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Caso D'Agostino: un «insulto» la richiesta «di oblio» per una vicenda giudiziaria ancora nel vivo

Un quindicenne nel 2016 era rimasto folgorato nel piazzale della Chiesa Madre a Cavallaro di Gaggi in Sicilia. Per quell'incidente la presidente della impresa berica Gemmo, incaricata del servizio di illuminazione municipale, è finita a processo perché il decesso sarebbe colposo. Ma quando la difesa della manager e della ditta ha chiesto ad alcune testate di rimuovere dal web gli articoli dedicati a un procedimento tuttora in corso, accampando il rispetto del diritto alla privacy perché le notizie diffuse sarebbero «datate», i genitori del giovane scomparso hanno reagito appellandosi direttamente all'opinione pubblica

L'avvocato del foro bolognese Sveva Antonini avrebbe chiesto a diverse testate italiane di rimuovere dai propri siti, «o in subordine di deindicizzare» gli articoli che riguardano la morte per folgoramento di un ragazzo siciliano. Il decesso però risale solo al 2016 e per di più il processo per omicidio colposo a carico della presidente di una importantissima società del Vicentino incaricata del servizio di pubblica illuminazione a Gaggi nel Messinese è addirittura in corso. Proprio per questo i genitori del ragazzo scomparso si sono rivolti direttamente all'opinione pubblica denunciando il caso. Più nel dettaglio a diramare in loro nome una durissima nota ieri 24 agosto è stato il team legale che assiste la famiglia.

«Susanna Gemmo e Gemmo impianti spa - si legge nella nota - chiedono l'oblio per il procedimento penale a loro carico per omicidio colposo per la morte di un ragazzino, peccato che il processo sia ancora in corso. I genitori della vittima hanno affatto gradito che si voglia dimenticare tutto prima ancora che sia emessa la sentenza».

LA PREMESSA
Il dispaccio poi entra nel dettaglio della vicissitudine. «Il tragico caso è quello di Salvatore D'Agostino, 15enne di Gaggi nel Messinese deceduto dopo essere rimasto folgorato: l'assurdo incidente è accaduto il 2 agosto 2016, nella piazza antistante la Chiesa Madre della frazione di Cavallaro, in un luogo pubblico accessibile a tutti. Il ragazzo, mentre giocava a calcio con gli amici, per recuperare un pallone ha toccato un faretto: non sarebbe dovuto accadere alcunché se l'impianto fosse stato a norma, invece la tremenda scarica elettrica che l'ha investito non gli ha lasciato scampo fulminandolo. Dopo diciotto giorni di coma, la sua luce si è spenta per sempre, gettando nella disperazione i suoi cari e tutto il paese».

Nel volgere d'un baleno il caso passa in mano agli avvocati. I genitori, si legge, assistiti pool di esperti che ancora oggi li patrocina, hanno deciso di impegnarsi per fare piena luce sui fatti e per fare piena luce sulle responsabilità al fine di ottenere giustizia. I legali dello studio 3A di Mestre, si legge ancora nella nota, si sono quindi attivati con il supporto «dell'avvocato Filippo Pagano del foro messinese».

ESPOSTO IN SEDE PENALE
A quel punto è stato presentato un esposto alla procura di Messina, che aveva già aperto un fascicolo contro ignoti. In quell'esposto si chiedeva «di individuare il proprietario dell'area, il titolare dell'utenza che alimentava il faretto», di individuare «il fornitore dell'energia», di individuare «chi l'avesse collocato collegando i cavi e mettendolo in esercizio» anche per comprendere «a chi competesse la manutenzione». Nello stesso frangente è stato altresì chiesto «che si accertasse se l'installazione fosse a norma viste la mancanza di griglie di protezione e cartelli di pericolo e la presenza di nastro adesivo ormai consunto che attestava un datato e maldestro intervento sui cavi; si è poi chiesto che si documentasse lo stato dei luoghi e l'accessibilità a tutti».

