rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Crac popolari, c'è chi dice "no" al decreto

L’avvocato Puschiasis contesta le modalità che il governo starebbe individuando per definire i ristori dopo i crac di BpVi e VeBa: frecciate al coordinamento don Torta

In queste ore i vertici della associazione «Noi che credevamo nella BpVi e in Veneto Banca» si trovano a Roma dove proprio nelle sale del palazzo delle Finanze in via XX settembre dalle mani dal sottosegretario all’Economia Alessio Mattia Villarosa hanno ricevuto la bozza dei decreti attuativi per il ristoro previsto ai piccoli risparmiatori previsto dopo i crac delle ex popolari del centro e del nord Italia. «Lavoreremo per le modifiche fino a domenica» ha fatto sapere poche ore fai ai suoi compagni di delegazione Luigi Ugone, il presidente della associazione, il quale sabato alla manifestazione organizzata dai suoi associati al Palapalladio di Vicenza aveva strappato il sì del governo ad un nuovo piano per gli indennizzi.

Tuttavia l’ottimismo scaturito da quel forum non convince affatto altri settori del mondo del risparmio: soprattutto nell’arcipelago dei consumatori. Fra i più scettici c’è l’avvocato udinese Barbara Puschiasis (in foto), presidente della rete «Consumatori attivi», rete molto nota in Friuli anche in ragione della massiccia presenza di ex filiali della BpVi. Il legale proprio dal parterre dell’evento organizzato in terra berica aveva espresso parecchie perplessità. «A nostro giudizio dopo quella kermesse sono aumentate le contraddizioni, ma anche il senso di smarrimento per i risparmiatori» rimarca quest’ultima la quale fa suoi alcuni dubbi espressi anche dalla associazione Ezzelino da Onara.

Avvocato Puschiasis stando all stampa veneta il deputato azzurro Pierantonio Zanettin, che è un vicentino, si dice certo che i dirigenti del ministero non firmeranno i decreti attuativi. Secondo lei come stanno le cose?

«Io dico solo una cosa. Purtroppo da sembre ci si muove sulle sabbie mobili: dove oltre all'apparenza si celano interessi, in primis politici. Certezze non ne ho, anche se è chiaro che se una legge prevede un indennizzo automatico e la Commissione europea ritiene che ciò vìoli l'articolo 107 del trattato fondativo, come in realtà sembrerebbe, non basterà un decreto per superare l'ostacolo. Tanto che alla fine bisognerà intervenire sulla legge istitutiva del fondo per gli indennizzi».

In che modo?

«Ripescando quegli indirizzi che assieme ad altre associazioni avevamo elaborato nella cabina di regia nell’ambito della prima stesura della norma. Faccio presente che si trattava di una cabina di regia tra associazioni che aveva collaborato attivamente con il ministero dell’economia. Si tratta d’un percorso che poi è stato interrotto per dare spazio alla norma oggi vigente, che è appunto in attesa dei decreti che ne diano attuazione».

E questa norma vi piace?

«Ci lascia con moltissimi dubbi. Giacché quest’ultima, come ribadisco da giorni, andrebbe a porsi in contrasto non solo con la normativa europea, ma anche con quella nazionale».

Perchè la proposta distillata dal coordinamento don Torta in una con l’associazione "Noi che Credevano nella BpVi" non vi convince?

«L'obiettivo a noi caro era ben diverso».

E sarebbe?

«Per noi è prioritario che i risparmiatori traditi abbiano giustizia. Risparmiatori che incolpevolmente si sono trovati a perdere i loro risparmi sia attraverso il fondo di ristoro sia attraverso una soluzione da trovarsi con la compensazione e l'intervento delle banche in liquidazione, della Sga, ovvero la finanziaria pubblica che gestisce i residui delle bad bank e pure mediante l’intervento di Banca intesa che poi è l’istituto subentrato a BpVi e VeBa».

