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La verità dei Mastrotto: "Numeri esagerati, nessun lavoratore in nero"

In una nota, i fratelli Bruno e Santo Mastrotto precisano quanto riferito dalla Guardia di Finanza nei giorni scorsi: "Solo 53 milioni di imposte dirette evase e nessun lavoratore irregolare"

I fratelli Bruno e Santo Mastrotto si difendono dalle accuse. In una nota, hanno riferito i loro dati dell'inchiesta, diversi da quelli diffusi dalla Guardia di Finanza. "L'evasione è di circa 53 milioni di euro ai fini delle imposte dirette, circa 12 milioni di euro ai fini Iva e 8,8 milioni euro ai fini delle ritenute fiscali sulle retribuzioni - precisano - e nessun lavoratore era irregolare dal punto di vista contrattuale". Questo il testo diffuso:

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Con la presente nota i signori Bruno Mastrotto e Santo Mastrotto intendono riprendere e precisare il contenuto del comunicato stampa diffuso della Guardia di Finanza di Vicenza, in occasione della conferenza stampa indetta, per chiarire i dati riportati ed evitare, se possibile, una rappresentazione distorta della realtà dei fatti. 

Fin dal primo giorno della verifica abbiamo dato la massima disponibilità e collaborazione e abbiamo anche evidenziato, in modo concreto, la volontà di correggere comportamenti non corretti e prassi non conformi alla legge. Anche la Guardia di Finanza ci ha dato atto di questo atteggiamento. Il clamore mediatico, a seguito della conferenza stampa, è stato del tutto inaspettato per cui vogliamo prima di tutto fornire una chiave di lettura diversa rispetto a rappresentazioni che il comunicato stampa della Guardia di Finanza ha generato.
Una prima precisazione è doverosa e dovuta a tutti i soggetti che hanno riposto e ripongono fiducia nelle aziende del Gruppo: si tratta di una verifica fiscale, peraltro ancora in fase iniziale e quindi, ad oggi, per la maggior parte dei rilievi stiamo parlando solo della posizione della Guardia di Finanza che ha svolto l’attività istruttoria. Manca ancora la presa di posizione degli organi competenti per l’accertamento e resta tutta la fase di eventuale contenzioso. I dati conclusivi che di seguito vogliamo chiarire dimostrano in realtà che i numeri effettivi non sono né eclatanti né sconvolgenti.
 
 
Il dato degli imponibili

 
Nel comunicato stampa viene indicato un dato complessivo di 106 milioni di euro che sarebbero stati accertati con la verifica fiscale. Il dato complessivo dei rilievi porta però ad una pretesa tributaria su imponibili decisamente inferiori e cioè a circa 53 milioni di euro ai fini delle imposte dirette, circa 12 milioni di euro ai fini Iva e 8,8 milioni euro ai fini delle ritenute fiscali sulle retribuzioni. 
Precisiamo e ribadiamo - per quanto riguarda la società Gruppo Mastrotto Spa -  la già espressa volontà di aderire alle pretese dell’ufficio e di chiudere il contenzioso, come indicato dalla stessa Guardia di Finanza. Su tutte le altre posizioni che riguardano un imponibile Ires di 33 milioni di euro, diversi elementi fanno ritenere l’accertamento effettuato e la conseguente pretesa tributaria ingiustificati e quindi i soggetti competenti stanno valutando le azioni da intraprendere nell’ambito di quelle previste dalle disposizioni di legge.
Infine non si può dimenticare che i rilievi sopra indicati riguardano 6 anni (dal 2004 al 2009) e interessano un gruppo di società industriali che ogni anno hanno un fatturato consolidato di circa 400 milioni di euro. Quindi se prendiamo l’imponibile medio richiesto dal fisco, ai fini delle imposte dirette, pari a circa 9 milioni di euro (53 milioni di euro diviso 6) e lo rapportiamo al fatturato annuale troviamo che la discussione con l’amministrazione finanziaria verterà su un importo di imponibile pari al 2,25% del fatturato annuale del gruppo. Considerando tra l’altro per intero l’importo contestato. Questo semplice conteggio, che ovviamente non giustifica eventuali comportamenti sbagliati, fornisce una corretta visione della controversia.
 