LE INDAGINI E LA SVOLTA
Secondo il racconto fatto dai legali sul piano delle indagini le novità non si sono fatte attendere. «Nell'estate 2017 è arrivata la svolta: la procura ha iscritto nel registro degli indagati la dottoressa Susanna Gemmo, oggi 59enne e l'ingegnere Francesco Trimarchi, di quarantun'anni, rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione di Gemmo impianti e responsabile dell'ufficio tecnico e gare d'appalto, con particolare riferimento a quelle per la Sicilia, della Gemmo spa, colosso del settore delle grandi infrastrutture, impianti tecnologici e servizi, con sede ad Arcugnano nel Vicentino, 142 milioni di fatturato nel 2020 e tante grandi opere all'attivo in Italia e all'estero».

IL COMUNE E L'AFFIDAMENTO AL COLOSSO DI ARCUGNANO
È proprio alla società berica, questo emerge dalla ricostruzione degli avvocati dei D'Agostino, «che il Comune di Gaggi aveva affidato la gestione del suo impianto di pubblica illuminazione tramite l'adesione alla convenzione per il servizio luce e servizi connessi per le pubbliche amministrazioni mediante la piattaforma pubblica Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione. Gemmo si era aggiudicata il lotto numero 8 della procedura di gara bandita da Consip per il Ministero dell'economia, quello per la Sicilia, che comprendeva la gestione dell'illuminazione di tante altre città dell'isola, vedi Catania».

IL PUBBLICO MINISTERO INGRANA LA QUARTA
E così l'iter giudiziario era andato avanti, tanto che «a conclusione delle indagini preliminari, il pubblico ministero titolare del fascicolo, ossia Antonella Fradà, con provvedimento del 9 maggio 2018, ha chiesto il rinvio a giudizio dei due indagati, cui ha contestato il reato di cui agli articoli 113 e 589 del codice penale ossia rispettivamente omicidio colposo in concorso, perché recita testualmente l'atto, in cooperazione tra loro, Gemmo Susanna in qualità di legale rappresentante della società Gemmo spa affidataria del servizio luce e dei servizi connessi, e segnatamente del servizio di gestione dell'impianto di pubblica illuminazione del Comune di Gaggi e del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stesso, e Trimarchi Francesco, in qualità di dipendente della società Gemmo Spa responsabile della gestione della suddetta commessa, cagionavano il decesso di D'Agostino Salvatore».

«NEGLIGENZA, IMPRUDENZA, IMPERIZIA»
Il motivo? Secondo il magistrato requirente, questo è quanto riportano i legali della famiglia D'aGostino, si parla di «colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e nel non aver rilevato che i fari installati presso la piazza della Chiesa Madre di Gaggi, ancorché in disuso da anni e privi di lampade, fossero alimentati dall'impianto di illuminazione pubblica attraverso l'aggancio al quadro Q001 collocato in via tenente Turrisi di Gaggi». Detto in altri termini un gruppo di fari, benché dismesso e facilmente accessibile al pubblico risultava ancora allacciato al quadro elettrico. Queste in estrema sintesi sarebbero le premesse che hanno portato al decesso del giovane.

«ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO», SALVATORE NON CE LA FA
Un decesso che, conclude il pubblico ministero, «è avvenuto per fibrillazione ventricolare con arresto cardiocircolatorio e respiratorio responsabile di una prolungata anossia cerebrale, cagionata a seguito di elettrocuzione di cui il ragazzo rimaneva vittima in conseguenza di una dispersione di energia elettrica promanante da uno dei faretti collocati presso la piazza». Queste sono esattamente le parole usate dal magistrato secondo la ricostruzione effettuata dal pool di avvocati che assiste i D'Agostino.

Tanto che la richiesta di rinvio a giudizio viene «ritenuta fondata dal Tribunale di Messina». Il 9 ottobre 2018 poi si è celebrata «l'udienza preliminare in cui il sostituto procuratore dottoressa Fradà e l'avvocato Pagano» insistono «per la richiesta di processo, mentre i difensori degli imputati» avanzano «istanza di proscioglimento o di integrazione probatoria».

