Elena, morta in Svizzera: «Avrei preferito finire la vita con la mia famiglia, non è stato possibile»
L'assessore Lanzarin: «Le aziende sanitarie possono attivare le procedure di suicidio assistito». Ma nel caso della 69enne veneta non è così. Diego Silvestri di ALC Vicenza: «La legge discrimina i malati oncologici»
«Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola».
Sono le ultime parole di Elena, la 69enne veneta malata terminale che oggi, martedì 2 agosto, è morta in Svizzera tramite il suicidio assistito. Elena aveva ricevuto la diagnosi di microcitoma polmonare a inizio luglio 2021. Da subito i medici le avevano detto che avrebbe avuto poche possibilità di uscirne, dopo tentativi di cure, le è stato detto che c’erano pochi mesi ancora di sopravvivenza, con una situazione che, via via, sarebbe diventata sempre più pesante. In Italia, per Elena, non c’era la possibilità di ricorrere al suicidio assistito. La donna si è quindi rivolta a Marco Cappato e all'Associazione Luca Coscioni, che si sono messi a disposizione, sfidando la legge, per accompagnarla fino in Svizzera. Ma a seguito agli ultimi sviluppi giudiziari, dei quali avevamo già parlato, non erano cambiate le cose?
Interpellata da VicenzaToday, l’assessore regionale alla sanità ha spiegato la situazione veneta. «Non conosco questo specifico caso – le parole di Manuela Lanzarin -, che non mi era stato presentato nonostante abbia provato a informarmi per capirne qualcosa in più. Io so che in alcune aziende sanitarie esistono delle richieste in tal senso, che possono essere attuate secondo la normativa attualmente vigente. So che le aziende stanno predisponendo, attraverso la creazione dei i comitati bioetici, tutti i passaggi necessari. Qualcosa in più non posso dirlo, non conoscendo direttamente il caso».
Il caso di Elena, però, non è tra quelli garantiti dalla legge. Dal momento che la persona accompagnata non è "tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale", non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242\2019 della Corte costituzionale per l’accesso alla tecnica in Italia. In Italia, il suicidio assistito è possibile e legale in determinate condizioni della persona malata che ne fa richiesta, ovvero che sia affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Domani mattina alle 11 Marco Cappato andrà ad autodenunciarsi domani presso la stazione dei Carabinieri in via Fosse Ardeatine 4 a Milano.
«Cappato ha voluto scegliere l’ennesima azione di disobbedienza – commenta Diego Silvestri, presidente della cellula Vicenza Padova dell’Associazione Luca Coscioni -, ed è solo grazie a queste azioni che in Italia qualcosa si è mosso dal punto di vista del fine vita. Questa vicenda testimonia che storie come quella di Elena, malata oncologica, sarebbero state discriminate dalla legge che avrebbe dovuto essere discussa in senato. Non sarebbe stata una buona legge. Noi esorteremo ancora affinché il parlamento legiferi in una maniera che tenga conto della volontà delle persone, in determinate situazioni di sofferenza. I dettagli devono essere sorvolati, anche per salvaguardare i medici che compiono l'atto. Attualmente siamo in una situazione di non tranquillità da parte dei pazienti. La medicina palliativa, per esempio, non è diffusa in tutta Italia».
Secondo Silvestri, la situazione si sta comunque muovendo in positivo. «La sensibilità delle persone in materia è molto cambiata - prosegue -. Vicenza, per fare un esempio, ha subito una trasformazione negli ultimi anni su questo tema. Il consiglio comunale del capoluogo berico ha votato una mozione di appello al parlamento per una buona legge sul fine vita. Anche lo stesso sindaco mi ha confidato di avere cambiato idea sull’argomento. La raccolta firme sul referendum per l’eutanasia è servito anche questo, a smuovere un dibattito».