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Ombre scure sull'ospedale di Santorso

La struttura che serve tutti i centri dell'Alto vicentino presto diventerà un hub dedicato alla emergenza Covid-19. Ma i comitati e il Pd temono che sia il prologo di una chiusura già temuta in passato: proposte in campo per il De Lellis

Perché trasformare una parte dell'Ospedale di Santorso in uno dei futuri hub per il Covid-19 del Veneto quando ci sarebbe una struttura vuota come l'ex ospedale de Lellis a Schio che potrebbe svolgere egregiamente questo lavoro? È questo il quesito che ieri martedì 17 marzo il circolo scledense del Pd si è posto dopo avere pubblicato una nota firmata da Leonardo Dalla Vecchia, capogruppo dem al consiglio comunale della città laniera e dal segretario cittadino dello Pd ossia Daniele Dalla Costa. 

GLI INTERROGATIVI DEI DEMOCRATICI
«Innanzitutto - si domandano i due - vorremmo conoscere i criteri che hanno condotto i vertici regionali a far ricadere la scelta sull'Ospedale Alto vicentino. Vista la già critica situazione dei servizi sanitari nella nostra Ulss perchè è stato scelto proprio Santorso e non una diversa struttura? Perchè ad esempio non si è scelto di riconvertire il vecchio ospedale de Lellis di Schio, cogliendo l'occasione per ridare finalmente una vera utilità a questa struttura ormai abbandonata? La riconversione sarebbe stata, a differenza di quanto sta succedendo in altre città, troppo impegnativa?». Appresso i due distillano una seconda puntualizzazione. «Desideriamo sapere quali reparti e quali servizi verranno spostati da Santorso e dove i pazienti dovranno andare per curarsi durante l'emergenza. A questo punto perché allora non riportare provvisoriamente all'ospedale di Schio i reparti sospesi a Santorso?».

RICHIESTA DI GARANZIE
C'è poi una ultima considerazione: gli estensori della nota chiedono alla Regione che siano fornite formali garanzie affinché tutti i reparti e servizi sospesi a Santorso verranno riattivati passata l'emergenza coronavirus. Servizi che, ricordano Dalla Vecchia e Dalla Costa, erano già sotto pressione eccessiva ben prima dell'insorgere della pandemia. Per di più i due si dicono in grande apprensione per il personale ospedaliero di Santorso: «Ci auguriamo - si legge nel dispaccio - che saranno predisposti tutti gli strumenti necessari ad affrontare tale nuovo enorme sforzo affinché questo sia condotto con successo e in condizioni di sicurezza».

IL J'ACCUSE DEI COMITATI
Tuttavia anche i gruppi di cittadini sono sul piede di guerra. Sempre ieri il «Comitato sanità pubblica per l'Alto vicentino» ha fatto sentire la sua voce con un dispaccio di poche righe dai toni ancora più duri. «Se da un punto di vista tecnico e logistico - si legge - ci possono essere delle ragioni per concentrare i pazienti con coronavirus in un unico ospedale, per l'appunto quello di Santorso nel Vicentino, rimane forte il dubbio e la preoccupazione che, una volta finita questa emergenza, e speriamo che finisca al più presto, a Santorso rimangano sale vuote e i reparti trasferiti non ritornino». E ancora: «Con questa scelta della Regione Veneto, il nostro territorio è destinato a dare più di altri in termini di impegno e di solidarietà. Il rischio concreto, quando l'epidemia sarà passata, è che i reparti si assestino a Bassano, che diventerà a quel punto un ospedale unico. Con l'annuncio che Santorso diventerà un ospedale Hub dedicato al Covid-19 le terapie intensive saranno dedicate esclusivamente all'insufficienza respiratoria da polmonite Covid-19».

IL RISCHIO? UN COMPENSORIO SENZA NOSOCOMIO
In altre parole il comitato è preoccupato che una volta terminata l'emergenza all'ospedale di Santorso, quest'ultimo rimanga una sorta di guscio vuoto a fronte del quale gli utenti saranno costretti a rivolgersi ai nosocomi di Bassano o di Vicenza. Sull'ospedale di Santorso grava peraltro una polemica infinita perché costruito con la formula del project financing, la quale sul piano economico avrebbe messo alla corda l'economia dell'Ulss del comprensorio un tempo nota per i suoi servizi e il suo equilibrio.

Ad ogni buon conto il comitato non intende rimanere con le mani in mano e nella sua nota mette a nudo altre questioni. «La neurologia e la stroke-unit sono già chiuse e non ricevono più malati neurologici, l'unità coronarica e la cardiologia sono in via di chiusura, le sale operatorie anche. Santorso seguirà la sorte dell'ospedale di Schiavonia-Monselice nel Padovano, dedicato solo all'emergenza in corso, ma  le persone dell'Alto Vicentino continueranno ad ammalarsi di ictus, di infarto, di occlusione intestinale, di appendicite e di altro ancora. Verranno tutti trasferiti in altri ospedali? Accoglieremo tutti gli infettivi del Veneto e di altre regioni? Finita l'emergenza, che non sarà di giorni, ma di mesi, quale sarà il destino dell'ospedale? Ritornerà ad una normale attività o si trasformerà in un grande poliambulatorio, diventerà una lungodegenza?».

Secondo gli estensori del dispaccio si tratta di «interrogativi drammatici, ma legittimi anche in questa fase di emergenza. Il Comitato sanità pubblica dell'Alto vicentino, sollecitato in questi giorni da molti cittadini che lo considerano un riferimento dopo la partecipata manifestazione del 16 novembre 2019 in difesa proprio del nostro ospedale, si aspetta delle risposte chiare dalle Regione Veneto». Non più tardi di ieri sera si era mosso anche il consigliere Carlo Cunegato (Coalizione civica) che intervenendo sulla sua bacheca Facebook aveva scritto: «È giusto trovare una soluzione collettiva che risolva il problema che questa epidemia drammatica sta creando, non è giusto, ma tragicamente irresponsabile, lasciare un territorio privo dei servizi sanitari essenziali».

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