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Vicenza, il supermarket è sempre aperto, ma il progetto sportivo dov'è?

Ancora una volta la squadra si presenterà ai nastri di partenza completamente rinnovata. Sei degli undici titolari della scorsa stagione sono già partiti e si preannuncia l'ennesimo rimpasto con l'azzeramento o quasi del lavoro passato

"Visto che la categoria è rimasta la stessa dobbiamo far si che la società possa vivere indipendentemente dal risultato sportivo, perché una azienda non può sopravvivere solo se vince. Dobbiamo creare una azienda che ha il suo fulcro nell'evento sportivo ma che non può prescindere solo da esso. Certo, il risultato è determinante, ma il Club deve poter continuare ad andare avanti indipendentemente dai risultati della squadra, che ovviamente speriamo tutti possano essere positivi..."

SCIOPERO DEL TIFO, CHE NE PENSATE? 

Queste parole, pronunciate dall'Amministratore Delegato Dario Cassingena alla presentazione del nuovo direttore generale Andrea Gazzoli, contengono tutta l'essenza di dieci anni di una maledizione sportiva che ha colpito Vicenza. Peggio di quelle di Babe Ruth per i Boston Red Sox o di Bela Guttmann per il Benfica. Almeno lì, l'anatema valeva per la vittoria finale, dopo un percorso comunque ricco di soddisfazioni. Qui invece in dieci anni si sono ottenute "solo" tre retrocessioni sul campo e un fardello di 16 milioni di debiti ufficiali a fronte di una squadra che mai, e sottolineiamo mai, ha cercato con forza, convinzione e dispendio di mezzi, il salto di qualità.

Apprendiamo dunque che il Vicenza si è trasformato da società calcistica ad "azienda". In questa trasformazione ha perso una generazione di tifosi. Prima dell'avvento dei nuovi proprietari, i tifosi biancorossi di qualsiasi età avevano una loro squadra da cui attingere dolci ricordi. Il Vicenza di GB Fabbri, quello di Giorgi, Ulivieri o Guidolin. Da dieci anni non esiste più un Vicenza da recitare a memoria. Non esiste più un allenatore o un capitano a cui legare un momento esaltante della storia biancorossa.

Se l' "azienda" deve "vivere indipendentemente dal risultato sportivo", la mancata programmazione nella creazione di un team vincente è comunque una politica miope da parte di chi sta nella stanza dei bottoni. Assemblare una squadra, inserendo di anno in anno gli elementi che mancano per creare una formazione competitiva, pare non sia proponibile nel concetto di  "azienda" che come un supermarket, un negozio di scarpe o una salumeria, mette di volta in volta in vendita i suoi prodotti, cercando di ottenerne il massimo profitto. Ecco dunque che la squadra che, nella scorsa stagione, pur senza esaltare, aveva dimostrato qualità interessanti per la categoria, viene puntualmente sminuzzata e smembrata. Sei degli undici titolari del Vicenza di Lopez (Alfonso, Padalino, Castiglia, Jadid, Tulli, Mustacchio) sono già fuori dai giochi. Alcuni di questi, anche a detta del tecnico, di cui saremmo curiosi di conoscere oggi lo stato d'animo, dovevano essere pedine perno della squadra, ma poco importa. L'importante è rinnovare gli scaffali e dare una rinfrescata alla vetrina. Ecco quindi che in arrivo c'è l'ennesimo tourbillon di giocatori, sulle cui doti tecniche non vale neanche la pena dilungarsi. Inserire anche il miglior giocatore, in un contesto privo di qualsiasi programmazione, è un'operazione simile a mischiare a caso buoni ingredienti, sperando che ne venga fuori un gusto gradevole. A volte può anche capitare, ma solo incrociando le dita di strada se ne fa poca.

Il club "deve" poter continuare ad andare avanti indipendentemente dai risultati della squadra, ribadisce il buon Dario Cassingena. A parte il fatto che questo club sta andando avanti da un decennio indipendentemente dai risultati, che non sono mai arrivati, ci chiediamo perchè, visto che il risultato sportivo dovrebbe essere la priorità se non immediata, almeno a breve/medio termine di chi decide di acquistare una società di calcio. Dovrebbe appunto, ma il dubbio su quale sia questa priorità nasce alla luce delle numerose trattative di vendita fallite in questi anni, ad un passo dalla meta.

Dopo ogni delusione (per i tifosi) abbiamo visto troppo spesso facce sorridenti e rilassate, sia tra giocatori che nella proprietà, per poter dedurre che a Vicenza fallire un obiettivo sia considerata un'onta da cancellare o un punto di partenza da cui ripartire per migliorare. Come in qualsiasi altro ambiente di lavoro, chi arriva in biancorosso percepisce subito la mancanza di qualsiasi tipo di ambizione sportiva e progettualità e vi si adegua prontamente, in un appiattimento generale dalla conseguenze mortifere. E' questo il progetto a cui i giocatori o allenatori che arrivano a Vicenza dichiarano di aderire con entusiasmo? Visti i risultati insufficienti che ottengono in biancorosso, e quelli decisamente migliori che raggiungono altrove, sembra proprio di sì.

Partano dunque altri (Giacomelli? Maritato?) e sotto con i nuovi Calzi, Brighenti, Spiridonovic, Urso, Zima, Gerbaudo e chi più ne ha più ne metta. Incrociamo le dita e speriamo che il gusto sia gradevole. Nel frattempo i tifosi, come annunciato, probabilmente se ne staranno a casa e i più giovani di loro magari sceglieranno di tifare un'altra azienda... , pardon, un'altra squadra.

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