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Donazzan su tutte le furie per il post cancellato da Facebook: «Vado in procura»

Il popolare social network ha oscurato l'assessore perché aveva postato una foto e un commento sulla sua presenza a un convegno di Casapound: «Trovo tutto questo assurdo»

«Il tuo post viola i nostri standard della Community in materia di persone e organizzazioni pericolose».

È la spiegazione di Facebook sulla rimozione di un post dal profilo di Elena Donazzan relativo alla sua partecipazione a un convegno di Casapound. Algoritmo "tarato" anche sul movimento politico di estrema destra, i cui profili, assieme a quelli di Forza Nuova, sono scomparsi ieri dai social profili CasaPound e Forza Nuova proprio durante il dibattito sulla fiducia al governo Conte? 

La vicenda non è andata per niente giù all'assessore Regionale del Veneto e Responsabile Nazionale del Dipartimento Lavoro e Crisi Aziendali di Fratelli d’Italia, la censura da parte del social network, che si dice pronta a segnalare il fatto in procura.

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«Ieri Facebook mi ha comunicato di aver rimosso un mio post, perché ‘colpevole’ di violare gli standard previsti in materia di violenza e sua prevenzione. Ero convinta che il post in questione fosse legato alla svastica insanguinata che il Coordinamento Studenti Medi di Padova aveva diffuso nei social: invece no, era un semplicissimo commento sulla mia partecipazione al convegno organizzato da Casapound a Roncà (VR) lo scorso sabato 7 settembre, a cui avevo aggiunto alcune foto scattate in loco», spiega Donazzan, aggiungendo:

«Come può Facebook decidere autonomamente che Casapound sia un’organizzazione pericolosa? Lo fa partendo da sentenze? Da decisioni di un tribunale? Oppure Facebook ha una linea politica sconosciuta da far rispettare limitando la libertà di opinione, guarda caso all’indomani dell’insediamento di un governo che si preannuncia tra i più a sinistra degli ultimi anni?», si chiede Donazzan, che conclude «spero Facebook decida quanto prima di ripristinare il post in questione: se ciò non avverrà, presenterò un esposto alla Procura della Repubblica per chiedere una verifica sull’operato del social network»

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