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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Il Veneto e il fronte caldo della giustizia

Dall'affaire Rigoli-Simionato al caso della Fen impianti per passare agli ecoreati, la magistratura del Nordest è impegnata su alcuni dossier bollenti che fanno breccia presso l'opinione pubblica

Ci sono alcune novità di non poco conto che riguardano il mondo della giustizia veneta rispetto alle quali il Vicentino rimane un crocevia di tutto rilievo. Da una parte la magistratura e le forze dell'ordine sono impegnate sul fronte degli ecoreati, definiti ieri 10 febbraio durante un convegno organizzato al teatro San Marco di Vicenza dall'eurodeputato Sabrina Pignedoli «del gruppo dei non iscritti» un vero e proprio «nemico invisibile». Dall'altra ci sono alcuni casi giudiziari che stanno facendo discutere non poco l'opinione pubblica.

IL GIP DELLA CITTÀ DEL SANTO
Come riferito in due lunghi approfondimenti pubblicati su Padovaoggi.it (il primo porta la data di ieri 10 febbraio, il secondo invece è di oggi) il giudice per le indagini preliminari della città del Santo Maria Luisa Materia ha stabilito che nell'ambito della maxi inchiesta sulle forniture alla Regione Veneto dei tamponi rapidi per la ricerca del Covid-19 i due principali indagati dovranno affrontare il processo. Gli indagati, ora divenuti imputati, per «falso ideologico» e «turbata libertà di scelta del contraente» sono il trevigiano Roberto Rigoli e la vicentina Patrizia Simionato. Il primo è il coordinatore dei centri di microbiologia del Veneto. La seconda, all'epoca dei fatti, era la direttrice generale di Azienda zero, ossia la centrale unificata che coordina le forniture di tutte le Ulss venete.

MORTE A TEZZE SUL BRENTA
Tuttavia c'è un altro fronte giudiziario che in queste ore si è riaperto. E riguarda l'infortunio mortale che il 5 gennaio 2022 spezzò la vita ad un operaio di Vedelago nel Trevigiano all'epoca 25enne: Andrea Soligo è il suo nome. L'episodio si verificò in una ditta di Tezze sul Brenta nel Vicentino vale a dire la Fen impianti. La famiglia ora punta l'indice contro la richiesta di archiviazione proposta e ottenuta dal pubblico ministero berico Paolo Fietta. Tanto che gli stessi familiari, supportati dagli avvocati della Marca Fabio Capraro e Marco Bonazza adesso chiedono a gran voce la riapertura del caso. I dettagli della svolta, clamorosa, in una vicenda che sembrava sparita dai radar dell'informazione, li racconta Trevisotoday.it che in un articolato approfondimento di Denis Barea, dà conto anche di una lettera scritta di pugno da Giorgia Gatto (moglie del giovane Soligo) ed indirizzata in forma di doglianza al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Per vero la donna rimasta vedova a venticinque anni con due figli di tre e cinque anni da crescere (in una con Gianni Paola e Alessandro Soligo: rispettivamente padre, madre e fratello della vittima), aveva dato mandato agli avvocati di opporsi. Tuttavia l'udienza davanti al giudice per le indagini preliminari di Vicenza «non aveva sortito gli effetti sperati». Di qui, scrive ancora Trevistotoday.it, è stata presentata una istanza per la riapertura del caso, «basata sul fatto che, nel corso delle indagini, non sarebbe stato prodotto il piano sicurezza, oltre al fatto che la scala utilizzata non sarebbe stata a norma e che il datore di lavoro si era poi avvalso della facoltà di non rispondere». Ad ogni modo che la questione rivesta un peso specifico rilevante è nella natura delle cose.

LA MISSIVA, MATTARELLA E IL CSM
La lettera della vedova infatti è indirizzata al Capo dello Stato. Quest'ultimo non è solo il presidente della Repubblica ma è anche il presidente del Consiglio superiore della magistratura, ossia l'organo di autogoverno dei magistrati, meglio noto come Csm. Di conseguenza il Quirinale, per legge, è tenuto ad inoltrare la doglianza della signora Gatto proprio al Csm il quale, sempre per legge, è tenuto a prendere in esame quella missiva e a valutare se vi siano elementi per aprire eventuali procedimenti disciplinari nei confronti di qualche magistrato.

ILLECITI AMBIENTALI
Ad ogni buon conto se l'affaire Rigoli-Simionato e l'affaire Fen impianti sono due casi specifici diverso è il tema degli ecoreati, una piaga nel Veneto come nel resto del Paese, «per non parlare del mondo intero». La questione infatti ieri al teatro San Marco di Vicenza è stata affrontata sotto vari aspetti. L'onorevole Pignedoli ha spiegato come le istituzioni europee stiano spingendo perché gli illeciti nei confronti degli ecosistemi siano considerati come violazione della legge penale in tutta Europa. Questo infatti «è l'approccio» scelto da anni in Italia, l'auspicio, secondo la deputata eletta nelle fila del M5S, dovrebbe essere fatto proprio anche in altri paesi: aumentando così l'armamentario a disposizione dei soggetti che si occupano «dell'aspetto repressivo del problema».

LO SCENARIO
In scia è giunto anche il commento del procuratore capo di Vicenza. Il dottor Bruno dal canto suo ha sottolineato come l'aspetto «della repressione» sia sì importante, ma come sia necessario anche un maggiore impegno da parte degli organi amministrativi (comuni, province, regioni nonché gli organi dipendenti da queste ultime). «I controlli» da parte di questi soggetti nei confronti delle imprese e nei confronti delle procedure autorizzative, spiega il procuratore Bruno, debbono essere costanti puntuali e precisi, «prima, durante e dopo» la conclusione delle procedure stesse. Sempre durante lo stesso incontro è intervenuto anche Pasquale Fimiani.

Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione nel settore penale, Fimiani è uno dei magistrati più conosciuti nel Paese nell'ambito del diritto ambientale, anche sulla scorta delle numerose pubblicazioni che portano la sua firma. Il magistrato, che ieri è intervenuto in teleconferenza, tra le altre, ha dato conto dei numerosi strumenti che già oggi le leggi italiane mettono a disposizione di chi è incaricato di far rispettare le leggi in materia di ecologia. Ieri al San Marco hanno preso la parola pure il giornalista investigativo Andrea Palladino e il tenente colonnello Massimo Corsano (responsabile per il Nordest dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico, il Noe). I due, pur con approcci diversi, si sono soffermati a lungo sulla pervasività delle organizzazioni criminali che in tema di reati ambientali (nel Vicentino e nel Veneto sta tenendo banco il caso Pfas) e di ecomafie agiscono di concerto con una platea di operatori economici che anteponendo «il profitto» al rispetto dell'etica e della legge si macchiano spesso e volentieri di vere e proprie «stragi» ambientali: in Italia come all'estero. Più in generale sia in materia di ecoreati, sia per il caso Soligo sia per quello dei tamponi rapidi i media regionali stanno dedicando molto spazio. L'affaire Rigoli Simionato peraltro è finito pure su alcune testate nazionali a partire da Il Fatto. Anche sui social network i tre dossier hanno fatto breccia presso il pubblico.

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