l'invito al governatore a Zaia a constatare di persona affinché queste conoscenze possano diventare «patrimonio anche della sanità pubblica»

Sulla sanità veneta, privata o pubblica che fosse, uno dei timori che si è materializzato più spesso durante l'acutizzarsi dell'emergenza Covid-19 ha riguardato gli interventi programmati. Le cronache di questi giorni hanno ricominciato a raccontarci un problema che l'estate sembrava aver messo da parte. La pandemia, con effetti avversi ancora da calcolare, ha obbligato migliaia di persone nel Nordest a ritardare operazioni già in calendario. È uno dei tanti drammi collaterali che si è abbattuto sui cittadini, quelli più esposti perché bisognosi di cure ospedaliere.

LA PROCEDURA ELABORATA ALLA RIZZOLA DI SAN DONÀ
Tuttavia nonostante le condizioni generali del Paese un medico vicentino specialista «nella sola chirurgia del ginocchio» ha messo a punto una metodica particolare chiamata «Advanced recovery surgery». Grazie a questa procedura alla clinica Rizzola di San Donà Di Piave «è stato possibile garantire, anche in piena emergenza coronavirus, tutti gli interventi programmati». A spiegarlo è proprio il chirurgo Nicola Marzano il quale presso la casa di cura della cittadina dell'Est veneziano dirige una equipe complessa e «altamente specializzata che ha come primo scopo quello di mettere il paziente al centro dell'attenzione: dalla preparazione psicologica, alla interazione col personale sanitario, dall'ingresso in sala operatoria fino alla riabilitazione».

SERVONO «EFFICIENZA E SPECIALIZZAZIONE»
Metodica che dopo «anni di studio sul campo e di affinazione costante permette di rimettere in piedi il paziente operato di protesi di ginocchio dopo poche ore». La cosa, puntualizza il medico vicentino di natali baresi, è possibile «in ragione della tecnica chirurgica adoperata. L'intervento dura in media una quarantina di minuti. Un tempo «assai breve» che va ascritto «alla prassi adottata in materia di anestesia e dalle tecniche fisioterapiche adattate alla esigenza di mettere il paziente nelle condizioni di recuperare la mobilità dell'arto nel più breve tempo possibile». Il tutto poggia, rimarca il dottor Marzano, su basi tecnico-scientifiche solide. «Il lavoro costante di aggiornamento, ha portato il team di chirurghi, l'anestesista nonché i fisioterapisti ad un livello di massima efficienza e specializzazione».

QUATTRO OBIETTIVI
Per capire più nel dettaglio la metodica sviluppata negli anni il capo della equipe sottolinea come il metodo sia basato su quattro obiettivi precisi: «rimettere in piedi il paziente nel più breve tempo possibile, risolvere in maniera duratura le patologie che lo affliggono, ridurre a pochi giorni la degenza, permettere al paziente stesso di riprendere una vita pressoché identica o il più possibile simile a quella che conduceva prima che la patologia si manifestasse».

«NON È STATO FACILE»
Giungere ad un risultato di questo spessore «non è stato facile» confessa Marzano. Al di là «dello studio sui casi, della analisi costante dei diari medici puntigliosi e ben implementati a livello informatico», quello che il chirurgo vicentino descrive come architrave del suo metodo è il lavoro con la squadra: oltre al direttore dell'equipe, chirurghi, anestesisti, infermieri, psicologi «lavorano sempre insieme gomito gomito». Dopo il lavoro non mancano «i momenti conviviali tutti insieme» in cui in una atmosfera rilassata «si può parlare delle criticità e dei progressi compiuti, ognuno apporta il proprio contributo per migliorare il metodo». Si tratta di momenti preziosi in cui «esperienza e affiatamento» si sedimentano «in maniera virtuosa». Il gruppo diviene così una sorta di agguerrito e «coeso pacchetto di mischia» di cui il paziente è «parte integrante».

