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Caos Figc, Corioni: "Quando Tavecchio, Macalli e Abete annullarono Baggio"

A una manciata di giorni dall'assemblea elettiva che dovrebbe decidere il prossimo presidente, l'ex patron del Brescia spiega a Il Fatto Quotidiano come il progetto del campione vicentino venne neutralizzato"

Lo aveva detto lui stesso, con la chiarezza e la semplicità che lo contraddistinguono da sempre: "Ho provato a esercitare il ruolo che mi era stato affidato, non mi è stato consentito e non sono più disposto ad andare avanti. Ho lavorato per rinnovare la formazione dalle fondamenta, creare buoni calciatori e buone persone. Ho presentato il mio progetto nel dicembre 2011, 900 pagine, ed è rimasto lettera morta. Non amo occupare le poltrone, ma fare le cose, quindi a malincuore ho deciso di lasciare".

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Così parlava Roberto Baggio il 24 gennaio del 2013, all'indomani delle sue dimissioni da presidente del settore tecnico della Figc. Con il suo ex presidente, Gino Corioni, era stato addirittura più esplicito, se possibile: "Non ne vale la pena, non puoi fare niente in federazione, questi chiaccherano". E "questi" erano Giancarlo Abete, dimessosi al fischio finale di Italia-Uruguay, Mario Macalli, presidente della Lega Pro, ora sotto inchiesta, e Carlo Tavecchio, presidente dei Dilettanti e candidato a presidente della federazione. 

Corioni, a Il Fatto quotidiano, spiega quale sarà la sua posizione in vista della prossima assembela elettiva, l'11 agosto: "Ci vuole un esterno, uno che  faccia davvero la rivoluzione. Abete e Tavecchio hanno rovinato il calcio italiano. Era il migliore d’Europa, adesso saremo tra i peggiori del mondo. Ci vuole un terremoto, qualcuno con due palle quadrate. Il diritto soggettivo per le squadre ha distrutto il sistema, i soldi non sono stati distribuiti bene: a chi tutto, a chi niente. Io lascio il Brescia in B perché non ho più il denaro per questo calcio italiano e non posso dire ai miei tifosi accontentatevi di una salvezza”. 

Ecco perchè Baggio lasciò: il suo progetto, ora fatto proprio, a parole, dal candidato Tavecchio, prevedeva un investimento da 10 milioni per i centri federali locali, dove formare i maestri locali che avrebbero poi dovuto selezionare le migliori promesse del calcio del futuro. I soldi, dice Il fatto, furono sì stanziati, ma poi congelati ed infine scomparsi. L'esito di questa politica è andata in onda in mondovisione il 23 giugno

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