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Mercoledì, 6 Dicembre 2023
Attualità Montebello Vicentino

Agguato al cantiere Tav? Rimbalzano gli echi fra spettri mafiosi e «cantieri colabrodo»

Mentre proseguono le indagini dei carabinieri sul movente del «brutale pestaggio avvenuto nell'Ovest vicentino, tornano a materializzarsi i timori dei sindacati sulla sicurezza interna ed esterna rispetto alle aree di lavoro: frattanto, seppur a mezza bocca, fra gli amministratori del comprensorio si torna a parlare di rischio 'ndrangheta

«C'è una delicata indagine in corso. E visto il momento preferiamo declinare ogni commento». È laconico l'amministratore delegato della romana Salcef Valeriano Salciccia dopo che ieri 22 settembre i carabinieri della città palladiana, coordinati dalla procura berica, hanno reso noto che uno dei direttori tecnici della società, incaricato presso il cantiere Tav di Montebello Vicentino, era stato pestato a sangue da tre malviventi provenienti dal Milanese e dal Monezese le cui generalità non sono state rese note: tale scelta peraltro non è stata motivata. Per di più al momento nemmeno non si conoscono nel dettaglio i capi d'accusa formulati dalla magistratura inquirente.

IN TRE CONTRO UN 66ENNE: LE BOTTE DA ORBI E LA MAZZA DA BASEBALL
L'episodio a suon di colpi inferti con una mazza da baseball, di cui ha fatto le spese il 66enne ravennate di natali romani Bruno Giovannini ha lasciato in un silenzio artificiale istituzioni, politica, sindacati e organizzazioni datoriali i quali, dopo che la stampa ha dato conto dell'aggressione patita dal manager il 2 maggio scorso, non hanno ancora preso posizione esplicita sull'argomento. La Salcef peraltro, notissima nella capitale, uno dei leader nazionali nei lavori di progettazione e messa in opera nei cantieri ferroviari (come quello dell'Alta capacità - Alta velocità di Montebello), è pure conosciuta come una società seria, ben organizzata e molto rigorosa.

INDAGINI A 360 GRADI
Al momento gli inquirenti, da quanto è stato possibile ricostruire stanno passando al vaglio tutte le piste: a partire da quella del crimine organizzato. Il cantiere Tav di Montebello infatti a metà luglio era stato oggetto di un blitz interforze coordinato dalla prefettura di Vicenza. Si trattò all'epoca una operazione di prevenzione non riferibile alla magistratura penale ma non è da escludersi che durante quella sortita siano stati messi a segno controlli utilizzabili anche, ma non solo, nella inchiesta penale scaturita dal pestaggio patito dal manager della Salcem. Il quale pur tornato da poco al lavoro ancora sta subendo sulla propria sul proprio fisico e sulla propria psiche i traumi di quell'episodio: sul movente «di quel brutale pestaggio» rimane strettissimo il riserbo istruttorio.

NELLE PIEGHE DEL BLITZ
Ad ogni modo a margine della operazione coordinata dall'Ufficio territoriale del governo, al cui vertice oggi siede il dottore Salvatore Caccamo, emerse un dato preoccupante. Il perimetro dei cantieri era oltremodo permeabile tanto che all'arrivo delle forze dell'ordine ci fu un fuggi fuggi di operai, probabilmente perché non in regola con le carte. Una circostanza che astrattamente può permettere a malintenzionati e a lavoratori in nero, magari giunti in loco su richiesta di qualche subappaltatore senza scrupoli di avere manodopera irregolare e sottocosto. Caccamo sarebbe stato immediatamente messo a parte di tutte le criticità riscontrate tra le quali i danneggiamenti agli stessi cantieri.

