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Ammassamenti in montagna, il fallimento del "patto sociale" proposto da Luca Zaia

I numeri e le foto parlano chiaro: i veneti hanno ignorato il Presidente della Regione e in un weekend lungo flagellato dal maltempo, hanno preso d'assalto le alte quote. Altro che Covid, il Soccorso Alpino parla di un anno, il 2020, con un numero di interventi mai registrato in precedenza

È un fenomeno al quale è difficile dare un nome. La situazione negli ospedali Veneti è sempre più critica, la pressione di ricoverati per Covid nelle terapie intensive si sente e non poco. Per quanto il sistema sanitario della regione tenga duro, le problematiche nei nosocomi si accumulano. L'epidemia allunga i tempi per le altre visite "no-covid", e i posti per i trattamenti di patologie diverse da quelle causate dal virus scarseggiano. L'unica soluzione è quella di ridurre il contagio. Non facile farlo in una situazione promiscua come quella attuale, dove le disposizioni del Governo italiano e della Regione Veneto più che applicare rigidi divieti - per cercare di evitare gli effetti di un lockdown sull'economia - puntano sulla sensibilizzazione dei cittadini. Sono quotidiani e incessanti gli appelli alla popolazione di evitare ammassamenti. Ma sono appelli che spesso cadono nel vuoto. Lo dimostra la frenetica corsa, l'impulso irresistibile di affollare le località montane alla ricerca di uno svago tra la neve. Le file di vacanzieri dell'appena passato ponte dell'Immacolata verso la montagna ricoperta di neve dopo le precipitazioni degli ultimi giorni, è il segno più evidente di un fenomeno di massa che va contro ogni buon senso. Un impulso che, alla luce della grave emergenza che il Veneto e l'Italia sta attraversando, sembra andare contro ogni logica. 

Le foto che mostrano file di auto in coda verso le montagne di un Veneto peraltro duramente colpito anche questa volta dal maltempo e - nonostante la collocazione in fascia gialla - ai limiti della resistenza ospedaliera a causa dei ricoveri Covid - mostrano chiaramente quanto la "fiducia nei veneti" sia stata un completo fallimento. Ammassamento vuol dire contagio. Contagio significa aumento degli infetti e, di conseguenza, ospedali che si riempiono e restrizioni che di sicuro non mancheranno ad arrivare. Come detto prima, questo fenomeno di mancata presa di coscienza civile, quasi di dimenticanza del "reale" sarà probabilmente oggetto di studio sociologico nel futuro. 

Il presente è invece quello di una regione, il Veneto, al limite delle risorse, che somma disastri dovuti al maltempo a ospedali pieni, a contagi in continua crescita e a un presidente della Regione che fatica sempre di più a mantenere un equilibrio tra l'andamento della curva, ripetendo continuamente da giorni la "speranza di una imminente decrescita" e le concessioni date al popolo veneto in termini di mobilità e di aperture, con un forte dialogo con Roma che fino a ora ha sempre vinto, riuscendo, tra il labirinto dei numeri e sicuramente qualche carta politica, a non far passare il Veneto in zona arancione o rossa. 

Ma se la prova del nove era il ponte dell'Immacolata, si può dire che le foto della "frenesia da gita sulla neve" e il chiaro sdegno dell'assessore Lanzarin "Queste condizioni chiedono comportamenti responsabili, non sono tollerate le passeggiate in mezzo alla neve come quelle effettuate da numerose persone questa mattina o gli assembramenti senza mascherine nei centri urbani" (come ha scritto ieri in un post) significano solo una cosa: che il "patto sociale", ovvero l'appello di Zaia al suo popolo sull'essere responsabili, non ha funzionato. I messaggi sono stati vani, il ripetere costantemente ai veneti di evitare certi comportamenti è stato un parlare ai sordi. A tal punto che nemmeno le condizioni climatiche di un weekend lungo e flagellato da pioggia e neve hanno fatto desistere i vacanzieri della domenica a mettersi in auto. 

