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Spv, l'inchiesta e le nubi sulla direzione lavori

Mentre deflagra l'ultima inchiesta sulla Pedemontana emergono una serie di addebiti sulla progettazione e la direzione lavori «di cui la Regione Veneto non tenne conto». E non mancano i dubbi sul sindacato

L'inchiesta monstre che la magistratura vicentina ha avviato nei confronti della Superstrada pedemontana veneta sta scuotendo il mondo politico regionale. L'accusa nei confronti di chi sta realizzando l'opera è gravissima: utilizzo di materiale non conforme in truffa ai danni degli enti pubblici. Tanto che gli ambientalisti sparano ad alzo zero sulla giunta regionale veneta.

UNA GIORNATA BOLLENTE
Ieri sul fronte delle polemiche nei confronti della Pedemontana veneta, nota anche come Spv, è stata una giornata in cui la temperatura è schizzata alle stelle. Il Covepa, una delle associazioni che da anni si batte contro l'opera, in una nota diffusa sul suo blog ha sparato a palle incatenate contro palazzo Balbi.

«Le intercettazioni pubblicate sulla stampa parlano di un sistema truffaldino ammesso bellamente durante le conversazioni telefoniche di questi signori che avrebbero dovuto garantire la qualitá dell'opera, nonchè la sicurezza di cittadini e operai. Invece è successo ben altro». E ancora «A questo punto visto il silenzio assordante della giunta capitanata dal leghista Luca Zaia c'è una domanda che sorge spontanea. Il governatore da che parte sta? Dalla parte di chi è accusato di reati gravissimi che possono anche essere l'epilogo di eventi mortali o dalla parte della legalità?».

Un ragionamento che poi si conclude con un'altra bordata: «Come vanno interpretate le ambigue dichiarazioni alla stampa del presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti della Lega? Che c'entra la sua funzione con questa vicenda? A chi è rivolto il suo messaggio trasversale quando dopo lo scandalo di queste ore sui media veneti fa facendo bizzarri riferimenti parlando di abbondanza di ghiaia? Chi sono i destinatari ultimi di questo messaggio cifrato? C'è fra loro qualche sub-fornitore del concesionario della Sis che si è fatto sfuggire quache parola di troppo? A questo punto Zaia in persona... deve produrre in tempi brevissimi l'elenco millimetrico dei controlli amministrativi e sul campo compiuti dalla Regione. Se ciò non avverrà nel giro di un paio di giorni vuol dire che palazzo Balbi da tempo, politicamente parlando, si è trasformato in una escrescenza o in una sussidiaria del concessionario della Spv ovvero della Sis».

I DUBBI SI MOLTIPLICANO
Tuttavia nella nota diramata ieri dal Covepa c'è un passaggio cruciale che non riguarda tanto la polemica, ma riguarda l'atteggiamento di palazzo Balbi nei confronti della direzione dei lavori curata dalla Sis che giustappunto è il concessionario incaricato della realizzazione e della gestione della infrastruttura.

«Chi è la figura che per prima avrebbe dovuto garantire la integrità della commessa? Si tratta del direttore dei lavori, l'ingegnere Adriano Turso, il quale ricordiamolo una volta ancora non è solo una figura riferibile alla parte privata, ma in ragione della natura della commessa in project financing, è anche un pubblico ufficiale facente funzione». Poi un altro addebito: «Il Covepa da tempo ha segnalato nelle sedi opportune, le incognite che si addensavano su questo personaggio. E adesso alla luce dei fatti possiamo constatare effettivamente quanto la Regione Veneto abbia, anzi non abbia, fatto in termini di controlli preventivi. Ricordiamo a tutti che la Regione, che è il concedente dell'opera, avrebbe dovuto agire con occhiuta terzietá, non tifando per l'opera, impegnandosi bensì a contestare al concessionario, ove necessario, anche la singola virgola anche il punto decimale».

L'ESPOSTO DEL 2017


Ora che non si tratti di una semplice querelle ma di un rilievo su basi sostanziate lo dimostra il lungo esposto che il primo progettista della Spv, la società di ingegneria Sics, inviò a Zaia nel gennaio del 2017 nel quale senza andare troppo per il sottile si parla di «pratiche del tutto non ortodosse seguite per affidamenti, subaffidamenti non soggetti ad autorizzazione, subappalti ed interessi privati che nulla hanno a che fare con il sano utilizzo delle risorse pubbliche, con evidente e conclamata responsabilità erariale».

E ancora in quelle diciotto pagine fitte di dati e riferimenti sta anche scritto che «il progetto originario dell'opera è stato oggetto di continue rielaborazioni, già immediatamente dopo l'approvazione del preliminare da parte del Cipe, ed anche di contestazioni da parte di alcuni enti locali, che ne hanno lamentato lo scarso approfondimento tecnico... Il costo di realizzazione, nel corso degli anni, è cresciuto notevolmente, superando con gli oneri capitalizzati, i tre miliardi, anche a causa delle rimodulazioni progettuali e delle opere compensative richieste dagli enti locali».

Poi in un crescendo incalzante c'è uno dei passaggi chiave riferibile ai fatti di questi giorni: «... Modesta risulta l'attività di controllo e di monitoraggio dell'opera, anche a causa della direzione dei lavori affidata, per disposizione legislativa, all'esecutore stesso. Il collaudo è stato affidato all'esterno della stazione appaltante ed intuitu personae. Il pagamento dei collaudatori a carico del concessionario è contrario al principio del buon andamento amministrativo, dal momento che la loro posizione quali contraddittori dell'esecutore non tollera condizionamenti».

