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Il lungo fiume di veleno: Spacciamorte non parla italiano

Capi che parlano lingue diverse che siglano accordi con altri capi per poter far vendere, speculare sulla pelle di generazioni. Questo è lo spaccio a Vicenza

La “mafia” albanese, da anni, ha un controllo pressoché esclusivo per quanto riguarda cocaina ed eroina, tanto da riuscire ad organizzare anche delle “raffinerie” per il trattamento della droga. Strutture che ricordano la Sicilia dei primi anni ’80 quando c’erano dei veri e propri laboratori nelle masserie intorno a Palermo. Non molto tempo fa ne fu scoperto uno nella zona di Camisano, trenta chili di eroina la droga che dovevano trattare.

Gli albanesi occupano non solo ruoli di vendita al dettaglio, ma anche di trasporto dalla loro madre patria, una delle tratte più calde e meno controllate. Divisi in clan hanno una forza intimidatoria notevole e operano quasi esclusivamente nel nord-Italia. Da Roma in poi lavorano conto terzi per le mafie con ruoli che arrivano al killeraggio su commissione.

Non vendono mai “a cielo aperto” ma ben mimetizzati nei locali, anche del centro città. Vicenza e il vicentino è un mercato estremamente importante e di “qualità” sia per la clientela che per lo stupefacente che circola negli ambienti più “alla moda”.

Il fumo del Maghreb

Quando agli inizi degli anni ’90 la forza della Mala del Brenta iniziò a venire meno per la repressione poliziesca e per uno sfaldamento dell’organizzazione, il mercato della droga passò nelle mani di gruppi più o meno organizzati provenienti di nordafricani. Tunisia, Marocco e Algeria i paesi di provenienza di molti ex galeotti che trovarono subito una buona “sponda” nel traffico e nella vendita di droga, soprattutto marijuana e hashish. Prodotti che arrivavano direttamente dai loro paesi d’origine e dalla Spagna.

Non erano certo dei “broker”, capaci di spostare centinaia di chili da una parte all’altra dei continenti, ma avevano una rete di vendita al dettaglio di prima categoria. Rete, che con il tempo però, si è ridotta per l’avanzare delle nuove schiere di disperati che sono arrivati negli ultimi anni con gli odierni flussi migratori.

Da sottolineare che le organizzazioni criminali nordafricane furono le prime ad allargare i propri interessi nel traffico di migranti dei loro paesi, proprio con i proventi dello spaccio. Documenti falsi e corruzioni a vario livello furono un nuovo volano per l’economia criminale. E Vicenza una delle centrali più qualificate insieme a Padova.

L’ascia nera

Si scrive Black Axe e si legge mafia nigeriana, anche se il termine mafia è più giornalistico che effettivo. Una forma tra le più violente e spietate, soprattutto tra di loro. È nuova “carne da cannone” nel mondo dello spaccio, uomini omertosi e spendibili per finire in galera senza batter ciglio, con costi in termini di perdita della droga molto bassa. Cosa che assicura una scarcerazione rapida.

Hanno una struttura gerarchica rigida e legano religione e superstizione per arruolare i profughi di odierna generazione tra le loro schiere, profughi che molte volte sono gli uomini di Black Axe a guidare fino alle coste italiane. Dietro allo spaccio a “cielo aperto” di Campo Marzio, o della zona di Viale Milano, c’è più di qualche indizio che lascia pensare agli investigatori che sia esattamente quella la piazza di spaccio che hanno scelto per la città del Palladio.

Un market dove si possono trovare quasi tutte le tipologie di droga a prezzo ridotto per una qualità bassissima, un discount di morte. È un fiume di droga quella che attraversa Vicenza, arriva dentro ai tir, nei container che sbarcano a Venezia o che passano le frontiere friulane o trentine. Una o due volte la settimana, con la precisione di chi ha molto da giocarsi e non può scherzare con venditori e acquirenti.

È un viaggio che non si ferma nei parcheggi dove i tir sono la normalità, dove si mischiano agli autisti che macinano chilometri con merci di ogni tipo. E' un viaggio che finisce nel vuoto degli sguardi di chi incrocia i loro carichi di finte illusioni e vere tragedie.

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