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Cronaca Schio

Prestiti da usura coi soldi di un 90enne: due arresti

In manette una badante filippina e un operaio bengalese. I due, aiutati da un'intera famiglia avrebbero prestato denaro a dei disperati pretendendo, con minacce, la restituzione a un tasso del 215%

Una banda criminale "familiare", con a capo una badante filippina 51enne e un operaio del Bangladesh di 43 anni, dedita all'usura e al ricatto verso degli indigenti - tutti stranieri - ai quali avevano prestato dei soldi che pretendevano indietro con un tasso di interesse che arrivava al 215%. È questo lo scenario descritto dalla guardia di finanza di Schio che ha portato all'applicazione di quattro misure cautelari. Il compito della donna sarebbe stato quello di organizzatrice del sistema di "strozzo" dei debitori, mentre l'uomo si sarebbe occupato del finanziamento delle operazioni illecite. Parte del denaro, secondo gli investigatori, proveniva però anche dai risparmi di un 90enne scledense per il quale la 51enne lavorava come assistente personale. Indagata punre un'intera famiglia residente a Malo - la sorella della "capa", suo marito, un pensionato  italiano del '56 e il figlio, che si sarebbero occupati delle riscossioni.

Arrestata badante: gestiva giro di usura "alla filippina"

IL SISTEMA "FIVE SIX"

L'intricato sistema di estorsioni è emerso dopo la denuncia di una delle 40 vittime accertate della banda che, esasperato dalle continue minacce e dall'esborso gravoso di denaro, si è rivolto ai finanzieri. I militari del comando provinciale Vicenza, nell’ambito dell’operazione denominata “Pecunia”, hanno quindi indagato quattro persone, due dei quali (la badante e l'operaio) sono finiti in carcere, mentre nei confronti degli altri due (la sorella della filippina e il pensionato italiano) è stata notificata la misura dell’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria. L'operazione ha portato anche al sequesto di beni e conti correnti della banda per oltre 70.000 euro.

Le indagini sono state sviluppate e condotte dalle Fiamme Gialle di Schio sotto il coordinamento della procura e hanno preso avvio nel corso del 2018 quando i finanzieri, dopo le perquisizioni eseguite nelle abitazioni dei due principali indagati avevano trovato denaro contante per importi considerevoli, nonché numerosi passaporti, presumibilmente trattenuti in pegno per riccattare le vittime. I militari hanno trovato anche molti "pizzini", con trascritte tutte le operazioni illecite e veri e propri “contratti di prestito” tra gli usurai e gli usurati. La donna è stata tratta in arresto in flagranza di reato proprio durante la perquisizione, in quanto presso la sua abitazione si era presentata una cittadina filippina vittima di usura con lo scopo di corrispondere una rata degli interessi passivi promessi.

Le successive indagini delle Fiamme Gialle scledensi, durate circa un anno, hanno permesso di far luce sulle modalità dell'usura, perpetrate perlomeno dal 2013 e rientranti nel modello “five-six”, diffuso nella comunità filippina, il quale prevede che, a fronte della concessione di un prestito, il debitore si obbligasse a pagare mensilmente una quota di interessi, da corrispondersi senza soluzione di continuità sino a quando - circostanza evidentemente di difficile realizzo - l’usurato non fosse in grado di restituire, in un’unica tranche, l’intera somma ottenuta. La platea dei debitori era costituita essenzialmente da stranieri privi di garanzie di fronte agli intermediari finanziari e che dunque erano costretti a ricorrere agli strozzini per la concessione del credito. 

I SOLDI PRELEVATI CON L'INGANNO ALL'ANZIANO 

Il lavoro dei finanzieri è stato sostenuto anche dalla collaborazione delle vittime; queste ultime, ascoltate nel corso di decine di audizioni (all’incirca 40 usurati), hanno confermato di aver ricevuto dagli indagati prestiti per 165mila euro complesivi, per i quali sono stati corrisposti interessi usurari per circa 72mila euro. Nello specifico, spiegano i finanzieri, l’indagato bengalese consegnava personalmente le somme di denaro agli usurati, mentre il ruolo della cittadina filippina era quello di redigere i contratti manoscritti con i debitori e provvedere alla riscossione mensile degli interessi da questi ultimi. I militari hanno reso noto di aver scoperto che, nel pieno delle indagini, i due stranieri, già consapevoli di essere indagati e pertanto più cauti nell’esporsi in prima persona, si sarebbero avvalsi di altri tre soggetti (padre, madre e figlio residenti a Malo) per la riscossione delle quote interesse attraverso pesanti minacce. L’intera famiglia è dunque oggi indagata, in concorso con la cittadina filippina ed il cittadino bengalese, per i reati di usura ed estorsione. Nei confronti di due di loro (padre e madre, quest’ultima di nazionalità filippina e sorella dell’indagata principale) il G.I.P. di Vicenza ha applicato la misura dell’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria.

Un altro filone di indagine è stato aperto nei confronti della filippina e del cognato italiano per il reato di circonvenzione di incapace. I due sono infatti accusati di aver prelevato dei gioielli e del denaro dal conto corrente del 90enne scledense  (del quale la 51enne era badante)  approffittando delle sue precarie condizioni di salute per ottenere soldi: migliaia di euro prelevati con il bancomat dell'anziano che servivano per finanziare l'attività di usura. Le indagini dei finanzieri stanno proseguendo per completare un puzzle di un sistema criminale che potrebbe avere anche altre diramazioni. 

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