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Cronaca Sossano / Via Mottolo

Sossano, l'agricoltura vicentina campa sui migranti: la giornata dei braccianti

Decine di uomini e donne provenienti dall'Africa ogni giorno si mettono in fila per un lavoro a Sossano. Tutti in riga per essere chiamati a coltivare i campi: l'oro delle cooperative è nero

"Work finished", lavoro finito.Così recita il cartello affisso su un grosso albero in via Mottolo, a Sossano, alle 7.30 di mercoledì mattina. Due parole che per le decine di immigrati dall'Africa significano una giornata di attesa, un lungo viaggio a vuoto e molta delusione. La speranza era quella di essere chiamati per fare i braccianti per qualche ora.

VIDEO: ADAM, 19 ANNI, BRACCIANTE

braccianti"Siamo tutti africani, veniamo qui ogni mattina, sperando di essere chiamati a lavorare, ma ultimamente c'è poca richiesta" spiega Liamh un 27enne senegalese giunto in macchina da Vicenza. Resterà davanti alla Coopsementi, una delle maggiori aziende che lavora frumento e mais, per tutta la giornata. In tasca ha il permesso di soggiorno e una fotocopia del contratto a chiamata: potrebbe succedere che uno dei capi lo scelga, magari per svuotare un camion. Una fatica ed un'attesa che valgono 8 euro netti allora, per un guadagno mensile che può arrivare ai mille euro

Con lui non ci sono italiani, ma solo migranti di prima e seconda generazione. Alla cooperativa non serve più mettere alcun annuncio: il passaparola nella comunità africana della provincia funziona da anni. Tanto che la chiesa evangelica, con sede a Sant'Agostino, ha organizzato un pulmino che ogni giorno trasporta gli aspiranti braccianti a Sossano. Ghanesi, senegalesi, ivoriani, mauritani vengono selezionati per raccogliere il mais nei campi della zona e prepararlo alla lavorazione, tutto il giorno sotto il sole. 

"Gli italiani che lavorano per la cooperativa vengono mandati a Venezia, li chiamano prima - spiega una 24enne ghanese - Io vivo a Valdagno. Questa mattina mi sono svegliata alle 3, ho fatto la doccia, cucinato qualcosa da mangiare qui e alle 5 ero in Riviera Berica, però oggi non c'è lavoro. Resto in attesa non si sa mai". A scegliere chi verrà utilizzato sono i dipendenti della cooperativa. Gl uomini chiamati "capi" dai braccianti. Lo scorso 6 luglio 4 donne non si erano rassegnate ad essere scartate. Con la loro punto avevano seguito il furgoncino che stava trasportando le persone scelte. Una corsa folle per convincere il "capo" che anche le loro braccia sarebbero servite, una corsa finita con la macchina incastrata in un campo, a pochi metri da un fosso. 

"Ogni giorno ci sono due chiamate alle 7 della mattina e alle 2 del pomeriggio - spiega Adrew - Io vivo a Lonigo e vado alle superiori a Verona.Vengo qua con gli amici, me se vedo che non c'è lavoro me ne vado. Non ha senso restare, ma per molti questo lavoro è molto più che necessario". 

Nell'attesa del secondo turno, qualcuno dorme, altri chiacchierano mangiando un panino. Le tensioni non mancano e non tutti sono disposti a parlare, anzi, quando viene scattata una foto in molti fuggono dall'obbiettivo e uno dei più anziani ci rimprovera: "Ora basta andate via". Con i paesani nessun problema: nonostante la giunta leghista, le bandiere del carroccio appese lungo la Riviera Berica e i murales di "Veneto Stato", la manodopera delle cooperative serve e poco importa se parla africano.

Braccianti africani in fila per un lavoro

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