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Impianto Veritas: la replica del gruppo

In riferimento all'articolo di Marco Milioni del 31 ottobre scorso, arriva la nota della multiutility

"Vicenzatoday nei giorni scorsi si è occupato del progetto di Veritas, attualmente sottoposto a procedura regionale di Valutazione di impatto ambientale, di ricavare direttamente energia elettrica negli impianti già autorizzati e funzionanti, sostituendo la biomassa legnosa vergine attualmente utilizzata con Css, il Combustibile solido secondario prodotto negli impianti di Fusina dal trattamento del rifiuti secco. Il rifiuto secco, dopo essere stato privato di tutti i materiali che ancora possono essere riciclati, viene fatto sostare una settimana all’interno delle biocelle, dove viene stabilizzato perdendo umidità.

Attualmente il Css viene utilizzato insieme al carbone per produrre energia elettrica nella centrale termoelettrica dell’Enel Andrea Palladio, sempre a Fusina. Il progressivo abbandono del carbone nella produzione di energia elettrica - che nel 2023 porterà alla riconversione della centrale Palladio - sta facendo sì che la quantità di Css che Veritas conferisce ad Enel sia sempre minore: attualmente 20.000 tonn/anno su una produzione di Veritas di circa 60.000 tonn/anno, che corrispondono a circa 150.000 tonn di rifiuto secco che Veritas raccoglie nel territorio del bacino dove opera: i 44 Comuni della Città metropolitana di Venezia più Mogliano Veneto (Treviso). Anche nel 2018 (e per il secondo anno consecutivo) Ispra ha dichiarato Venezia prima Città metropolitana d’Italia per percentuale di raccolta differenziata (68,5%).

Attualmente, il Css che non viene consegnato ad Enel è inviato in impianti autorizzati all'estero, con conseguente aumento dei costi di smaltimento. A pieno regime, la centrale Palladio utilizzava oltre un milione di tonnellate di carbone all'anno e 60.000 tonnellate di Css. La sua riconversione non potrà che avere un benefico effetto sulle emissioni e sull'ambiente, perché togliendo il milione di tonnellate di carbone rimarrebbero solo 60.000 tonnellate di Css, che comunque sarebbero state utilizzate nella centrale Palladio a pieno regime.

Alternative allo smaltimento all'estero del Css eccedente al momento non esistono, per questo motivo Veritas ha chiesto alla Regione di poterlo sostituire alla biomassa legnosa nell'impianto già funzionante. In realtà, l'unica alternativa all'utilizzo diretto è continuare a inviarlo all'estero, con un sicuro aumento della tariffa di smaltimento, quindi dei costi del servizio e della bolletta che pagano i cittadini. Viceversa, il progetto presentato consentirebbe di contenere e addirittura ridurre i costi di smaltimento perché si basa sull'autoproduzione elettrica e sull'estrazione di materiali da riciclare.

Qualcuno degli intervistati ha dichiarato che in questo modo Veritas vuole costruire il più grande inceneritore del Veneto. Non è così: il termovalorizzatore di Padova, ad esempio. è autorizzato per una capacità termica complessiva di 79,8 MWt, circa il doppio dell’impianto di Veritas già autorizzato e per il quale non è stato chiesto alcun aumento di potenza.

Veritas, infatti, già dispone di due linee per l'autoproduzione di energia elettrica, entrambe autorizzate dalla Regione nel 2017. La capacità degli impianti si misura in MWt (megawatt termici) e quella autorizzata è di 20 MWt per la prima linea e 27,9 MWt per la seconda (non ancora in funzione). Veritas ha chiesto di poter realizzare una terza linea, con potenza nominale di 20 MWt, che servirà esclusivamente per essiccare i fanghi da depurazione civile e che non entrerà mai in funzione contemporaneamente alle altre due, mantenendo inalterate le emissioni e le produzioni energetiche. La potenza massima su cui potrà contare Veritas sarà dunque sempre la stessa autorizzata di 47,9 MWt, ma avrà più flessibilità di utilizzo degli impianti e più sicurezza, dato che per circa un mese all'anno gli impianti di questo tipo devono essere fermati per le manutenzioni.

