Il distretto della concia si evolve e batte anche lo spread
Nella valle del Chiampo la concia vale il 30% della produzione europea. Non solo: per combattere la crisi le aziende si sono addensate attorno ai grandi gruppi e sono nate imprese di altri settori. Sconfitto anche lo scandalo evasione
Spread, crisi, scandali ed arresti per frode fiscale: nulla di tutto questo è riuscito ad indebolire il distretto della concia della valle del Chiampo. Gli industriali vicentini hanno saputo ancora una volta aguzzare l'ingegno e rimanere in vetta al mondo, alla faccia dei cinesi.
Diverse le manovre che hanno permesso all'economia del distretto di sopravvivere al profondo rosso industriale mondiale, pagando un prezzo di 3.500 addetti in meno e oltre 200 aziende che hanno chiuso. Innanzitutto la diversificazione del tessuto: la chimica e la metalmeccanica si affiancano alla concia, preponderante ma oggi "solo" il 35% del comparto Arzignano-Montecchio; l'addensificazione delle piccole medie imprese sopravvissute attorno ai grandi gruppi del territorio, Dani, Rino Mastrotto Group e Conceria Montebello; poi la ricerca sul prodotto, avviando le certificazioni ambientali Epd per la produzione di pelle «green»; infine si investe in tecnologia, depurazione delle acque e degli scarichi aeriformi, formazione tecnico-professionale e nuovi mercati come quello indiano.
Così la valle del Chiampo riesce a mantenere le stesse quote di mercato del 2005 e nel 2011 risale anche l’export (1,7 miliardi di euro, +14,4% rispetto al 2010). Nel primo trimestre 2012 la crescita rallenta, causa frenata della domanda di beni intermedi nei paesi Brics, ma il riposizionamento sta gradualmente avvenendo. Come conclude Marco Alfieri su La Stampa, "Arzignano indica così la rotta per la nostra manifattura al tempo dello spread, se si vuol competere sui mercati globali. E, soprattutto, tornare a crescere".