GLI INCONTRI COI PAZIENTI
Quest'ultimo infatti «viene preparato prima e dopo l'intervento, viene messo in contatto col medico assieme agli altri pazienti grazie ad una serie di incontri in cui viene spiegato per filo per segno che tipo di scelte saranno fatte e perché». Ma soprattutto, poco dopo l'intervento e durante la degenza breve Marzano ed il suo team dedicano molto tempo alla sorveglianza e alla interlocuzione col paziente stesso. Il meccanismo alla fine «è divenuto così oliato che in pieno periodo pandemico noi abbiamo aumentato gli interventi in piena sicurezza».

Così basta entrare alla clinica Rizzola nel tardo pomeriggio per vedere più da vicino come questo metodo nel concreto funzioni: i pazienti escono dalla sala operatoria con le proprie gambe accompagnati dal chirurgo e dai fisioterapisti, nei corridoi del reparto di ortopedia incontrano gli altri pazienti operati, armati di stampelle, camminano sotto lo sguardo del medico. «Lei deve andare più piano... lei deve darci un po' più dentro... lei continui così... lei deve poggiare il peso sulla gamba sana in modo diverso». Sono solo una parte dei consigli che il dottore Marzano, miscelando piglio deciso e ironia barese, dispensa ai suoi pazienti i quali percepiscono questo stato di cose come una novità.

Il chirurgo di solito «è una persona che si vede durante l'intervento e poi qualche volte dopo»: invece il medico vicentino supportato dalla sua squadra rimane come una sorta di guardiano discreto a vigilare sull'esito post operatorio. E c'è di più. «Un altro aspetto interessante della cosa è che con questo metodo, che prevede una degenza media di tre giorni si possono avere benefici anche sul piano della spesa sanitaria, nonché sul piano dell'abbattimento delle liste operatorie» che in periodo Covid hanno creato non pochi problemi. Liste d'attesa lunga, costi legati alla degenza, necessità di andare incontro alle necessità del paziente sono tra l'altro una delle sfide costanti che debbono affrontare non solo i manager della sanità privata ma anche di quella pubblica.

PORTE APERTE AL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE VENETA
Quello codificato a San Donà di Piave costituisce una approccio, rimarca lo specialista di origine pugliese, che tra le tante «ci ha permesso un di ridurre veramente ad una soglia molto vicina allo zero il numero degli eventi avversi che richiedono una nuova operazione». Ovviamente la cosa «non è sfuggita a chi da anni soffre di questo tipo di patologie» fanno sapere i collaboratori di Marzano. Tanto che il tam tam sui social e sulle chat è divenuto un flusso inarrestabile. Il che non è una «sorpresa» per il chirurgo. «A me sinceramente - spiega Marzano ai taccuini di Vicenzatoday.it - della pubblicità non interessa proprio niente. Abbiano gente che arriva da noi da mezz'Italia. Ciò che davvero mi sta a cuore è che il patrimonio di conoscenze che abbiamo accumulato possa essere condiviso con la sanità pubblica veneta. Saremmo lieti un giorno di vedere da noi l'assessore alla sanità Manuela Lanzarin, il governatore Luca Zaia accompagnati dai loro dirigenti. L'approccio da noi definito in tanti anni dovrebbe diventare patrimonio pubblico. Rimettere in piedi il paziente in poco tempo senza complicazioni e far risparmiare all'erario regionale milioni e milioni di euro grazie a passaggi post operatori ridotti che significano minor ricorso alla riabilitazione, sono diventati per noi un punto di forza. Il nostro metodo di lavoro - fa sapere Marzano - viene adottato solo in qualche clinica danese, siamo praticamente gli unici al mondo che riescono a garantire così tanti interventi e così tante guarigioni in così poco tempo. Se la Regione Veneto intende esplorare questo tipo di possibilità da noi troveranno sempre la porta aperta».

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