Una volta ottenuta l’autorizzazione dalla Regione, per produrre energia Veritas potrà quindi utilizzare solo Css, oppure integrare con fanghi da depurazione e biomassa legnosa vergine, fino ad arrivare alla capacità termica autorizzata.

Per quanto riguarda i fanghi, è ormai assodato che quelli prodotti nel processo di depurazione delle acque reflue raccolgono la maggioranza di prodotti chimici, agenti biologici e farmaci a cui siamo esposti e che usiamo e che poi sono convogliati nei sistemi fognari.

La depurazione, con processi biologici e chimici, separa o metabolizza gli inquinanti e li concentra nei fanghi. Questo perché un impianto di depurazione funzionante ed efficiente restituisce all’ambiente acqua depurata e concentra gli inquinanti nei fanghi, che quindi devono essere efficacemente e responsabilmente trattati.

Studi recenti del Politecnico di Milano - ripresi da Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) - hanno analizzato lo stato di fatto e le tendenze dello smaltimento dei fanghi. La sempre maggiore e approfondita conoscenza del contenuto di inquinanti, farmaci, microplastiche e agenti biologici resistenti ai trattamenti tradizionali inducono i gestori a estrema prudenza nelle operazione di smaltimento di questi fanghi, individuando la produzione di energia come soluzione migliore e predominante per il futuro.

Per il 2020, infatti, Irsa Cnr prevede questa destinazione per il 100% dei fanghi prodotti in Olanda e per oltre l’80% di quelli di Austria e Belgio. Il ritorno in ambiente - ad esempio l’utilizzo in agricoltura - è imprudente, dal momento che gli inquinanti devono essere distrutti e rimossi dai cicli biologici, con adeguati investimenti tecnologici e con la massima sicurezza per ambiente e salute.

Né sembra percorribile per lungo tempo la strada del conferimento in discarica di questi fanghi. Si tratta, infatti, di una soluzione certamente poco sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, oltre che senza prospettive, dal momento che non è lontano il giorno in cui questo conferimento non sarà più possibile.

Del resto, uno dei principi cardine della Direttiva rifiuti (WFD 2008/98/CE) è la minimizzazione degli impatti dei rifiuti su ambiente e salute, prediligendone il recupero, che nel caso dei fanghi da depurazione è energetico.

Dunque, la soluzione anche al problema Pfas nei fanghi da depurazione rimane il recupero energetico, ovviamente con le massime garanzie di controllo ambientale sui sistemi adottati e utilizzati.

Deve anche essere considerato che, rispetto alle emissioni di fanghi da depurazione civile, valgono i principi adottati a livello internazionale che consentono una valutazione oggettiva dei carichi inquinanti, e che si basano sugli inventari delle emissioni, una pratica che può portare a notevoli scoperte. Secondo uno studio di Arpa Lombardia, infatti, il contributo di diossine dovuto alla combustione domestica di legno e delle pizzerie dotate di forno a legna supera quello causato dall’incenerimento di rifiuti urbani e rifiuti pericolosi.

Sempre per restare in quel territorio, Inemar (l’inventario delle emissioni in aria della Regione Lombardia) spiega che “Il fattore di emissione rappresenta l'emissione riferita all'unità di attività della sorgente, espressa ad esempio come quantità di inquinante emesso per unità di prodotto processato, o come quantità di inquinante emesso per unità di combustibile consumato. La scelta dei fattori di emissione costituisce un aspetto particolarmente critico e presenta non pochi problemi di affidabilità. I fattori di emissione devono essere scelti in base alle caratteristiche dell'impianto, ricavando i dati dalla letteratura tecnico - scientifica del settore, e adattando i dati bibliografici alla particolare situazione applicativa.

Quindi, la valutazione della bontà, pericolosità o vantaggio ambientale di una scelta deve essere fatta esclusivamente sulla base di dati oggettivi".

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