E quindi nel concreto che cosa chiedete?

«Chiediamo che venga ripristinata l'originaria formulazione del testo dell'articolo 38 della precedente stesura. Articolo che era stato condiviso con i sottosegretari alla Economia Villarosa del M5S e Massimo Bitonci della Lega. Un articolo che prevedeva che il rimborso sarebbe stato pari al 100%, che il fondo per i ristori sarebbe divenuto strutturale e che sarebbe stato ulteriormente implementato dai conti dormienti e non dai soldi dei contribuenti».

Voi però avevate previsto anche che fosse un soggetto terzo ovvero «"’Arbitrato per le controversie finanziarie", meglio noto come Acf, a decidere che un risparmiatore ha subìto un torto e quindi possa accedere al fondo di indennizzo.

"Noi che credevamo nella BpVi" ritiene questa una forca caudina che trasforma l’ottenimento dell’indennizzo in un miraggio. Quale è la vostra opinione al riguardo? «Noi avevamo previsto l'arbitrato Acf, il quale sta già dando soddisfazione a molti risparmiatori. Sia con la procedura standard, sia con la procedura semplificata per coloro che sono stati colpiti dal collasso delle due ex popolari venete nonché per gli istituti del centro Italia. Addirittura si prevedeva che fosse il danneggiato avesse la facoltà di presentare la domanda in modo autonomo senza che ci potessero essere essere insidie e trappole. Sono quindici le associazioni che chiedono a gran voce tutto ciò. E queste rappresentano circa 130.000 risparmiatori tra quelli del centro Italia e quelli delle venete».

E quindi?

«Possibile che noi non possiamo avere ascolto dal governo?».

Voi per difendere i risparmiatori procederete in sede penale e civile contro Bankitalia, Consob e società di revisione?

«In teoria si può fare tutto e abbiamo detto che percorreremo ogni strada. Tuttavia al di là della fattibilità tecnica di un dato percorso dobbiamo pensare che la maggior parte delle persone che noi rappresentiamo non ha più né le risorse né l'energia per attendere oltre al fine di ottenere i rimborsi: men che meno per sostenere cause complesse e di lunga durata che per di più hanno un esito incerto. Purtroppo la giustizia in Italia, anche se ha quel nome, pochissime volte, nel caso di eventi di questa portata, riesce a centrare l'obiettivo di affermare una giustizia sostanziale. Mai vorremmo che ora la promozione di queste azioni, impercorribili per i più, fosse l'alibi per mettere da parte il fondo indennizzi o depotenziarlo nei contenuti».

Che voto date al cosiddetto decreto Baretta ovvero al decreto varato dal precedente governo che permise a Banca intesa con una procedura sprint di subentrare alle attività di BpVi e VeBa al prezzo di un euro? Si tratta di un subentro che ha violato le regole della concorrenza e del mercato, addirittura col possibile consenso di Bruxelles, come preconizzano il coordinamento dei risparmiatori don Torta e da Ugone?

«Il decreto Baretta ha avuto il pregio di affermare la necessità del fondo indennizzi e la sua fattibilità. Probabilmente se non avessimo a suo tempo ottenuto che nella legge di bilancio, la 205 del 2017, venisse previsto il fondo di ristoro oggi non saremmo qui a parlarne e continuerebbe ad essere un miraggio».

E poi?

«Va detto però che la dotazione di tale fondo era insufficiente anche se non poneva limiti di rimborso. La bozza di decreto attuativo che il precedente governo ha svelato solo una volta uscito dalla scena, era a maglie larghe. Sicuramente avremmo dovuto lavorare per semplificare l'arbitrato, ma si trattava comunque di una base di partenza».

E per la cessione a un euro?

«Per quanto riguarda la cessione, siamo e saremo sempre critici sull'ingresso di Banca intesa: ingresso che in realtà ha sterilizzato la concorrenza nel comparto bancario del Nordest. Il che lo si evince dalle testimonianze dei nostri rappresentati».

