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Cronaca Trissino

Affaire Pfas: sulle autorizzazioni si naviga a vista

A sparare ad alzo zero è l’assessore all’ecologia del comune di Trissino: il j’accuse in un verbale esplosivo del tavolo tecnico che si occupa della contaminazione da derivati del fluoro che ha colpito mezzo Veneto

Un assessore del Comune di Trissino che accusa la Miteni di sfruttare l’Arpav come un consulente esterno. Gli enti pubblici che non sono in grado di sapere se un eventuale compito di ritirare alla Miteni l’autorizzazione ambientale integrata, meglio nota come Aia, spetti alla Provincia o alla Regione. Uno stabilimento zeppo di criticità per quanto riguarda la tenuta, rispetto al quale però non è ancora possibile capire dove si originino le perdite.

Se non è un bollettino di guerra poco ci manca.

Almeno questo dice il verbale del Comitato tecnico. Il tavolo operativo che supporta la conferenza dei servizi in atto tra gli enti veneti che si occupano di gestire il maxi caso di contaminazione da derivati del fluoro, i Pfas, che le autorità addebitano appunto ad una industria chimica trissinese, la Miteni spa.

SOSTANZA SCURA ED OLEOSA

Il documento porta la data del 15 ottobre e porta la firma di Nicola Dell’Acqua, già direttore di Arpav Veneto, oggi direttore del settore tutela e sviluppo della Regione Veneto. Tra i primi appunti riscontrabili in quel verbale c’è il riferimento (la vicenda almeno in modo frammentario aveva già fatto capolino sui media) al ritrovamento in uno dei pozzi di controllo interni al perimetro della fabbrica di Trissino di una sostanza maleodorante nera contenente dosi massicce di GenX e C6O4. Due sostanze che secondo gli enti non sono certo riferibili alla storia pregressa di Miteni (che iniziò la sua attività a metà anni ‘60) bensì a quella recente.

Si tratta di un passaggio delicato quello portato a galla dalla dottoressa Paola Salmaso direttrice dell’Arpav di Vicenza, perché mette in forte discussione la linea difensiva in passato adottata dall’azienda (da poco fallita) che aveva spesso addebitato alla gestione precedente al 2009 (anno in cui lo stabilimento passa dalle mani giapponesi della Miteni a quelle germanico-lussemburghesi di Icig) quelle condotte scriteriate alla base della maxi contaminazione che da tempo vede la stessa Miteni al centro di un caso, anche giudiziario, di portata colossale.

STABILIMENTO COLABRODO? L’AFFONDO DELLA PROVINCIA

Fra gli interventi di quel confronto del 15 ottobre non va poi sottovalutata la presa di posizione di Angelo Macchia, direttore generale della Provincia di Vicenza il quale fa presente che dalle risultanze in possesso degli enti pubblici «emerge ancora una volta che lo stabilimento Miteni presenta... criticità dal punto di vista della tenuta impiantistica ma non sono ancora noti i punti da cui originano le perdite del sistema». Si tratta di una affermazione che pone una coltre nerissima sulla intera vicenda quanto meno per tre ordini di motivi. In primis la fabbrica di Trissino stando a quanto riferito in questo verbale, avrebbe funzionato per anni come una sorta di colabrodo più o meno incontrollato dal quale sarebbero uscite sostanze che non sarebbero dovute finire nell’ambiente. In secundis se gli enti non sono in grado di farsi dire da Miteni dove siano le falle, che cosa ci sia passato attraverso e per quanto tempo, come sarà mai possibile redigere un ordine di bonifica ben circostanziato ed economicamente congruo rispetto alla contaminazione patita dalll’ambiente? E ancora, per terzo, dal momento in cui il tribunale ha dichiarato recentemente il fallimento di Miteni su quale base tecnico-scientifica o giuridica ha calcolato il danno potenziale, che diviene debito potenziale, che dovrà essere ristorato alla collettività?

