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Cassintegrata e «vessata dal padrone di casa»

Una vicentina, senza lavoro a causa dell'emergenza coronavirus, racconta a Vicenzatoday.it la sua storia fatta di difficoltà economiche «e di angherie» da parte del suo «locatore e del suo legale»

Rossella è una donna vicentina, single di mezz'età, che per anni ha vissuto nel capoluogo trasferendosi poi nell'hinterland. Rossella, il nome è di fantasia perché teme ripercussioni sul suo «vissuto», è una di quelle persone che per vivere ha sempre dovuto fare affidamento su lavori mai stabili: cuoca, colf, badante. Una vita non facile ma anche ripagata dalla soddisfazione «di avere vissuto in maniera libera, indipendente, in modo rispettoso della comunità e delle tante persone che mi sono vicine». Rossella, che ha deciso di raccontare la sua storia ai taccuini di Vicenzatoday.it, spiega che negli anni la sua condizione economica non gli ha permesso di acquistare casa. «Sono vissuta sempre in affitto, ma con pazienza, molti sacrifici e pure un certo gusto sono riuscita a tirare fuori dal mio appartamento uno spazio gradevole dove passare in serenità quel poco di tempo libero che mi rimane dopo il lavoro».

Poi però è arrivata la mazzata del Covid-19. Rossella come tanti altri vicentini è finita in cassa integrazione: una condizione, dicono le statistiche che ha colpito in primis il sesso femminile. L'erogazione di quest'ultima è stata molto lenta e la vicentina, nonostante le tutele temporanee prevista dalla legge, è andata in sofferenza per pagare l'affitto. Ed è in questo frangente che la sua storia «diventa triste e assurda al tempo stesso». In arretrato per il pagamento della pigione il padrone di casa le scrive per il tramite di un legale. La donna «anche grazie ad alcune mie amiche che si sono comportate in modo tanto straordinario quanto ammirevole» fa i salti mortali e raggranella i 1200 euro che costituiscono l'arretrato di tre mesi. Poi però arriva la seconda bordata. L'avvocato del locatore le chiede comunque 700 euro di spese amministrative. In pratica sono il compenso che il proprietario le chiede per ripagarsi l'incomodo di avere aver dovuto indirizzare alla donna il sollecito. «Nel dettaglio mi sono stati chiesti 700 e rotti euro per due semplicissime raccomandate in cui mi si chiedeva di saldare l'affitto».

È la goccia che fa traboccare il vaso. «Una richiesta del genere, coi pochi soldi di cassa integrazione che mi dovrebbero spettare e con la difficoltà, anche a causa dell'emergenza Covid-19 a trovare impieghi come quelli per cui sono formata io, che prevedono contatto con le persone, mi metterebbe ko. Rischierei così di perdere pure la casa oltre che il lavoro che de facto al momento no ho».

Ma al di là delle condizioni economiche Rossella si dice disgustata dal comportamento del locatore e del suo legale. «Si tratta di una condotta molto borderline anche e soprattutto rispetto alla legge. Per come sono fatta - racconta la donna mentre le sue parole sono rotte dal pianto - per il valore che io attribuisco alla dignità, sarei intenzionata a segnalare la cosa alla autorità giudiziaria e all'ordine degli avvocati: questo comportamento nei miei confronti è una vessazione schifosa anche perché chiedere le spese legali quando non è stata nemmeno iscritta a ruolo alcuna pratica di sfratto non sta né in cielo e né in terra. Mi far stare male che qualcuno abbia pensato di potersi approfittare della debolezza di una donna che ha una condizione economica disagiata e che deve affrontare questa situazione, se si eccettua il prezioso aiuto di alcune amiche, da sola».

Rossella spiega infatti che nonostante «le molte angherie patite dal locatore e dal suo avvocato» al momento si è tenuta alla larga dal comando dei carabinieri,  dagli uffici della procura o da quelli del consiglio forense berico, solo perché teme che «una eventuale segnalazione metta a repentaglio la mia permanenza in quella casa. Rischio di finire sotto un ponte. Per di più - aggiunge la donna - sono capitati alcuni episodi che al momento eviterei di raccontare che in qualche misura mi fanno temere anche per la mia persona». Si tratta di parole che pesano come pietre anche perché la donna rimarca, come a voler lanciare un monito, che «molte delle persone che mi sono vicine sono state puntualmente informate della mia situazione nel caso dovesse capitarmi qualcosa di strano». Poi un'ultima considerazione: «Se qualcuno pensa di sfruttare la situazione in cui mi sono trovata mio malgrado a causa del coronavirus per cacciarmi di casa prima della scadenza naturale del contratto si sbaglia di grosso. Io combatterò come una belva. Arrivata alla mia età non accetto che una vita di sacrifici per ottenere un po' di serenità sia spazzata via dagli appetiti miserevoli di qualcuno».

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