"Troiane": Teatro della Cenere al CS Bocciodromo di Vicenza
Venerdì 19 maggio alle 19 andrà in scena lo spettacolo "Troiane", ispirato a Omero ed Euripide a cura del Teatro della Cenere per il seconco capitolo della "Trilogia Pagana" con la regia e sceneggiatura di Marta Scaccia presso il CS Bocciodromo di Vicenza nell'ambito del festival "Il Corpo della Crisalide" (vedi programma). Interpreti: Martina Camani, Maria Cascone, Elisabetta Luise, Laura Mondin. Tecnico audio- luci: Marta Scaccia. E' la storia di una sconfitta e di una resistenza, che non si arresta, dove appaiono lo sguardo dei vinti, che non abbassano gli occhi, e dei ricordi, che non smettono di turbare come spettri instancabili su un presente fatto di macerie e corpi in rovina. E’ l’urlo di dolore e rivolta di una regina, Ecuba, che davanti alle mura che crollano non cessa di piangere i figli perduti, caricando sulle proprie spalle quello che resta di una città in fiamme. Quattro attrici vestite a lutto con abiti da principesse barocche celebrano il rito funebre così come la città ha stabilito, con i gesti composti della cerimonia concessa e il dolore misurato dentro una liturgia nota, ricordando il tempo in cui potevano danzare libere insieme ai figli e agli sposi. Ingresso libero. Per informazioni e prenotazioni: info@teatrodellacenere.it - 347.2193081.
TROIANE (tratto da www.teatrodellacenere.it). Un fiume di sangue scorre al centro della città, acqua sporca di rosso perché, se di guerra bisogna parlare, allora non si può sfuggire l’immagine di un torrente carico di corpi feriti e di un trono vuoto, dove nessuno siede perché l’antica città è caduta. Ecuba apre e chiude con le sue parole di una lingua innervata di suoni del dialetto napoletano l’intera performance perché, anche se la città è caduta e il suo potere non è più riconosciuto da alcuno, resta in lei il dovere e la responsabilità, il compito di condurre ancora le altre, le figlie, e di indicare il prossimo passo. Con un canto che è già lamento, le principesse di Troia accompagnano la morte, esprimono la perdita che cova nei loro corpi e cullano gli spiriti che devono lasciar andare, rimasti intrappolati nei corpi spezzati che le circondano. Da un momento all’altro cedono al dolore, si lasciano impazzire perché è l’unico modo per continuare a vivere in mezzo a tutta quella morte, al centro di quel lago di sangue. Per questo agiscono con un secondo rito, un contro-rituale che segue il primo, quello della follia che le domina: lo inventano secondo l’istinto dei loro corpi e compiono l’unico gesto possibile, quello di asciugare il sangue fino alla fine. E in una danza funebre poco a poco si immergono nell’acqua, si mescolano col sangue e la loro azione si fa sempre più disperata e furiosa, ormai incuranti del giudizio di chi le guarda agire sulla piazza che stanno occupando con la loro protesta.