L'affaire Pfas e «il peso del complesso militare industriale»
Mentre il processo Miteni prosegue, il mondo ecologista, anche sulla scorta della uscita di un documentario «shock» diretto da Mazzotta, si interroga sulla pervasività nei confronti del dibattito pubblico degli ambienti legati alle forniture belliche nonché della chimica del fluoro
«Evidentemente perché l'ambiente ottenga l'eco che merita non basta un processo monstre in atto presso il tribunale di Vicenza. Non bastano le decine e decine di eventi che dal 2013 vengono promossi per rendere partecipe la popolazione di quanto accaduto. Non bastano le lotte delle mamme No Pfas per la difesa delle proprie famiglie. Non basta dire, col supporto di illustri studiosi e ricercatori, quanto danno abbiano arrecato alla salute umana certi comportamenti senza scrupoli. Allora mi chiedo quale debba essere la molla per far scattare le coscienze». È questo il passaggio chiave di una nota molto accorata diramata ieri 14 settembre da Maria Chiara Rodeghiero. La referente per il Veneto di Medicina democratica infatti ha messo nero su bianco un vero e proprio cahier de doleance nel quale si lamenta dello scarso peso che l'affaire Pfas ha suscitato presso l'opinione pubblica italiana, veneta in particolare, nonostante gli spunti di riflessione non manchino.
«CHEMICAL BROS»
Ultimo in ordine di tempo è la proiezione del film-documentario, Chemical bros (definito «shock» dalla platea) che era in calendario domenica 11 settembre al teatro San Marco di Vicenza. La pellicola del regista leccese Massimiliano Mazzotta ha fatto discutere anche sui quotidiani nazionali perché affronta « delicatissimi problemi legati alla chimica del fluoro» lungo l'asse che dalla Sardegna porta al Veneto fino a giungere al Regno unito. Per Rodeghiero è importante che l'opinione pubblica, oltre ai momenti di svago «che certamente ci vogliono», si concentri anche su temi «decisamente più spinosi». La cui trattazione però non è per nulla scontata anche per il peso che «il potere economico» da anni assume nell'economia del dibattito pubblico. Almeno così si è espresso lo stesso Mazzotta ai microfoni di Vicenzatoday.it.
«SITUAZIONE TESA»
Ad ogni modo nel Veneto e nel Vicentino in particolare a detta della galassia ecologista «la situazione rimane tesa». Se il processo per la contaminazione da Pfas a livello ambientale addebitata alla Miteni «procede tutto sommato speditamente», ben diversa è la situazione del procedimento penale per le malattia professionali lamentate dai lavoratori. La richiesta di archiviazione del pubblico ministero Alessia La Placa ha scatenato il fuoco di fila dei legali della Cgil e dei lavoratori assistiti dall'avvocato Edoardo Bortolotto. In queste ore Giampaolo Zanni, egretario della Cgil per il Vicentino, davanti alle telecamere di Vicenzatoday.it, ha rincarato la dose mentre ad infilzare la procura nei giorni scorsi era stato il penalista Renato Ellero, già docente di diritto a Padova ma pure la consigliera regionale Cristina Guarda di Ev. La quale aveva detto la sua con un intervento di fuoco pubblicato sulla sua pagina Facebook il 10 settembre. «Per me - spiega la consigliera leonicena - è inaccettabile: i lavoratori della Miteni sono ad oggi i più contaminati, nella letteratura medica mondiale. Sono stati trovati fino a 91.900 nanogrammi di Pfas per millilitro di sangue. Molti di loro hanno o stanno affrontando patologie che incupiscono lo scenario dei rischi per il nostro corpo: malattie cardiovascolari, tumori, conseguenze psicologiche gravissime. Il collegamento ai Pfas è più che plausibile dati i risultati dei numerosissimi studi medico-scientifici internazionali, anche veneti. Mi lascia davvero perplessa e, ammetto, amareggiata pensare che i consulenti interpellati dal pubblico ministero abbiano affrontato questo caso in modo incompleto, come riferiscono gli avvocati della Cgil» nonché l'avvocato Bortolotto che patrocina «alcuni altri lavoratori».
I RIFLETTORI SU BORGO BERGA
Epperò le parole di Zanni e Guarda vanno lette in filigrana perché non si soffermano solo su Borgo Berga ossia sull'operato del pubblico ministero, che peraltro è stato trasferito ad altra sede: ma si concentrano sui consulenti scelti da quest'ultimo. Ai quali viene attribuito un approccio non adeguato alla complessità della problematica affrontata. Di più, quando la galassia ecologista berica è venuta a conoscenza di uno dei nomi scelti dalla La Placa, ossia il professor Enrico Pira, gli animi hanno cominciato a scaldarsi.
LA SFERA DI INFLUENZA DEL GRUPPO ENI
Come tra l'altro ricorda il portale ambientalista DbAmianto Pira non solo è un medico molto esperto in materia di malattie professionali. Ma è pure il luminare sul quale il complesso militare-industriale italiano ha fatto affidamento in tantissimi procedimenti eclatanti. Dall'affaire Marina due al caso veneto Monte Venda per non parlare del caso De Benedetti a Ivrea fino alla vicenda mantovana Montipolimeri-Syndial. Una Syndial-Rewind che peraltro è parte del gruppo Eni. Il quale in passato per di più era stato socio di Miteni anche se per il caso Pfas il cane a sei zampe è sempre rimasto fuori da ogni procedimento penale.
«UNA DIMENSIONE SUPERIORE»
Il docufilm di Mazzotta tra l'altro spiega per filo e per segno quanto la chimica del fluoro, Pfas inclusi, sia strategica in ambito militare. Uranio arricchito per gli ordigni atomici, uranio impoverito per i proiettili anti-blindato, acceleranti di fiamma per gli esplosivi sono solo alcune delle applicazioni usate nell'industria bellica per non parlare delle altre mille applicazioni nell'industria civile e in quella medicale. «Effettivamente in questi anni di lotte ambientali attorno al caso Pfas abbiamo avuto il sospetto di doverci confrontare con una dimensione superiore, poco visibile ma molto presente». Questo è il concetto con cui Alberto Peruffo, uno dei volti più noti della rete ecologista del Veneto aveva chiuso il dibattito aperto in sala dopo la proiezione del film di Mazzotta. Da anni infatti proprio nella galassia ambientalista si parla di incursioni preoccupanti ancorché discrete di soggetti prossimi all'intelligence militare italiana nei confronti di alcuni ambienti vicini alle indagini». Mazzotta peraltro parlando del gruppo Eni ha spiegato: «quando c'è una inchiesta importante che lo riguarda ne esce sempre pulito».
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