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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Cornedo: terremoto continuo in contrada Tommasoni, le istituzioni stanno a guardare

A preannunciare imminenti azioni da parte della sua azienda è il dott. Ermes Trovò, Presidente di Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui si sono rivolte una trentina di famiglie di Contrada Tommasoni per ottenere giustizia

"Abbiamo cercato di aprire un tavolo per trovare soluzioni in grado di garantire il quieto vivere e la sicurezza dei residenti e, nel contempo, la possibilità dell'impresa di continuare l'attività. Ma di fronte al muro eretto dalla proprietà e al lassismo delle istituzioni, non ci resta che rompere gli indugi e intervenire noi direttamente".

A preannunciare imminenti azioni da parte della sua azienda è il dott. Ermes Trovò, Presidente di Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui si sono rivolte una trentina di famiglie di Contrada Tommasoni per ottenere giustizia. L'esistenza di questo quartiere tra i comuni di Cornedo Vicentino e Valdagno è sconvolta ormai da troppo tempo dalle lavorazioni della cava di marmo Grolla, che incombe sulle loro teste e che si sta anche "mangiando" il colle alle cui pendici sorge l'abitato. La cava della ditta Faba Marmi di Alessandro Faedo opera da anni in loco, ma la sua attività negli ultimi anni è cambiata come tipologia: ora si estrae graniglia e per ridurre in poltiglia il materiale vengono fatte esplodere delle mine con una certa frequenza, due-tre serie alla settimana, e ciascun ciclo può arrivare anche a una decina di esplosioni. La normale vita di questo nucleo abitato è scandita da queste deflagrazioni: c'è persino una sirena ad avvisare dell'inizio dei "botti", come per gli allarmi delle fabbriche.

Il risultato è un terremoto continuo, con boati che terrorizzano gli abitanti e con autentici movimenti tellurici che causano ingenti danni alle case, dove si sono aperte ampie crepe, sia all'esterno che all'interno: sono lesionate quasi tutte, a riprova che le fenditure sono provocate inequivocabilmente da questo tipo di "lavorazione", anche perché il terreno su cui sorgono è in roccia o in alluvioni addensate non soggette ad assestamenti. Vi sono anche perizie di tecnici a confermare che questo tipo di fessurazioni sono generate da un agente esterno e l'unica fonte di vibrazioni è, appunto, l'esplosivo usato in cantiere. Vari studi e normative nazionali ed internazionali avvertono della pericolosità di queste vibrazioni indotte dalle esplosioni se queste assumono una bassa frequenza similare a quella propria delle abitazioni, ed è questo il caso che si verifica nei siti delle aree residenziali posti in vicinanza alle cave Grolla e Cengi. La corrispondenza tra la frequenza delle vibrazioni indotte e la frequenza caratteristica degli immobili causa fenomeni di risonanza, pericolosa per la stabilità delle strutture abitative e causa di possibili fenomeni di fatica nei materiali che le costituiscono.

Senza poi contare che in un paio di occasioni, in particolare nel 2013, le mine hanno anche scagliato dei massi nei giardini delle abitazioni sottostanti, distanti poche centinaia di metri, e c'è mancato poco che ci scappasse il morto: una donna è stata sfiorata.

A questo vanno aggiunti i rumori, con i rilevamenti dell'Arpav che anche di recente hanno comprovato lo sforamento dei limiti acustici diurni, le polveri che si depositano ovunque e non si sa di quale natura siano e, soprattutto, il timore sempre più fondato per la stessa tenuta della collina dov'è incastonata la cava. Non essendo presente alcuna opera attiva preventiva di sostegno delle pareti più acclivi, c'è il timore che possano determinarsi crolli o ribaltamenti di porzioni delle pareti prospicienti all'abitato dei Tommasoni posto alla base del versante, con conseguente elevato pericolo per la salvaguardia e l'incolumità dei residenti.

L'obiettivo degli abitanti non è solo e tanto quello di ottenere un risarcimento dei danni materiali subiti dalle loro proprietà e di quelli esistenziali, ma soprattutto di fermare questo stato di cose ponendo dei limiti in ordine alla sicurezza e alla tutela ambientale per quest'impattante attività.

Finora, però, tutte le loro segnalazioni, le richieste e le denunce alle autorità competenti per verificare le autorizzazioni e misurare le vibrazioni utilizzando metodi comprovati e idonei non hanno prodotto risultati, men che meno le richieste al proprietario di adottare determinati accorgimenti per quanto meno limitare l'impatto delle lavorazioni, usando ad esempio un tipo diverso di esplosivo.

Di qui la loro decisione di rivolgersi, attraverso il consulente personale Simone Pinton, a Studio 3A che, come detto, prima di attuare la "linea dura", ha ritenuto opportuno tentare la via del dialogo con la proprietà e soprattutto con le istituzioni.

"Si è così arrivati ad un incontro con le autorità competenti, tenutosi l'8 marzo nella sede comunale di Cornedo Vicentino, al termine del quale gli Enti preposti, Provincia di Vicenza e i due Comuni di Cornedo e Valdagno in primis, si erano assunti determinati impegni di fronte a decine di residenti" spiega il dott. Trovò.

In particolare, si era raggiunto l'accordo di riunirsi a stretto giro di posta in un tavolo di concertazione tecnica per perfezionare e comprovare le richieste degli abitanti con l'ottica di migliorare la situazione attuale: ad esempio, si era convenuto di procedere a ulteriori rilevazioni posizionando fessurimetri sulle crepe di maggior rilevanza per un periodo prolungato di 6-12 mesi e di non limitare le misurazioni di vibrazioni indotte ai pianterreni delle case, ma di estenderle a quelli superiori, dove i dati sono più indicativi, tenendo anche in considerazione il fatto che per i cittadini la situazione non può continuare con l'attuale iter lavorativo delle cave durante il periodo delle misurazioni, in quanto si determinerebbero ulteriori danni e aggravio di pericolo ad abitazioni e residenti.

"Da allora, però, sono passati ormai più di tre mesi ma non abbiamo più sentito nessuno. E' chiaro che, vuoi per mancanza di mezzi e risorse - la Provincia, l'Ente deputato ai controlli, ha solo due tecnici per seguire le 200 cave del Vicentino -, vuoi per mancanza di volontà, agli Enti preposti non preme di risolvere i problemi. Ma noi non possiamo restare a guardare, non possiamo più accettare che i nostri assistiti vivano in queste condizioni e aspettare che la montagna crolli. Stiamo ultimando tutte le valutazioni tecniche, compreso un accurato controllo dei documenti autorizzativi e di valutazione d'impatto ambientale prodotti dalla cava, per decidere come intervenire in modo incisivo" conclude il Presidente di Studio 3A.

Non è escluso il ricorso alle vie legali, non solo in sede civile ma anche penale attraverso un esposto in Procura.

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