Si tratta di parole che rilette col filtro degli ultimi eventi si trasformano in un mix esplosivo. «Noi - fa sapere il portavoce del Covepa Massimo Follesa - segnalammo queste e altre anomalie alla Guardia di finanza di Venezia-Mestre perché ritenevamo ci fossero diverse anomalie in capo agli organi regionali che avrebbero dovuto vigilare l'iter di questa opera. A breve ci recheremo in procura per conoscere quali e quante indagini ha condotto l'autorità giudiziaria in laguna».

Si tratta di parole che pesano come pietre anche alla luce del fatto che in quell'esposto viene riportato che a fronte dei soli 1,8 milioni di euro richiesti da Sics, primo progettista della Spv alla galassia del concessionario, «la Regione Veneto ha erogato, a tutt'oggi», allo stesso concessionario, sempre per la progettazione, «circa 34 milioni,  ossia il 1.700% in più di quanto ne sono stati corrisposti ai reali progettisti delle opere in argomento». Tanto che Follesa, commentando questo «colossale squilibrio nelle cifre» si chiede come mai quando i media  «svelarono il contenuto dell'esposto la Regione minimizzò il tutto. Di quegli addebiti tanto pesanti - aggiunge il portavoce - a palazzo Balbi non si tenne dovutamente conto». 

LA PROCURA SI MUOVE

Peraltro in considerazione del contenuto dell'esposto del 2017 l'autorità giudiziaria potrebbe avere acceso un riflettore sul direttori dei lavori, l'ingegnere messinese Turso che risulta tra gli indagati nell'ambito della inchiesta che da qualche giorno sta facendo scalpore. Con lui risultano indagati anche il responsabile tecnico della Sis, Giovanni D'Agostino di Avellino, Luigi Cordaro di Messina, direttore di cantiere, nonché Fabrizio Saretta, di Granarolo Emilia, responsabile «del lotto 1». Gli inquirenti, coordinati dal titolare della indagine ovvero il pubblico ministero Cristina Carunchio, in questa vicenda dovranno capire anche quale ruolo abbiano giocato le ditte fornitrici, che stando sempre a Il Giornale di Vicenza del 6 luglio a pagina 29 non risultano indagate: sono la Arco srl di Brescia, la Macevi srl di Mogliano Veneto, la Fratelli Crestan srl di Trissino, la Edilcentro srl di Piovene Rocchette, la Picenumplast spa di Magliano Tenna, la Dywit spa di Cusano e la Assotubi spa di Cesena.

GLI OPERAI E L'ACCUSA AL SINDACATO

Tra le notizie che in queste ore hanno più fatto parlare sui media ci sono i cenni dell'inchiesta ai timori espressi dagli operai. Che in più di una occasione avrebbero avuto paura di entrare nel cantiere del tunnel in ragione di alcune gettate che sarebbero cadute dalla volta della galleria di Malo, da anni peraltro al centro di molte polemiche anche giudiziarie. «In alcune circostanze - fa sapere uno di loro che chiede l'anonimato - lo spavento e l'angoscia l'hanno fatta da padrona. Non c'era solo la volta. Ci sono le condizioni incredibili in cui le mine venivano detonate. E poi l'acqua che quando la pioggia è stata abbondante veniva fuori da tutte le parti, per non parlare della qualità dell'aria. Attorno a noi c'è un cordone sanitario fatto di silenzio che chi sta fuori non può nemmeno immaginare».  Poi un'accusa che potrebbe lasciare il segno: «I vertici provinciali se non anche quelli regionali di Fillea Filca Feneal erano a conoscenza di queste condizioni di lavoro da brivido. Il fatto che dopo il putiferio uscito sui giornali se ne siano state zitte zitte la dice lunga su come questi signori tengano ai lavoratori, ai quali, forse, sono interessate solo in termini di tesseramento. Sulla Pedemontana il sindacato è volontariamente assente». Le tre sigle sono quelle che rispettivamente per Cgil, Cisl e Uil tutelano i lavoratori del settore edile.

LO SPISAL

E che la partita sul fronte della sicurezza sui luoghi di lavoro sia bollente e che riguardi in primis, ma non solo, la Regione lo si può evincere da un altro elemento. Da anni la Galleria Malo-Castelgomberto è al centro di polemiche infinite. Al di là degli imbarazzanti silenzi che avrebbero interessato alcune sigle sindacali c'è un altro apetto da considerare. Dopo i fatti gravi degli anni passati (un crollo in galleria ed un morto a Malo, un cantiere inghiottito nel ventre della terra a Castelgomberto) come si è comportato a fronte di queste avvisaglie il lo Spisal, ossia il sevizio di prevenzione infortuni dell'Ulss che in ultimo fa capo alla Regione Veneto? Quanti controlli a sorpresa sono stati effettuati? Quante sanzioni sono state elevate? In cantieri come quello di Malo infatti le condizioni di sicurezza sono strettamente connesse con il rispetto dei capitolati in termine di bontà dei materiali. Anche su questo versante la giunta regionale, almeno per il momento, non ha preso posizione.

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