UNA QUESTIONE DI «PERFORABILITÀ»
Un altro rischio registrato dalle forze dell'ordine riguardava «la perforabilità» dei cantieri da parte di chiunque possa immaginare quei siti al fine di sversamenti di natura illecita. Tanto che anche i sindacati a più riprese hanno parlato di «cantieri colabrodo» invitando le istituzioni e il contraente generale incaricato di progettazione e costruzione (il consorzio Iricav 2) a impegnarsi di più, ciascuno per quanto dovuto, nei controlli. Basta infatti un breve sopralluogo in zona, anche a ridosso della stazione di Montebello Vicentino per verificare quanto denunciato dai sindacati.

I PRECEDENTI INQUIETANTI
Peraltro già il 4 marzo del 2022 Vicenzatoday.it aveva scovato fra le pieghe di una inchiesta della procura antimafia milanese sulla presenza della 'ndrangheta «nei cantieri ferroviari Rfi di mezza Italia» (così scriveva allora Il Fatto quotidiano) un anfratto che riguardava proprio il cantiere dell'Ovest vicentino a Montebello.

L'OMBRA DEI CLAN
Ed è in quel momento che su una parte degli amministratori del comprensorio cominciò a fare capolino il timore che in quella porzione del Veneto fosse attivo un sodalizio criminale riferibile «al superclan» di 'ndrangheta Nicoscia-Arena. Si tratta di una organizzazione criminale attiva in Calabria tra le altre a Isola Capo Rizzuto e nel Catanzarese con alleanze di rilievo con un altro clan trapiantato in Emilia e nel Nordest ossia i Grande Aracri.

SILENZI E BRUSII
Timori che, a mezza bocca perché la politica «in un melange tra ansia e omertà» è molto restia a parlare ad alta voce, in qualche modo si sono materializzati di nuovo quando a metà agosto sia i media regionali sia quelli nazionali hanno dato ampio spazio alla presenza dei Nicosia-Arena lungo l'asse Verona-Vicenza. Tra le poche voci che in queste ore si è fatta sentire con una certa forza c'è quella del deputato Erik Pretto. Leghista di Marano Vicentino, Pretto in una nota diramata oggi pomeriggio ha espresso solidarietà e vicinanza al manager aggredito a Montebello.

IL J'ACCUSE DEL PROFESSOR GUIDOTTO
Ad ogni buon conto, «a differenza di quanto spesso sostenuto anche in certi settori delle istituzioni» la presenza della 'ndrangheta nel Veronese non è il frutto «di una semplice penetrazione», bensì di un radicamento «concepito» su base mafiosa, politica e massonica già a partire dagli anni '70. Questo è il rilievo che a più riprese è stato illustrato durante la sua attività convegnistica dal professore Enzo Guidotto, già consulente della Commissione bicamerale antimafia nonché presidente dell'Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso.

«OPERAZIONE RE DELLE TRUFFE»: LO STIGMA DI COSA NOSTRA CATANESE
Tra l'altro in tema di criminalità organizzata c'è un'altra indagine che in questo momento sta spazzando Veneziano, Padovano, Vicentino, Bellunese e altri territori. È quella nota come «Re delle truffe». Ne ha parlato lungamente ieri Cesare Arcolini su Padovaoggi.it. Al centro di quella indagine infatti ci sarebbe un noto faccendiere affiliato a Cosa nostra del versante catanese.

TRA ATTUALITÀ E STORIA RECENTE
Per giunta i rimandi all'attualità o alla storia più recente non mancano. Basti pensare al maxi sequestro di cocaina avvenuto nel 2018 proprio nelle pertinenze di una conceria di Montebello. Quella vicenda, quantomeno sul piano mediatico, si occultò quando la Commissione antimafia, invitato il procuratore antimafia del Veneto Bruno Cherchi a fornire qualche informazione sul caso, acconsentì alla richiesta di quest'ultimo di oscurare la seduta pubblica della stessa commissione. Era il maggio del 2021. La cosa suscitò la stizza di una parte degli attivisti del mondo dell'antimafia. Poi di quel caso non si seppe più nulla.

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