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Giovedì, 25 Aprile 2024
Attualità Santorso

Lotta al Covid-19, con una stretta più dura maggiori benefici

Se dopo l'estate i territori avessero anticipato le serrate gli effetti del contagio da coronavirus forse sarebbero stati ben minori. Ne è convinto il primario di terapia del nosocomio dell'Alto vicentino che ha parlato, alla presenza del nuovo direttore dell'Ulss 7 Bramezza, durante la commemorazione ad un anno dallo scoppio della pandemia

Un minuto di silenzio per le vittime del Covid 19 «del nostro territorio» e non solo ad un anno esatto dalla deflagrazione della pandemia. Un pensiero di vicinanza alle loro famiglie. Un messaggio di solidarietà e stima a tutto il personale sanitario, caduti e infetti compresi, che nel comprensorio «si è speso al meglio per combattere un contagio» che per certi versi va assimilato ad una «guerra». Sono questi i leit motiv ribaditi a più riprese oggi 18 marzo alle 15 durante un briefing tenuto dai vertici dell'Ulss 7 all'ospedale di Santorso, l'ospedale specializzato nel contenimento del contagio (noto come hub Covid). E durante la riunione non è mancata la voce di chi spiega che con ogni probabilità se le strette e le zone rosse fossero arrivate ben prima i drammi vissuti negli ultimi mesi sarebbero stati di portata ben minore.

L'INCONTRO
Più nel dettaglio il briefing di oggi è cominciato con il saluto di Carlo Bramezza neo direttore generale dell'Ulss 7 Pedemontana. Da parte di quest'ultimo non sono mancate le parole di vicinanza per le famiglie che hanno avuto in casa morti o malati (i decessi solo nell'Ulss 7 sono stati poco più «di quattricento»). Bramezza che parlando dello sforzo sostenuto «da medici, infermieri, operatori socio-sanitari», personale vario, volontari e di tutti coloro che si sono impegnati nel combattere la pandemia, è apparso più volte commosso soprattutto quando senza tanti giri di parole ha spiegato che difronte ad un nemico temibile come «il Sars-cov-2» il personale si «è prodigato in modo encomiabile, rinunciando a ferie, malattie, riposi» in modo da garantire servizi di alto livello. Non troppo dissimile è stata la disamina del direttore sanitario Antonio Di Caprio e del primario di geriatria Giampaolo Marchetti i quali oltre a lodare l'impegno di tutte le strutture sul territorio hanno parlato anche dell'importanza della campagna vaccinale in corso. Si tratta di parole di un certo peso che arrivano proprio mentre l'Agenzia europea del farmaco, l'Epa, riduce la portata dei dubbi sui vaccini di Astrazeneca, i quali sulla base di alcuni eventi presumibilmente avversi, erano stati cautelativamente sospesi in alcuni Stati, Italia inclusa.

LA DOMANDA
Tuttavia, sul fronte del dramma patito nelle corsie d'ospedale e in molte famiglie, gli effetti nefasti della cosiddetta terza ondata della pandemia si sarebbero potuti contenere in modo molto più robusto, iniziando ben prima la serrata che sta caratterizzando solo oggi la gran parte del Paese Veneto incluso? La risposta del dottor Luigi Ongaro, primario di terapia intensiva al Santorso, la vera prima linea sul fronte della lotta alle forme più devastanti del morbo è stata perentoria: «Credo di sì. Basti pensare - ha spiegato Ongaro - che per tre mesi abbiamo ricoverato più di duecento pazienti in ospedale» mentre nello stesso periodo nella sola terapia intensiva «la degenza media è stata di 22-24 pazienti rispetto al numero totale di letti assegnati dalla Regione Veneto che sempre per quanto riguarda la terapia intensiva» è pari «a dodici».

IL PREGRESSO
Parole che lette in filigrana sono una vera e propria doccia gelata per i vertici di Palazzo Balbi (a partire dal governatore leghista Luca Zaia) e per tutti quei portatori di interessi che in autunno, pur a fronte di un leggero aumento della curva dei contagi cercarono di scongiurare in qualche modo ogni tipo di stretta. Il che, tra le altre, costituisce una sorta di nemesi storica rispetto alle previsioni elaborate proprio in autunno dal professor Andrea Cristanti (direttore della infettivologia della clinica universitaria dell'ospedale di Padova, uno dei più noti virologi del Paese). Il quale Crisanti a più riprese aveva messo in guardia le autorità e la politica da una ripresa incontrollabile della curva del contagio anche in ragione del fatto che il tracciamento sui possibili infetti era stato abbandonato per i motivi più vari. Un j'accuse che Crisanti ribadì ai taccuini di Vicenzatoday.it ancora il 15 ottobre dello scorso anno, mentre lo stesso professore, sempre ai taccuini di Vicenzatoday.it, tornò a parlare della necessità di un «lockdown duro» non più tardi dell'11 gennaio 2021. Per questo motivo da tempo la domanda che familiari delle vittime, sanitari e sindacati dei lavoratori del settore si pongono rimane la stessa. Se tracciamento e strette fossero stati ben più severi, il Veneto e il Vicentino quanti morti e quanti contagiati si sarebbero potuti risparmiare?

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