L'appello lanciato oggi dal Soccorso Alpino, rende ancora più inquietante questo frenesia irrefrenabile di movimento e di ammassamento, soprattutto in montagna. Guarda caso, il dato che più colpisce è quello degli incidenti in quota: gli interventi di soccorso nel 2020 hanno raggiunto un numero mai registrato prima. 

«A seguito delle straordinarie nevicate di questi giorni, quest’anno nel post emergenza meteo e in periodo Covid più che mai, vi invitiamo alla massima prudenza nelle vostre attività all’aria aperta. Il nostro appello è rivolto come sempre ai frequentatori abituali della montagna in veste invernale, ma soprattutto a quanti, anche a seguito della chiusura degli impianti e in alternativa ad altre attività precluse dai regolamenti antiCovid in vigore, vi si avventureranno per la prima volta o con poca esperienza alle spalle. Dalla riapertura post lockdown di maggio, per tutta l’estate, fino a questo autunno, data l’elevata affluenza sui nostri monti, gli interventi nel 2020 hanno raggiunto un numero mai registrato in precedenza, con tante emergenze legate a un approccio purtroppo superficiale, all’impreparazione, a inadeguati abbigliamento e attrezzatura. Il timore è che un’analoga situazione si manifesti nelle prossime settimane, con scialpinisti, ciaspolatori, escursionisti alle prime armi, che possano mettersi in situazioni di rischio».

È questo il messaggio, chiaro e lampante come la neve, lanciato dal Soccorso Alpino. Siamo nel pieno di un'epidemia e la montagna non solo è presa d'assalto da chi magari è preparato ad andarci ma anche da un numero crescente di persone inesperte. All'emergenza sanitaria si aggiunge quindi quella degli infortuni per "escursionisti della domenica" che prendono alla leggera o ignorano non solo il virus ma anche i pericoli di escursioni che possono rivelarsi molto pericolose.   L'appello del CNSAS Veneto è semplice e lineare. Lo riportiamo, nella speranza che non venga ignorato: 

«Sulla neve non esitate a contattare Guide Alpine e istruttori del Cai per avere informazioni e verificare la possibilità di effettuare attività o seguire corsi in esterno, compatibilmente con le norme antiCovid vigenti. Non muovetevi mai senza avere controllato il bollettino meteo e neve/valanghe, informatevi dettagliatamente sulla vostra meta, dotatevi dei dispositivi di autosoccorso – Artva, pala e sonda – in qualsiasi luogo al di fuori delle piste battute, indossate abbigliamento e calzature appropriate, scegliete itinerari alla vostra portata fisica e psicologica.

Attenzione inoltre alle scivolate sul ghiaccio a qualsiasi quota. Le basse temperature quotidiane originano sottili strati di brina, sufficienti a rendere insidioso terreno, sassi e radici. Dove la neve non è arrivata, specie nelle esposizioni a nord, gli affioramenti d'acqua si trasformano in scivoli pericolosi. Siate prudenti lungo ogni itinerario, anche quelli più familiari, fermatevi non appena percepite che qualcosa non va e tornate sui vostri passi. Ricordate che ramponcini, catenelle e similari, sono adatti solo alle strade pianeggianti o ai terreni con lieve pendenza. In tutti gli altri casi indossate sempre i ramponi, bloccandoli, come specificato per ciascuna marca, agli opportuni scarponi. A quote elevate su percorsi impegnativi, ai ramponi unite la piccozza e partite solo se avete familiarità con le tecniche alpinistiche e la movimentazione in ambiente invernale. Non dimenticate che in questi mesi le ore di luce sono poche, rientrate presto e, in ogni caso, portate con voi pile e frontali. Indossate abbigliamento termico a strati e caricate nello zaino un cambio. Evitate di muovervi da soli, avvertite della vostra meta, dell'orario di rientro e se siete in ritardo. In caso di necessità contattate il 118.

Osservate sempre le disposizioni anti-Covid previste a livello nazionale e regionale, ricordando che in questo momento il comparto sanitario è già impegnato a fronteggiare l'emergenza nazionale in corso».

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