rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Attualità

Caso Pfas, la Regione doveva intervenire già dal 2005

Lo ha scoperto Vicenzatoday.it nella sua inchiesta consultando alcune carte di Arpav e del Genio. Frattanto trapelano anche i dettagli della maxi multa alla Miteni. Il Noe: comportamenti omissivi dall’azienda

Sempre nella medesima relazione, a pagina 293, si trova traccia proprio di una domanda di Zanoni il quale al responsabile della sicurezza ambientale di Miteni Davide Drusian (è il 24 ottobre 2017) chiede espressamente: «Ma allora voi, quando avete acquisito l’azienda, all’interno dell’azienda avete trovato o no una barriera idraulica?». La risposta è elusiva: «All’interno dell’azienda c’erano tre pozzi posizionati a sud dello stabilimento che erano stati comunicati al Genio civile come pozzi di emungimento...». Di una richiesta di delucidazioni agli uffici regionali sul comportamento tenuto dal Genio non c’è alcuna traccia. Se si legge bene quella di Drusian è addirittura una risposta differente, almeno in parte, da quella che lo stesso Drusian dette alla Commissione parlamentare ecomafie pochi giorni prima, il 15 settembre, dopo un quesito posto dall’allora senatrice Laura Puppato del Pd: «Per quanto riguarda i pozzi A, B e C, per quello che è di mia conoscenza, sono stati comunicati al Genio civile come normalissimi pozzi di emungimento, com’era il pozzo 1. All’epoca lo stabilimento attingeva acqua solamente da un pozzo. Dopo la siccità del 2003 il pozzo 1 ha rappresentato delle crisi, ragion per cui sono stati messi in emungimento i pozzi A, B e C, che adesso costituiscono la barriera sud. La comunicazione è stata inviata al Genio civile. Questa è l’informazione che avevamo noi».

Puppato in quella occasione non soddisfatta lo incalza ancora e chiede se l’utilizzo di quei pozzi sia stato richiesto solo per attingere acqua o per finalità ambientali. E la risposta di Drusian è eloquente: «Esclusivamente come pozzi di emungimento». Da che se ne ricava che il dirigente della Miteni o aveva la memoria annebbiata o aveva le idee un po’ confuse o ha mentito spudoratamente alla commissione parlamentare: chi scrive ha chiesto peraltro all’uffcio stampa di Miteni una intervista a Drusian. Giorgio Tedeschi però, capo della comunicazione aziendale ha chiesto in anticipo il testo delle domande. Per cui la risposta di chi scrive è stata negativa giacché una condotta del genere avrebbe compromesso la necessità di un vero contraddittorio tipico delle interviste.

In buona sostanza però anche la Ecomafie in quel frangente evita di approfondire il tema della catena delle decisioni che sarebbero dovute scaturire dalla comunicazione della Erm. Il che pone una serie di ombre più o meno fosche sulla condotta del Genio civile, di Arpav e in subordine dell’amministrazione locale di Trissino. Ma anche sulla volontà della Ecomafie di volere indagare fino in fondo.

IL RUOLO DEI MAGISTRATI

È importante tenere a mente questi frangenti perché a che se ne sappia, l’indagine penale vede tra gli indagati solo i manager della Miteni, almeno al momento. Alla quale la magistratura, che indaga per presunto disastro ambientale, addebita diverse condotte omissive. Di converso va evidenziato che alcuni comportamenti da codice penale in capo agli amministratori pubblici, pur accertati, potrebbero essere non più punibili perché troppo lontani nel tempo e quindi coperti dalla prescrizione. Diverso invece è un eventuale accertamento disciplinare.

IL VERBALE DEI CARABINIERI

Se però si parla di condotte omissive occorre rilevare che di queste si trova traccia nel lunghissimo verbale che i carabinieri ambientali del Noe di Treviso, gli stessi che per conto della procura berica indagano sulla Miteni, hanno notificato alla fabbrica trissinese quando questa in luglio è stata oggetto di una sanzione amministrativa da quasi 3,7 milioni di euro. Detto alla grossa l’addebito contestato è quello di non avere informato gli enti pubblici di alcuni rapporti di prova (o referti analitici) relativi ad analisi sui reflui che il privato per legge è tenuto ad effettuare. Risultati che in taluni casi presentavano valori preoccupanti.

Il maresciallo Manuel Tagliaferri del Noe della Marca, che ha condotto l’accertamento amministrativo scrive: «Considerato che nei citati rapporti di prova emessi dalla R&C Lab srl, oggi Agrolab Italia srl e dalla Chelab srl rispettivamente negli anni 2008 e 2013 veniva rilevata un’elevatissima concentrazione di Pfoa e di Apfo... nelle acque di scarico dello stabilimento Miteni, veniva richiesto all’Arpav e al gestore della pubblica fognatura, ovvero Viacqua, di accertare se avessero mai ricevuto tali referti analitici». I due enti però, interpellati dai militari, spiegano di non avere ricevuto alcun referto da Miteni.

Così riferisce ancora Tagliaferri nel suo verbale. Nel quale in seguito si riporta che in forza della delega di Drusian quale responsabile di ambiente e sicurezza la multa viene indirizzata a quest’ultimo e in solido alla Miteni stessa. Ovvero, se l’opposizione annunciata da Miteni al provvedimento avrà esito negativo, sarà Drusian a rispondere sul piano pecuniario. E se questo non fosse in grado, vista anche l’entità colossale dell’ammenda, toccherà alla spa trissinese pagare il dovuto. Peraltro va precisato che quando i carabinieri usano termini come Pfoa, Apfo o perfluoroottanoato di ammonio, parlano di alcune categorie di composti appartenenti alla famiglia dei Pfas, i temibili derivati del fluoro al centro dell’affaire Miteni.

IL COMPORTAMENTO DELL’AZIENDA

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Caso Pfas, la Regione doveva intervenire già dal 2005

VicenzaToday è in caricamento