IN DUE ALLA SBARRA
Tuttavia «all'esito della camera di consiglio, il Gup Eugenio Fiorentino, ha disposto il rinvio a giudizio di entrambi gli indagati innanzi il Tribunale monocratico di Messina, seconda sezione penale», ammettendo anche la costituzione di parte civile dei genitori e della sorella di Salvatore: per inciso, «l'azienda non ha mai riscontrato le richieste di risarcimento presentate» dai genitori.

RESPONSABILITÀ CIVILE
Ancora, nella udienza del 24 maggio 2019 il giudice monocratico di Messina, dottoressa Alessandra di Fresco, accogliendo l'istanza del legale delle parti civili, ha autorizzato e ordinato, si menziona testualmente, «la citazione, in qualità di responsabile civile, della società Gemmo spa per rispondere, eventualmente in solido con gli imputati, del risarcimento dei danni patiti dalle parti civili». Quindi, sottolineano i legali dei D'Agostino, «anche l'azienda è pienamente parte in causa del processo. Il procedimento poi ha inevitabilmente scontato la pandemia, ha visto diversi rinvii, ma è tuttora pendente, si sono svolte già alcune udienze dedicate all'attività istruttoria e all'esame dei testi e la prossima è in programma il 23 novembre 2022 per sentire gli ultimi testimoni della parte civile».

GLI IMPUTATI E LA RICHIESTA AVANZATA DA ANTONINI
Nonostante tutto questo pregresso i legali di Susanna Gemmo e della società, negli ultimi tempi, «hanno tempestato di richieste direttori e uffici legali delle testate giornalistiche, comprese le principali, pretendendo la rimozione dei link» riferibili ai loro siti web «che rimandavano alle notizie sul processo, ritenute lesive dell'immagine e della reputazione dei loro assistiti e ormai non più attuali e di interesse per i lettori». Per perseguire questo scopo «si sono appellati al diritto all'oblio e alla gravità della sua violazione, ottenendo in diversi casi la cancellazione dei link definiti compromettenti da parte di editori e giornalisti, evidentemente per evitare fastidi e problemi».

UNA PRETESA «CHE NON SUSSISTE»
Ma al di là della singolarità dell'istanza, precisa la nota redatta dai professionisti che  assistono i D'Agostino «trattandosi di un fatto risalente non a decenni fa ma al 2016», gli avvocati della presidente e della società «si sono ben guardati dallo specificare che il procedimento penale è ancora assolutamente in corso e che i loro assistiti sono tuttora sotto processo e su tali basi, ovviamente, non può sussistere alcun diritto all'oblio. Venuti a conoscenza di tali richieste, la mamma e il papà di Salvatore sono naturalmente rimasti profondamente amareggiati, cogliendo» le richieste di rimozione dei servizi alla stregua di «un insulto verso il figlio e la sua memoria» come se si fosse manifestata «la volontà di dare un colpo di spugna alla tragedia prima ancora che la giustizia abbia fatto il suo corso» e prima ancora che il giudice «abbia pronunciato la sentenza». Ed è in questo senso che si spiega l'appello dei D'Agostino all'opinione pubblica italiana e in particolare ai giornalisti affinché questi ultimi esercitino sul caso «il diritto di cronaca» ampiamente previsto dalla norma.

IL SILENZIO DELLE CONTROPARTI
Ma come la pensa al riguardo l'avvocato Antonini? Come la pensano Susanna Gemmo e la società con base ad Arcugnano nel Vicentino da lei presieduta? Chi scrive ha contattato tutti e tre per conoscere il punto di vista di ciascheduno in una con quello di Trimarchi quale manager del gruppo. Dalla Antonini, che ha lo studio a Bologna ma che è di natali piacentini, al momento, non è giunto alcun commento. Allo stesso modo alcun commento è giunto dalla presidente e dalla Gemmo spa come impresa coinvolta.

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