Sarebbe a dire?

«Abbiamo l’impressione che Intesa si stia comportando come un istituto sordo alle esigenze e alle gravi situazioni degli ex soci delle banche venete. Aveva promesso un fondo per gli ex azionisti delle banche venete. Ma...».

Ma?

«Ma dov’è finito? Ad oggi abbiamo solo visto l'istituto aumentare le spese dei rapporti e chiedere il rientro anche da operazioni baciate, palesemente nulle, festeggiando poi le sue performance aziendali. Per non parlare poi della cessione dei rapporti, soprattutto di quelli finanziati, avvenuta in contrasto con il decreto ministeriale 210 del 2018 ».

Ma avete proceduto con le segnalazioni del caso?

«Sì certamente. Lo abbiamo segnalato anche a Banca d'Italia, nonché al governo. Per noi è prioritario definire il fondo indennizzi, le posizioni esposte finanziariamente a causa della illiquidità delle azioni attraverso compensazioni e misure di sostegno. Bisogna agire subito perché questa è sì una vera emergenza».

Risposte?

«Nessuna».

Per quanto concerne i rovesci delle ex popolari come è stata la condotta di Bankitalia? Come valutate la presa di posizione di chi crede che via Nazionale proprio per le liason dangereuse con i vecchi vertici di BpVi sia stata assieme all'ex presidente Gianni Zonin il principale responsabile del tracollo?

«In seno alla commissione parlamentare d’inchiesta sui crac bancari ma anche in altri ambiti sarebbe emerso un aspetto importante. Più nel dettaglio sarebbe stata rivelata l'incapacità di un sistema ad adempiere al compito assegnato: sia in ragione di una normativa assolutamente inadeguata, sia in ragione della mancata terzietà dei controllori. Peccato che nelle more del procedimento penale di Banca popolare di Vicenza anche in questo senso sia andata persa l'occasione di rendere giustizia agli azionisti. E tant’è Banca d'Italia e Consob siedono ad oggi assieme ai risparmiatori traditi tra i banchi delle parti civili».

Come valutate l'operato della magistratura vicentina in questo senso? Le avvisaglie negative e gli esposti sulla condotta di via Framarin erano noti quanto meno dal 2004-2005. In tutti questi anni non è successo di fatto alcunché. Poi la grana è scoppiata solo quando il valore delle azioni ha iniziato a collassare. Come mai?

«L'attenzione va rivolta a tutto l'ambiente giudiziario, economico e politico che in qualche caso poteva celare un legame profondo con l’ex presidente Gianni Zonin e con la sua banca: un legame fatto di reciproci interessi. Per trovare le cause profonde del disastro l’attenzione andrebbe appunto rivolta in quella direzione. E si sa, tra amici è difficile poi essere imparziali».

Se voi doveste inviare un messaggio al premier Giuseppe Conte che messaggio gli indirizzereste?

«Basta strumentalizzazioni. Vogliamo fatti e non proclami. Chiediamo si avvii subito il fondo con i primi rimborsi e che si crei immediatamente un tavolo tecnico e di coordinamento tra governo, banche venete in liquidazione, Sga e Banca intesa».

Con quale scopo?

«Con lo scopo di definire l'emergenza delle posizioni gravate da finaziamenti collegati ad operazioni di compravendita di azioni o di obbligazioni subordinate. Queste ultime devono trovare una soluzione immediata e fuori dal fondo attraverso una compensazione ad hoc. Non possiamo permetterci di vedere gente che perde la propria casa o che rinuncia a farsi curare. Se non si affronta questo argomento in questa maniera saranno tutti i contribuenti italiani a dover pagare. Il che inciderà anche sui livelli dello stato sociale di tutti i cittadini».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Crac popolari, c'è chi dice "no" al decreto

VicenzaToday è in caricamento