 
La rilevanza delle retribuzioni non regolarizzate
In merito alle retribuzioni non regolarizzate intendiamo precisare:
che non vi sono e non vi sono mai stati dipendenti irregolari (in nero);
che la parte di retribuzione non regolarizzata era riferita a dipendenti regolarmente assunti, marginale rispetto all’importo complessivo delle retribuzioni, e riguardava sostanzialmente gli straordinari;
che la società aveva già eliminato tale comportamento prima dell’inizio della verifica tributaria.
Inoltre sempre nell’ottica della chiarezza si deve sottolineare che le contestazioni riguardanti le retribuzioni fuori busta sono state pari a circa euro 8,8 milioni per 5 anni e non 9 milioni all’anno come riportato erroneamente da alcuni quotidiani. Quindi in media pari a euro 1,76 milioni di euro all’anno. L’incidenza media del rilievo sul fatturato annuale della società risulta al di sotto dell’1 percento.
 
 
I dati degli obblighi di monitoraggio
Il dato di 1,3 miliardi di euro diffuso, importo che non sarebbe stato dichiarato ai fini del monitoraggio fiscale (si sottolinea monitoraggio fiscale e non importo evaso) risulta assolutamente da spiegare. Si tratta infatti di un dato aggregato riferito a più anni e a più persone, ma, si ribadisce, non è assolutamente rappresentativo né di redditi sottratti a tassazione né di capitali detenuti all’estero. Quindi nessuno ha mai omesso di dichiarare redditi  o ha omesso di pagare imposte  per 1,3 miliardi di euro  e nessuno ha mai detenuto un patrimonio nascosto di tale importo.
Per essere chiari il problema è solo di tipo tecnico-formale: negli anni 90 sono state legittimamente costituite  delle entità giuridiche estere al fine di sostenere le strategie di internazionalizzazione del gruppo e nelle quali, avvicinandosi il momento della passaggio generazionale ai vertici aziendali, ciascuno dei due fondatori ha vincolato il proprio patrimonio facendovi confluire le partecipazioni riguardanti il Gruppo.
La Guardia di Finanza ha ritenuto che tali entità giuridiche non siano autonome quindi ha concluso che ciascuno dei sottoscritti doveva indicare un importo nella propria dichiarazione dei redditi ai fini del monitoraggio fiscale, e quindi non ha contestato sul punto alcuna evasione fiscale. Si tratta di un importo con funzione segnaletica che non è, ovviamente, rappresentativo di alcun reddito omesso. Ma in ogni caso si ribadisce che i sottoscritti non hanno mai indicato tale dato nella dichiarazione dei redditi in quanto si sono spossessati come sopra indicato di tale patrimonio e quindi il rilievo risulta del tutto infondato.
In sostanza riteniamo che sia stato utilizzato in modo del tutto improprio un importo roboante, 1,3 miliardi, che richiama l’attenzione ma non è rappresentativo della realtà dei fatti: è la somma dello stesso dato per più anni e per più persone che comunque nulla ha a vedere con il patrimonio degli interessati e con il reddito globale.
 
 
Conclusioni
Resta pertanto lo stupore per la virulenza di una rappresentazione mediatica che mette sotto pressione un gruppo che in 53 anni di lavoro ha sempre creato valore aggiunto e mostrato grandi capacità di sviluppo. Tuttavia le aziende coinvolte sono industrialmente e finanziariamente sane e hanno una governance adeguata e competente, in grado di affrontare e vincere le sfide del difficile momento economico, per cui nessuno può o deve assimilare tali realtà a costruzioni fittizie di stampo criminale ovvero utilizzarle quale esempio negativo. 
Questo dovrebbe essere ben chiaro anche a quelle istituzioni che hanno potuto verificare direttamente sul campo la realtà industriale complessiva nonché confrontarla con quelle di tutt’altro spessore e finalità che hanno provocato danni enormi al nostro territorio.
Continuerà ad essere nostro dovere, perseguito con il massimo impegno, fare tutto il possibile affinché nel futuro prossimo, un grande gruppo industriale non abbia ad essere penalizzato con rappresentazioni mediatiche del tutto sproporzionate rispetto ai dati di fatto ed alla realtà operativa."
 




 

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