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Sabato, 20 Aprile 2024
Economia

Libera la domenica: già raggiunte le 10mila firme, 2mila a Vicenza

Successo per l'iniziativa di Confesercenti, contro la liberalizzazione degli orari. Per arrivare alla presentazione della proposta di legge in Parlamento servono un numero minimo di 50.000 firme nelle varie regioni

E’ di pochi giorni fa l’annuncio nel corso di un Convegno Regionale di Confesercenti che la campagna Libera la domenica ha superato le 10.000 adesioni nel Veneto e in provincia di Vicenza si contano già oltre 2.000 sottoscrizioni. Firme di cittadini che si sono recati presso gli URP o gli uffici anagrafe dei propri Comuni oppure hanno aderito negli appositi punti di raccolta davanti alle chiese o durante i mercati della città e della provincia. Nella sola Vicenza si sono contati oltre 1.100 sottoscrittori.

Per arrivare alla presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare in Parlamento servono un numero minimo di 50.000 firme nelle varie regioni. Il tutto per l’abrogazione dell’art 31 del DL n. 201/2011 cosiddetto “Salva Italia” che ha portato alla totale liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande.

il comunicato

"L’iniziativa “Liberaladomenica” promossa da Confesercenti Nazionale, una delle due Associazioni maggiormente rappresentative dei settori del commercio, turismo e servizi, sta riscuotendo un forte interesse e innumerevoli adesioni da parte di piccole imprese, negozianti, lavoratori e semplici cittadini che condividono l’idea - scrive Confesercenti in un comunicato - Che è necessario tornare ad una regolamentazione degli orari dei negozi rispettosa del sacrosanto diritto al riposo settimanale. Questo impegno ha trovato il sostegno attivo anche della C.E.I. Conferenza Episcopale Italiana che ha permesso l’organizzazione di punti raccolta firme anche davanti alle chiese".

"Importantissima la partecipazione, per l’impegno organizzativo nella raccolta firme, di sindaci, consiglieri comunali e pubblici ufficiali che stanno operando come certificatori di tutte le attività. Lavoratori e lavoratrici si trovano nella situazione di non potersi dedicare agli affetti familiari e vengono penalizzati rispetto al trattamento economico per il fatto che il lavoro domenicale viene recuperato nel corso della settimana e viene corrisposta la sola maggiorazione per il lavoro straordinario. “L’assurda possibilità concessa alla grande distribuzione di tenere aperto durante tutte le festività, senza alcuna reale possibilità di concorrenza da parte dei negozi di vicinato, che non possono certo permettersi di aprire tutte le domeniche a causa della crisi e della evidente disparità strutturale, costituisce di fatto una posizione di monopolio economico e quindi l’esatto opposto rispetto a ciò che la norma, che si intende abrogare, voleva perseguire e cioè un più elevato grado di concorrenza” sottolinea Vincenzo Tamborra Direttore di Confesercenti Vicenza".

“Lo slancio che l’iniziativa sta avendo in queste settimane deve necessariamente verificare l’impegno delle forze politiche e soprattutto dei candidati al Parlamento Nazionale per le elezioni del 24 e 25 febbraio prossimi. Verrà chiesto loro di impegnarsi pubblicamente a sostenere attivamente, in caso di elezione, lo scopo contenuto nella proposta di legge”. Occorre ricordare che l’articolo di legge da abrogare ha avuto un altro risultato negativo, espropriando cioè le Regioni e i Comuni di competenze, previste dalla legislazione del commercio, che consentivano loro di programmare, secondo  le esigenze specifiche del loro territorio, un calendario di aperture festive compatibili con i principi del riposo settimanale e degli usi e delle tradizioni e delle possibili vocazioni turistiche".

“Non si tratta affatto quindi di una battaglia corporativa ma di un grande impegno per l’affermazione di principi di civiltà, di tutela della persona, di difesa di centinaia di migliaia di piccole attività, di mantenimento di un equilibrio nella presenza nel nostro Paese di diverse forme distributive contro l’omologazione imposta dalla grande distribuzione” conclude Tamborra".

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