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Buon Natale agrodolce di Renzo Rosso: Vicenza, tra amore e ragione

Il patron tocca con mano che Vicenza non è Bassano Alcune note a margine della serata d’auguri a Breganze nella sede di OTB

C’erano molte aspettative su quello che avrebbe rivelato Renzo Rosso e tutto sommato queste aspettative sono andate deluse, nel senso che il patron ha detto tante cose nel suo lungo intervento dal palco, senza tuttavia scendere in particolari sugli aspetti che forse più interessavano alla platea. I nomi dei nuovi soci che faranno parte della compagine societaria, ad esempio. O gli intendimenti che la dirigenza ha nel taccuino per superare la difficile contingenza di risultati in campionato.

Dal primo punto di vista si è limitato a ribadire d’aver coinvolto nel suo progetto alcune delle più dinamiche realtà imprenditoriali del territorio, dal secondo si è prodigato in complimenti per la squadra, che personalmente continua a considerare qualitativamente ottima e per i professionisti (leggi, Bedin, Seeber ecc.) che lo supportano a livello tecnico. Non c’è stato (e questo è un altro punto di un qualche significato) uno specifico attestato di stima per l’allenatore.

Il proprietario di via Schio si è definito “il primo deluso” per la situazione, ricordando che nella sua storia di manager è sempre stato abituato a vincere e di trovarsi piuttosto male quando le cose non girano per il verso giusto.

L’impressione è che si stia solo ora rendendo davvero conto di quanto il mondo del pallone sia una brutta bestia.

Durante l’esperienza di Bassano il calcio è stato poco più di un giocattolo, gestito spesso dal figlio Stefano. A Vicenza il suo ruolo è più diretto e il contesto nel quale si trova ad operare molto differente, con una pressione psicologica che non ha confronti col passato. In una provincia che vive di passione biancorossa, hai voglia di spiegare ai quattro venti l’avvio di una programmazione che prevede la promozione in un arco temporale diluito. Non appena l’undici di Colella è scivolato al nono posto, a 11 lunghezze dalla prima, tutti i bei discorsi sul piano quinquennale per il ritorno ad alto livello sono annegati sotto l’onda del malcontento di una parte dei tifosi. Quelli che vogliono tutto e subito. E’ un prezzo da pagare alle delusioni degli ultimi 15 anni, alle false promesse di rilancio, ai personaggi improbabili che hanno imperato solo a chiacchiere e distintivo.

Ora la gente non ha pazienza e scarseggia anche di fiducia.

E Renzo Rosso non può dare risposte immediate. Nelle sue aziende lui studia il mercato, inventa prodotti nuovi, programma la produzione, sostiene le vendite, valorizza il brend. Si è dimostrato un vincente. Il margine legato all’imponderabile esiste, ma, se sei davvero bravo, riesci a ridurlo al minimo. Nel calcio è diverso. Puoi essere creativo, innovativo e performante quanto ti pare, alla fine resti comunque alla mercè di 11 ragazzotti in braghe corte che nel fine settimana decidono su un rettangolo erboso l’efficacia del tuo duro lavoro.

Se vincono, sei un genio. Se perdono, sei un somaro.

Ho letto un certo smarrimento negli occhi di RR nel descrivere le ultime delusioni. Stiamo parlando di un uomo che vive assai intensamente i suoi amori, senza mezze misure. Il Lane l’ha conquistato in modo per certi versi inaspettato ma è difficile pensare che questo amore possa durare a lungo nel caso il patron dovesse rendersi conto che più in un’avventura imprenditoriale s’è infilato in un bingo sportivo. Non lo conosco profondamente, ma mi riesce arduo immaginarlo votato a tempo indeterminato in un’impresa nella quale non può governare adeguatamente tutte le variabili.

Com’è entrato nel calcio, potrebbe anche uscirne.

Deluso per non aver potuto fare il salto di qualità che sognava, ma razionale quanto basta per non votarsi ad una crociata perdente. Questa sua prima stagione quindi è fondamentale proprio per rinforzarlo in tutte le buone intenzioni espresse: verso una società finanziariamente forte, un settore giovanile rilanciato, un nuovo stadio di proprietà, un’immagine internazionale per la città e per il club. E’ un momento delicatissimo, nel quale occorre fare scelte coraggiose e determinare con lucidità i contorni dei problemi.

Io non sono d’accordo, tanto per esser chiari, sul fatto che questa squadra sia di alto livello: attualmente è una buona formazione da play off, che per avere ambizioni di vertice necessiterebbe (oltre a Cinelli) di altri 2/3 innesti di qualità. E di qui le domande: la sopracitata pianificazione prevede le risorse necessarie ad un rafforzamento con top player? L’obiettivo immediato è diventato la serie B oppure si vede ancora quest’anno come un torneo di transizione? Perché, dalla risposta a tali quesiti, discende anche una corretta valutazione sull’operato di Colella. Quest’estate si proclamava di non avere in testa agli obiettivi il salto di categoria direttamente il primo anno, ma che si sarebbe puntato ad un buon piazzamento e alla costruzione dell’ossatura della squadra del futuro, con la valorizzazione dei giovani. E’ cambiato qualcosa? Si ritiene adesso che il Vicenza, sic stantibus rebus, sia competitivo come Il Pordenone, la Ternana o la Feralpi Salò? Se la risposta è sì, allora andiamo col processo al mister. Se è no, allora il problema non sta certo nella panchina.

In ogni caso ci sono tre partite prima della fine dell’anno, per cui è difficile pensare subito ad un cambio di allenatore. Certi nodi però vanno sciolti subito, senza equivoci. Perché l’indeterminatezza è quanto meno ingenerosa nei confronti di Colella, il quale non si capisce bene se sia stato messo alla guida di una Ferrari, di una Skoda o di un’Ape…

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