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Giovedì, 25 Aprile 2024
Attualità Trissino

Pfas, ancora divergenze nella rete ambientalista

Nella galassia ecologista veneta prosegue il confronto a distanza sulla reale efficacia del provvedimento con cui palazzo Balbi ha concesso alcune analisi del sangue, prima non previste, nei territori «mediamente» contaminati dai «temutissimi derivati del fluoro»

In seno alla galassia ambientalista veneta prosegue l'acceso confronto sul piano di sorveglianza sanitaria che palazzo Balbi ha messo in campo per estendere il raggio della ricerca «dei pericolosi e temutissimi derivati del fluoro», i Pfas, nel sangue delle persone che vivono nei territori interessati dalla maxi contaminazione da queste sostanze addebitata alla trissinese Miteni. Dopo un primo, seppur pieni di distinguo, placet delle Mamme no Pfas ieri 17 gennaio queste ultime hanno precisato il loro punto di vista rivedendo, almeno in parte, la loro apertura di credito nei confronti della amministrazione regionale veneta, in passato aspramente criticata. Questo aggiustamento però non ha convinto l'associazione ambientalista arzignanese Cillsa. La quale è intervenuta in una lettera aperta inviata all'attivista vicentina Elisabetta Donadello: nota peraltro per aver protestato contro la mancanza di uno screening regionale davanti al tribunale di Vicenza, proprio dove è in corso il processo Miteni. La querelle per l'appunto ruota attorno alla possibilità per i residenti nelle cosiddette zone arancione «mediamente contaminate» di effettuare alcuni campionamenti ematici.

IL DISPACCIO
«Pur nella soddisfazione di assistere a questa apertura istituzionale, ci aspettiamo che a breve la Regione Veneto apporti le opportune modifiche rispetto a quanto espresso nella succitata delibera e la adegui a una democratica modalità di effettuazione delle analisi e di esercizio di un diritto di tutta la cittadinanza del Veneto». È questo uno dei passaggi chiave in cui le Mamme No Pfas valutano la proposta dell'amministrazione regionale. Che poi è quella di proporre un forfait di 90 euro a quei cittadini che vivono nelle aree a contaminazione intermedia, la cosiddetta zona arancione e che intendono recarsi nei laboratori dell'Ulss per poter effettuare le analisi del sangue. La proposta della Regione peraltro prevederebbe una finestra di soli tre mesi: terminato quel periodo la possibilità di procedere con ogni tipo di analisi, anche se pagando di tasca propria, viene meno. Questa almeno è la critica che giunge dalla parte più inflessibile della rete ecologista veneta. In questo caso il condizionale è d'obbligo perché nella nota diramta dalle Mamme No Pfas, alla Regione si chiede di spiegare bene il contenuto della delibera che dà attuazione alla campagna di monitoraggio. Più nel dettaglio si chiede se effettivamente «90 giorni» sia il termine entro il quale chi vuole può effettuare le analisi o se «90 giorni» sia il tempo necessario alle strutture regionali per attrezzarsi per poi dare il via ad una campagna che non avrà limiti temporali ancorché su base volontaria. Secondo il coordinamento il testo (pubblicato sul bollettino regionale del 13 gennaio di cui Vicenzatoday.it rende pubblico un estratto) al punto 2 di pagina 190 non è chiarissimo: e va ben illustrato dai vertici della Sanità regionale.

Ad ogni buon conto il dispaccio di ieri è firmato non solo dalle Mamme No Pfas, ma pure, tra le sigle più rilevanti da Isde - Medici per l'ambiente e da Greenpeace. In quel documento però mancano le firme di altre associazioni e di altri i coordinamenti molto attivi in tal senso. Basti pensare a Legambiente, Medicina democratica, Pfas.Land e Cillsa. Ed è proprio quest'ultima che oggi ha fatto sentire la sua voce con una nota firmata da due volti storici del gruppo ossia Donata Albiero e il medico arzignanese Giovanni Fazio.

LA BACCHETTATA
La critica dei due si muove su tre piani strettamente interconnessi. Uno, il cosiddetto piano di sorveglianza annunciato dalla Regione, oltre che essere un controsenso e non avere una base scientifica, è tutto fuori che un piano di sorveglianza sanitaria perché in realtà non si tratta che di un contributo per quanto riguarda i costi di alcune analisi del sangue che avvengono solo su base volontaria e durante una ristrettissima finestra temporale. Ergo, le fondamenta sul piano medico-statistico sono evanescenti. Due, ciò che serve davvero ai veneti che temono per la loro salute è quello di accedere ad uno screening complesso ogni volta che il medico di base o un altro specialista rileva delle criticità sul piano della salute che in qualche modo possono richiamare ad una serie di problemi ascrivibili alla presenza dei Pfas nel sangue: che sono tossici, altamente persistenti e che generano nel corpo una miriade di complicanze che gli scienziati stanno ancora studiando. Tre, Palazzo Balbi sbaglia di grosso se crede con questa iniziativa di coprirsi le spalle rispetto alla violazione patita dai veneti ad essere informarti sul proprio stato di salute in merito a alla presenza dei Pfas nell'ecosistema così come è stato sancito dall'Alto commissariato delle nazioni unite in materia di diritti della persona e dell'ambiente.

