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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Indagini sul cantiere Spv, denuncia per falso contro Arpav Treviso

La segnalazione nei confronti della condotta della agenzia ambientale della Regione Veneto giunge da una famiglia di Altivole da mesi in lotta con la Spresiano-Montecchio Maggiore

L'Arpav di Treviso si sarebbe macchiata di una condotta scorretta, tanto da commettere «un falso» nell'ambito della querelle giudiziaria sorta attorno alla vicenda della presenza di amianto riscontrata a ridosso della proprietà di una famiglia di espropriati dal cantiere della Superstrada pedemontana veneta ad Altivole, piccolo comune del Montebellunese in provincia di Treviso. È questa l'accusa contenuta in una dettagliata denuncia per falso depositata nella mattinata di oggi 27 settembre alla procura del capoluogo della Marca da parte degli espropriati, ovvero della famiglia Piccolotto, la quale sul versante ambientale da mesi ha ingaggiato una battaglia di carte bollate che ha preso di mira proprio la bontà dei lavori lungo il cantiere della Pedemontana: una arteria, nota anche come Spv, che una volta ultimata dovrebbe collegare Montecchio Maggiore nel Vicentino a Spresiano nel Trevigiano.

Gli addebiti sono stati messi nero su bianco da Giuseppe Piccolotto, proprietario del fondo che si trova giustappunto nel comune di Altivole. La questione è complessa. Con una serie di segnalazioni all'autorità giudiziaria i Piccolotto avevano chiesto alla procura di valutare se i depositi di amianto ritrovati a ridosso del cantiere medesimo e a ridosso del loro fondo fossero stati messi in sicurezza e smaltiti secondo la norma. Nell'ambito del procedimento penale teso ad acclarare quale fosse lo stato della situazione in una con le eventuali responsabilità è stato preso in esame «un sopralluogo di Arpav avvenuto il 18 giugno 2019», spiega l'avvocato Giorgio Destro del foro di Padova che assiste i Piccolotto. Sopralluogo al quale da breve distanza, rimarca ancora il legale, «ha assistito il nostro consulente scientifico Marina Lecis» la quale nella circostanza aveva potuto fotografare i funzionari di Arpav che avevano proceduto anche «con alcuni prelievi».

Parallelamente al procedimento penale Destro si era mosso pure civilmente. Quando nell'ambito del procedimento civile il consulente del giudice, in gergo Ctu, ha chiesto ad Arpav copia dei risultati dei prelievi relativi al sopralluogo del 18 giugno, lo stesso consulente si è visto rifiutare le carte con la motivazione che «trattandosi di attività di polizia giudiziaria su delega della procura di Treviso», l'ostensione di quella documentazione avrebbe necessitato della autorizzazione del magistrato.

Così, sempre stando alla denuncia, è il giudice civile trevigiano in persona a muoversi (si tratta della dottoressa Alessandra Burra): la quale «formalizzava» una richiesta di accesso agli atti ed estrazione di copia «in data 19 agosto 2019». Il giorno successivo «il sostituto procuratore Francesca Torri», riferisce Piccolotto nella sua denuncia, procedeva «con il nulla osta» per conto della procura. A questo punto il 16 settembre il Ctu Francesco Albrizio provvedeva a richiedere ancora una volta la documentazione in precedenza negata. Ed è qui che accade quello che secondo Piccolotto è il fattaccio. Piccolotto cita testualmente la corrispondenza intercorsa tra il Ctu e l'agenzia ambientale regionale nella sua articolazione nella Marca. «In riferimento alla Vostra richiesta», scrive Arpav Treviso al consulente Albrizio, «si comunica che nell'ambito delle indagini delegate... non sono stati prelevati campioni né effettuate analisi...».

Tanto che Piccolotto nella sua denuncia mette nero su bianco il suo addebito: «Appare allo scrivente... che le dichiarazioni contenute nella» comunicazione di Arpav «a firma del dirigente» che si è preso la briga di rispondere «siano assolutamente false». Ed è in ragione di questa ricostruzione che Piccolotto «denuncia» formalmente quel dirigente nonché le altre persone che eventualmente dovessero essere «ritenute corresponsabili per quei reati che verranno ravvisati nei fatti esposti». Detta in parole povere la lamentela di Piccolotto suona più o meno così. “Cara Arpav, ma come diamine fai, in prima battuta, a negarmi i risultati delle analisi perché mi dici che ci vuole l'ok della procura e poi quando questo nulla osta arriva mi dici che le analisi non le hai mai fatte?”. Adesso la palla passa alla magistratura trevigiana. Si tratta dell'ennesima grana sul percorso della Pedemontana (al cui concessionario in questo frangente per vero non viene mosso alcun rilievo): una Pedemontana che nel suo versante vicentino per vero è finita a più riprese nel mirino della magistratura penale berica.

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