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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Pfas: "In Regione potrebbero insabbiare ancora"

È il rischio che il consigliere Brusco del M5S ha percepito in vista della visita del ministro dell’ambiente nel Veneto. Intanto i comitati sfidano la procura berica perché sequestri la Miteni mentre Legambiente chiede limiti più stringenti

«Abbiamo incontrato i magistrati che stanno indagando sul caso Pfas. E alla procura di Vicenza abbiamo dato un ultimatum. Se entro ottobre non assisteremo ad un provvedimento serio»

il riferimento è al sequestro parziale o totale della Miteni, la fabbrica trissinese al centro del caso di inquinamento di derivati del fluoro, «noi la sfiduceremo».

Ha usato una metafora ieri Alberto Peruffo, uno dei leader della protesta contro la contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche deflagrata nel 2014. La presa di posizione è giunta durante un dibattito pubblico organizzato nell’ambito della kermesse politica Fornaci rosse, dibattito andato in scena ieri sera. All’incontro, moderato dal giornalista di Vicenzatoday.it Marco Milioni, hanno preso parte anche Luigi Lazzaro, presidente veneto di Legambiente e Manuel Brusco del M5S, presidente della commissione consiliare speciale della Regione Veneto dedicata proprio al caso Pfas.

Proprio da quest’ultimo sono giunte alcune stilettate nei confronti degli uffici regionali, che come rilevato in una inchiesta pubblicata giusto ieri sulla nostra testata, sarebbero potuti intervenire ben prima del 2014 poiché erano a conoscenza della potenziale situazione di pericolo ambientale sotto i terreni della fabbrica dell’Ovest vicentino. Lo stesso Brusco tra l’altro non ha mancato di contraddire il presidente del consiglio regionale veneto Roberto Ciambetti (Lega) il quale di recente aveva assicurato che la relazione finale della commissione speciale Pfas non contenga notizie di reato.

IL J’ACCUSE DEI COMITATI

«C’è qualcosa che non funziona nelle tempistiche della procura di Vicenza» ha attaccato ieri dal palco Peruffo. Il quale rivolgendosi alle toghe di borgo Berga, con una nota di stizza e di amarezza ha detto: «Lo scorso anno ci promisero che avrebbero posto il caso Pfas in cima ai pensieri degli uffici. Sono passati dodici mesi e non sono arrivati i provvedimenti che la gente si attendeva».

Pur non dicendolo espressamente Peruffo, noto alpinista e attivista di Montecchio Maggiore, stava rivolgendo il suo pensiero al ventilato sequestro degli impianti. Ma anche alla necessità, propugnata a più riprese dai comitati, che la magistratura, dopo aver esperito le rogatorie di turno, aggredisse i capitali dei soggetti che controllano la Miteni, in modo da garatnire alla collettività, in parte o in tutto, i danari necessari alla eventuale bonifica.

IL MONITO DI LAZZARO

Su un altro terreno si è invece mosso Lazzaro (in foto), che per Legambiente ha chiesto al governo di intervenire prontamente per rendere più restrittivi i limiti dei Pfas «non solo nelle acque potabili, ma anche in quelle di falda e di superficie». Sulle prime potrebbe sembrare una questione semplice. In realtà non lo è perché all’oggi la legge italiana per questi derivati del fluoro non prevede limiti tassativi ma solo soglie di riferimento. Alla base di questa contraddizione c’è il fatto che i Pfas, pur a fronte di numerosi studi internazionali che ne descrivono la tossicità, non sono catalogati dalla norma nazionale come sostanze oltremodo nocive. Durante il suo intervento Lazzaro ha anche spiegato che checché se ne dica mettere in contrapposizione il tema del lavoro con quello dell’ambiente è oggi «inammissibile ed anacronistico» perché perle aziende, se si vuole, «è possibile produrre nell’ottica d’uno sviluppo sostenibile».

«TENTATIVI DI INSABBIAMENTO»

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