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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Il lungo fiume di veleno: Spacciamorte non parla italiano

Capi che parlano lingue diverse che siglano accordi con altri capi per poter far vendere, speculare sulla pelle di generazioni. Questo è lo spaccio a Vicenza

Per ogni siringa che viene gettata a terra, per ogni pezzo di “fumo” che viene scaldato, per ogni riga che viene ben divisa da un codice fiscale o da un bancomat, c’è qualcuno che si è infilato in tasca una o più banconote di diverso colore. Sono i pusher, gli spacciatori, i soldati della criminalità organizzata, le formiche. Hanno mille nomi per pochi capi che li organizzano e li disperdono per la città.

Capi che parlano lingue diverse che siglano accordi con altri capi per poter far vendere, speculare sulla pelle di generazioni. Questo è lo spaccio a Vicenza. Lo schema è uguale in ogni città del mondo e la città del Palladio non viene risparmiata. Ma chi sono queste mani che vendono, che stringono mani di chi ha il potere di dare il benestare per vendere al dettaglio ogni genere di stupefacente? Innanzitutto bisogna chiarire che le grandi organizzazioni criminali nazionali come ‘ndrangheta, camorra, mafia non hanno grandi interessi nel ramo degli stupefacenti in questo territorio.

Da anni ormai il loro interesse si è spostato sul “Veneto e sulla Vicenza lavatrice” dei soldi sporchi che accumulano nelle loro attività criminali in tutta Italia, non più sullo spaccio di strada. Dal 2010 al 2016 su 56 arresti di elementi legati alle mafie italiane solo tre ordini di cattura sono stati spiccati per traffico di stupefacenti. Il ruolo che ricoprono è casomai da venditori all’ingrosso alle criminalità albanesi, nordafricane e nigeriane. O fungono da dogana quando i quantitativi che arrivano dall’estero sono ingenti. Non sono più i tempi in cui lo spaccio in Veneto e a Vicenza era un business in mano alla Mala del Brenta e conseguentemente alla mafia siciliana.

Felice Maniero e i suoi sodali smerciavano chili e chili di eroina per tutta la regione e anche oltre. Riforniva addirittura la piazza romana in alcuni periodi particolarmente magri per la Capitale. Ma allora tutto era gestito dai “mestrini” e da “quelli della bassa padovana” che avevano i loro pusher in tutte le città, pusher che decidevano come e quando, alzare o abbassare i prezzi della brown sugar o della cocaina. I tempi cambiano però, anche nell’ambito sporco e criminale dello spaccio.

Oggi a gestire il mercato di morte su strada sono le criminalità straniere, quelle arrivate con i flussi migratori dall’Albania, dal Nordafricani e più recentemente dalla Nigeria. Sono i nuovi “padroni” dello sballo e contemporaneamente sono i nuovi “sfruttatori” di moltissimi profughi che arrivano in Italia. Ognuno di queste forme criminali ha una sua specifica peculiarità per quanto riguarda la tipologia di stupefacente trattato.

Il clan degli albanesi

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