 L’ATTACCO DI RAMINA

Tuttavia leggendo quelle pagine c’è un altro elemento che le rende esplosive. Si tratta dell’assunto di Gianpietro Ramina, assessore all’ecologia del comune di Trissino il quale, secondo quanto riportato a pagina quattro, evidenzia «a proposito del ruolo di Arpav come Miteni abbia sinora cercato di sfruttare l’Agenzia regionale come una specie di consulente esterno». Tanto che, si legge ancora nel verbale «questa deriva deve essere evitata». Si tratta di accuse pesantissime indirizzate alla Miteni, che però non mettono al riparo Arpav da una figuraccia giacché da parte dei delegati della stessa agenzia presenti all’incontro (oltre a Salmaso e Bizzotto c’erano anche Roberta Cappellin funzionaria della direzione berica, Carlo Terrabujo funzionario della direzione tecnica regionale e Carlo Moretto dell’osservatorio acque interne) non c’è stata alcuna replica. 

IL SILENZIO DI DELL’ACQUA

Almeno questo si evince compulsando le pagine successive al j’accuse di Ramina. Si tratta di un silenzio che pesa due volte. Anzitutto perché in ossequio al detto che chi tace acconsente l’accusa potrebbe o dovrebbe essere presa per buona. In seconda battuta perché a quell’incontro ha partecipato nientepopodimeno che lo stesso Dell’Acqua. Il quale fino a poche settimane fa rivestiva il ruolo di massimo dirigente proprio di Arpav e che dall’alto dei suoi trascorsi dopo l’uscita di Ramina, almeno stando al verbale, non ha spiccicato una parola per chiarire ai presenti se i timori dell’assessore si fossero inverati o meno. Chi scrive peraltro ha chiesto a Ramina di dare conto delle ragioni di un j’accuse tanto duro, ma dallo stesso assessore, almeno al momento, non è giunta alcuna risposta.

AUTORIZZAZIONI? SI NAVIGA A VISTA

Ora comunque al di là dei rilievi che gli enti pubblici continueranno a fare sul caso Miteni (fermo restando che c’è una inchiesta penale monstre in corso da parte della procura berica della quale si sa poco o nulla) rimane da capire se la fabbrica potrà avere o meno un qualche destino dopo il fallimento. In questo scenario sarebbe interessante capire se l’Aia concessa dalla Regione il cui rinnovo compete però alla Provincia sia da revocare o meno visto lo stato degli impianti. Anche sulla competenza del soggetto responsabile della revoca gli enti non hanno alcuna certezza: è necessario infatti un approfondimento in sede regionale con l’avvocatura «per capire se vi siano i presupposti per la revoca e a chi questa competa». Una sorta di navigazione a vista che suona molto strana giacché il caso Aia, l’autorizzazione venne rilasciata nel 2014 , deflagrò ben otto mesi fa quando i comitati no Pfas chiesero a gran voce di non rinnovare questa autorizzazione . E Non si tratta di una semplice questione amministrativa perché senza Aia la Miteni non può lavorare e quindi non esiste. Ora non si capisce come mai questo nodo, che deve venire ancora al pettine, gli enti non lo abbiano affrontato qualche mese fa. Una attesa che potrebbe prestare il fianco a chi ha accusato gli enti di aver prolungato artificialmente la vita della fabbrica per permettere ai suoi vertici di approntare la via di fuga del fallimento.

PROTOCOLLO RITARDATO

C’è poi un elemento di fondo che appare poco comprensibile. Il verbale porta la data del 15 ottobre 2018, che è poi la data della riunione tenuta presso i locali del Comune di Trissino. La documentazione tuttavia viene incredibilmente protocollata in Regione il 30 novembre (protocollo 489417 del 30-11-2018). Il che significa che chiunque avesse voluto conoscere quelle carte (che per legge sono accessibili a chiunque solo dopo che l’atto si è completamente formato e inserito a protocollo) avrebbe dovuto attendere non solo i quarantacinque giorni necessari appunto alle operazioni di registrazione (una enormità visto che si tratta di documenti in formato elettronico) ma pure il mese che le pubbliche amministrazioni si possono prendere per rispondere a chi compie un accesso agli atti. Il che fa un totale di settantacinque giorni, ovvero due mesi e mezzo, durante i quali sarebbe potuto succedere di tutto. Ed è successo di tutto visto che in quel lasso temporale la Miteni è passata da una procedura di concordato ad una di fallimento conclusasi con una decisione in formato «Speedy Gonzales» sui cui retroscena molto ancora c’è da scoprire. Peraltro dei gravi addebiti contenuti in quel verbale la giunta di Trissino, la Provincia e la giunta Regionale, non hanno mai dato contezza all’opinione pubblica. Il motivo di questo silenzio rimane tutt’oggi da capire.

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