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Diesel, crac Usa ma con "strategia di rilancio"

Nubi nere sul braccio americano della multinazionale di Renzo Rosso: colpa del calo delle vendite, ma anche di "frodi informatiche e leasing onerosi"

Diesel Usa Inc, divisione americana dell’italiana Diesel Spa, ha fatto richiesta di protezione dai creditori con la procedura di Chapter 11 della legge fallimentare americana. A renderlo noto è il documento presentato dalla stessa azienda alla corte del Delaware, già inclusivo di un piano di ristrutturazione che al momento non prevede la chiusura dei punti vendita del brand. Lo riferisce la testata di settore Pambianco

“A differenza di altri retailer che hanno annunciato massicce chiusure di negozi – precisa Bloomberg -, Diesel Usa non prevede di chiudere. Al contrario, i documenti presentati in tribunale tracciano una strategia di rilancio del marchio Diesel negli Stati Uniti, compresa l’apertura di nuovi negozi e l’adeguamento di alcuni vecchi store che diventeranno meno costosi da gestire”.

La richiesta di Diesel Usa prevede un aspetto particolare. Tra gli impegni assunti ufficialmente dall’azienda, infatti, c’è quello di consentire a ogni classe di creditore il recupero del 100% della propria esposizione. A fronte di questa garanzia, la società considera non necessari “i passaggi più complessi” della proceduta di Chapter 11 (come si legge a pagina 7 del documento ufficiale), relativi ad alcune autorizzazioni da chiedere ai creditori stessi. Nonostante questo quadro ottimistico, e l’impegno di ottenere i sostegni alla ristrutturazione dalla controllante (“Parent Company”), Diesel Usa dichiara che sussistono le condizioni per rivolgersi al Tribunale, in quanto “ritiene – si legge nelle pagine successive – che una transizione immediata e ordinata al Chapter 11 sia fondamentale per il mantenimento delle sue operazioni e che qualsiasi ritardo nel concedere lo sgravio richiesto potrebbe ostacolare le operazioni del debitore e causare danni irreparabili”.

La documentazione presentata ai giudici, riporta Bloomberg, attribuisce a Diesel Usa asset per un valore di circa 100 milioni di dollari (circa 88,4 milioni di euro) e di debiti per 50 milioni.

A Diesel Usa fa capo la distribuzione dei prodotti Diesel negli Stati Uniti dal 1995, anno in cui la divisione è stata creata. A penalizzare l’andamento di Diesel Usa sarebbero stati il calo delle vendite (con una significativa sofferenza del canale wholesale), ma anche, spiega la stessa azienda, frodi informatiche e leasing onerosi. Secondo Bloomberg, Diesel Usa è “un’altra vittima” della seconda ondata di crisi del retail americano.

“La sua bancarotta – si legge sull’agenzia di stampa – arriva in un momento in cui diverse catene sopravvissute alla prima apocalisse del commercio al dettaglio sono tornate sotto i riflettori. È il caso del retailer di calzatures Payless Inc, che ha presentato istanza di fallimento il mese scorso e sta chiudendo 2.500 negozi, o di Victoria’s Secret e Gap, che sono tra coloro che intendono ridurre il proprio network”. Diesel Usa, precisa il portale Retail Dive, oggi gestisce 28 store in 11 Stati. L’azienda vanta inoltre delle partnership con più di 200 retailer specializzati, boutique e department store quali Bloomingdales, Nordstrom Rack e Saks Fifth Avenue.

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