«DIRITTO UNIVERSALE»
Un piano di sorveglianza «non prevede una adesione volontaria», semmai prevede una chiamata spiegano i due firmatari. «I monitoraggi - scrivono ancora i due - sono una cosa seria e si fanno per fasce di popolazione secondo criteri medico-scientifici ben precisi. La nostra richiesta, da sempre, non è quella di includere altre zone, arbitrariamente definite dalla Regione, bensì quella di fare rispettare il diritto-dovere dei medici di potere far eseguire, ai pazienti a rischio, tutti gli esami necessari per conoscere la eventuale contaminazione da Pfas e la concentrazione dei perfluorati nel sangue. Si tratta pertanto non di inserirsi in un progetto bensì di affermare un diritto universale alla salute che è ben altra cosa. È questo infatti il senso del recente intervento dell'alto commissario Onu-Ohchr per i diritti umani in materia ambientale Marcos Orellana». Che per inciso è un luminare a livello internazionale di diritto ambientale. Ai taccuini di Vicenzastoday.it Fazio spiega che i cittadini «non possono e non devono accontentarsi di una gentile concessione della Regione giunta per di più sulla base di criteri che di scientifico hanno assai poco».

L'INTERVENTO DI FOGAGNOLI
Ad ogni modo sul tema dell'accesso alle analisi del sangue per rilevare i livelli di derivati del fluoro nell'organismo è intervenuto anche lo scledense Roberto Fogagnoli nella sua doppia veste di segretario provinciale berico di Rifondazione comunista nonché di portavoce del raggruppamento politico Unione popolare. «Diciamo ai nostri politici vergognatevi di avere pensato e messo per iscritto una così grave discriminazione. Non ci sono cittadini di serie A e di serie B; non ci sono - scrive il segretario Fogagnoli in una nota diramata oggi - persone rosse, arancioni o verdi, suddivise a vostro piacimento. Ci sono persone che hanno subìto danni alla loro salute, che vivono in una condizione di perenne insicurezza;  cittadini di uno Stato che ancora permette la presenza di 390 nanogrammi su litro di sostanze Pfas nell'acqua, quando in Europa, in Danimarca ad esempio, si ammettono solo 2 nanogrammi su litro stati degli Usa la battaglia civile ha visto soddisfatta la richiesta di zero Pfas nelle acque potabili». Peraltro la contamianzione da Pfas attribuita dalle autorità alla trissinese Miteni, dall'Ovest Vicentino ha colpito anche Veronese e Padovano in buona parte del Veneto centrale.

QUESTIONE DELICATA
Ed è proprio sul versante della disciplina statale in materia di presenza di derivati del fluoro nell'ambiente che si sta giocando una partita delicata. Da anni i cittadini chiedono alle Camere di adottare una norma molto più restrittiva. Il governo, che sulle prerogative parlamentari avrebbe poco da dire, da anni spinge affinché alcune linee guida siano messe nero su bianco con atti amministrativi proprio da parte dell'esecutivo. In primis perché questa strada è più semplice. In secundis perché da sempre le lobby dell'industria chiedono una legislazione non troppo restrittiva perché questa limiterebbe la sfera di azione delle imprese chimiche: che sono alla base di un numero elevatissimo di filiere. Di contro però le reti ambientaliste sostengono invece che la deregulation cara agli imprenditori altro non sia un escamotage che permette di tenere privati i profitti ed accollare agli enti pubblici le spese dei risanamenti ambientali e delle cure: quando questi avvengono peraltro.

L'AVVOCATO VICENTINO AUDITO A MONTECITORIO: IL CASO ISOMERI
Proprio ieri la commissione affari sociali della Camera dei deputati presieduta dall'onorevole Ugo Cappellacci di Fi «ha audito» l'avvocato vicentino Edoardo Bortolotto. Quest'ultimo non solo è il legale di parte civile di Medicina democratica nell'ambito del processo Miteni, ma in qualità di esperto di diritto ambientale è anche uno dei tanti giuristi che hanno contribuito a riformare il diritto penale dell'ambiente alcuni anni fa. In sede di commissione Bortolotto ha spiegato che non solo è auspicabile una riforma della norma ambientale in materia di Pfas. Ma soprattutto è auspicabile che si inseriscano i Pfas tra le sostanze proibite nell'ambiente oltre una certa soglia. Inoltre, non solo è auspicabile che i limiti siano oltremodo stringenti: ma soprattutto è auspicabile che quando si proibisce una certa sostanza, il divieto vada allargato anche a quelle affini, ossia «gli isomeri».

Altrimenti, questo è il timore della rete ambinetalista, si crea quella contraddizione, nella quale chi inquina spesso sguazza, che si dismette una sostanza altamente tossica e vietata per poi inserirne nei cicli produttivi una pressoché identica ma non vietata: con tutto ciò che ne consegue in materia di tutela dell'ambiente e di salute pubblica. In metafora è come se il codice penale condannasse l'omicidio commesso con una pistola, ma non lo condannasse se commesso a fucilate. Il tema è spinosissimo: perché da tempo l'industria spinge il legislatore ad essere prudente sui divieti nei confronti degli isomeri (il che non vale solo per i Pfas per vero) scatenando giustappunto le ire della galassia ecologista.

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