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Minacce a don Albino: «Comunità scossa»

C'è sgomento nel comprensorio bassanese, territorio da cui proviene il fondatore dei «Beati costruttori di pace», vittima di una trama estorsiva concepita tra Veneziano, Padovano e Vicentino

Lo sforzo operativo della Guardia di Finanza patavina nell'ambito della inchiesta «Ricatti e bugie», che vede come principale persona offesa il fondatore dei Beati costruttori di pace don Albino Bizzotto, si è conclusa poche ore fa. Quando ieri 18 maggio la notizia ha cominciato a circolare sui quotidiani, anche quelli nazionali, sui blog, sui social media, «lo sgomento nella nostra comunità di Cassola - cittadina del comprensorio Bassanese di cui Bizzotto è originario - ha colpito noi tutti» spiega il fratello Egidio dirigente scolastico molto noto per le sue battaglie ecologiste. Le quali in qualche modo lo accomunavano al primogenito Albino: quest'ultimo è un classe '39 ed ha compiuto a Padova il grosso del suo cursus ecclesiastico.

Ad ogni buon conto la gravità del quadro investigativo delineato dagli inquirenti coordinati dal pubblico ministero Giorgio Falcone trova riscontro nelle misure cautelari richieste dal pm e sottoscritte dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Padova ossia dalla dottoressa Domenica Gambardella. L'arresto cautelare in carcere è così scattato per quattro uomini ed una donna. Tre donne ed un uomo sono stati invece colpiti da un provvedimento di interdizione di dimora nel territorio della Regione Veneto. Mentre per una 33enne è scattata la interdizione a dimorare nel territorio della Regione Veneto. Le persone, tutte imparentate più o meno alla larga tra di loro, facevano parte di un sodalizio criminale «di etnia sinti» sottolineano gli investigatori in una nota diffusa ieri. I dieci dimoravano in quattro campi nomadi del Veneto: uno a Vigonza e uno a Cadoneghe nel Padovano, uno a Santa Maria di Sala nel Veneziano e uno a Montecchio Maggiore nel Vicentino.

Non è escluso che nel caso di questi ultimi gli inquirenti possano decidere «di vagliare eventuali liason dangereuse» con la malavita organizzata di origine calabrese che da decenni è presente in pianta stabile tra Vicentino e Veronese. Più in generale le fiamme gialle, anche a fronte delle numerose intercettazioni telefoniche effettuate dopo la denuncia del sacerdote, avrebbero potuto constatare come la vittima fosse finita al centro di una trama estorsiva fatta di minacce e vessazioni concepita tra Veneziano, Padovano e Vicentino.

Per di più non è la prima volta che don Albino, in circostanze diversissime peraltro, viene sottoposto ad attenzioni poco benevole. Alcuni anni fa infatti il prelato fu oggetto, seppur indirettamente, di pressioni su alcune alte sfere vaticane legate alla Basilica del Santo di Padova affinché queste ultime convincessero lo stesso Bizzotto ad attenuare sensibilmente il tenore della sue puntutissime critiche alla Spv, meglio nota come Superstrada pedemontana veneta: sia nell'ambito di numerose iniziative pubbliche come la Epifania della terra, sia nell'ambito dei numerosi approfondimenti giornalistici ospitati da Radio cooperativa, l'emittente patavina di cui don Albino da anni è motore instancabile.

L'opera, che una volta terminata dovrà connettere Montecchio Maggiore nel Vicentino a Spresiano nel Trevigiano, è molto caldeggiata, questi i rumors che circolano a ridosso delle mura leonine, in alcuni ambienti vaticani vicini all'Opus dei e alla Compagnia delle opere. In quella circostanza per vero le pressioni sulla delegazione pontificia «della Basilica del Santo di Padova» non ebbero alcun esito.

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