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Caso Report-Tosi, «Tre anni da imputato: l'assoluzione atto dovuto»

Parla Sergio Borsato il cartiglianese scagionato nel procedimento per calunnia e diffamazione in cui l'ex sindaco veronese era il principale indagato

Sergio Borsato è «l'imprenditore cartiglianese» che è stato «scagionato con formula piena», nell'ambito della vicenda giudiziaria che ha visto fronteggiarsi il conduttore di Report Sigfrido Ranucci e l'ex sindaco di Verona Flavio Tosi. Quest'ultimo assolto per il reato più grave di calunnia è stato condannato «per aver diffamato proprio Ranucci dopo la messa in onda della trasmissione del 7 aprile 2014»: una puntata che fece molto discutere in tutto il Veneto e non solo.

Come evidenziato «in modo roboante sui media regionali, il sottoscritto - precisa Borsato - era stato accusato di calunnia, assieme a Tosi, per avere accusato falsamente, a detta dello stesso Ranucci, la sua trasmissione e il suo modo di operare. L'assulozione di lunedì 30 settembre, un atto dovuto, dimostrerebbe però proprio il contrario» rimarca il cartiglianese.

E sempre rimanendo nel novero delle impressioni a caldo quest'ultimo alza l'asticella della sua critica: «Il mio stato d'animo è in bilico tra l'incazzato e l'amareggiato. Sono felice, per me e la mia famiglia, di aver rinviato al mittente tutto il fango mediatico che mi è stato gettato addosso. Sono incazzato quando leggo e vedo sui giornali ed i Tg di questi giorni, nonché sul portale della Rai, come la realtà venga ancora distorta».

Ma come mai Borsato, che peraltro è un volto noto nel Bassanese, distilla questo giudizio? «Tosi è stato condannato solo per aver offeso Report, nota trasmissione di approfondimento giornalistico di Rai Tre, dopo il tentativo di screditare l'ex sindaco di Verona da parte della trasmissione all'epoca condotta da Milena Gabanelli». Poi una annotazione in punta diritto: «Come è noto il capo d'accusa principale era il 368 del codice penale ossia la calunnia. Ebbene, l'assoluzione giunta per me e per Tosi proprio in relazione a questo addebito specifico, evidenzia e cristallizza quanto sostenuto durante la denuncia alla procura della Repubblica da parte dell'ex sindaco di Verona, denuncia indirizzata a Ranucci e a Report. Questa è la verità, scomoda quanto si vuole, ma che si rispecchia fedelmente nella sentenza». Appresso Borsato fa un'altra considerazione: «Tutto ciò dimostra quanto poco ortodosso sia stato il comportamento di Ranucci e di chi gli tiene bordone. Se poi mi si chiede se io sia fino in fondo soddisfatto del verdetto del giudice - puntualizza l'imprenditore - allora rispondo che non lo sono per nulla».

Il motivo? «Per il semplice fatto che mi sono dovuto sorbire tre anni di processo, che di per sé, per come la penso io, è già una condanna. Di più, io a questa gara non volevo certo partecipare. Ha vinto la giustizia, ha vinto chi ha avuto il coraggio di andarsi a leggere tutti i documenti. Ha perso chi ha cercato di levarmi la dignità, usando mezzi subdoli pur di distruggermi. E poi certi signori hanno il coraggio di parlare di poteri forti e di recitare la parte delle vittime di questi poteri? Peccato che questi signori sono in busta paga del potere. Non so se servi sciocchi o ignari professionisti. Non sta a me giudicare. Il dubbio mi assale. E forse una risposta me la sono data. Ma preferisco tenerla per me».

Borsato poi chiude con un'altra critica al vetriolo: «Questo processo ha dimostrato che le scorrettezze di Report contro Tosi sono un fatto assodato. La macchina del fango produce fango. Quando ti colpisce la reazione dipende dal carattere. L'epiteto merde usato da Tosi nei confronti di Report e di Ranucci, io non l'avrei mai proferito. Però è chiaro come in quei momenti uno pensi a tutta la sua vita: ai suoi figli, ai cari, al male preannunciato da lorsignori. Queste persone dalla loro hanno il potere mediatico, io invece sono un semplice, un uomo qualunque. Epperò mi piacerebbe avere la stessa platea e raccontare l'unica verità possibile. Non escludo comunque di ritornare sull'argomento - spiega Borsato - magari con alcune uscite pubbliche. Aspettiamo ora i tre mesi di rito perché siano depositate le motivazioni della sentenza: poi vedrò come agire». In ultimo la chiusa: «Voglio ringraziare il mio legale, l'avvocato Antonio Mezzomo, che con me ha passato notti insonni a studiare i documenti dell'accusa. A lui sì che va l'onore della vittoria». Al momento Sigfrido Ranucci, interpellato da chi scrive per fornire la sua versione fa sapere, per il tramite del suo avvocato Luca Tirapelle del foro di Verona, che si riserva la possibilità di intervenire in un secondo momento.

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