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Cronaca Trissino

Omicidio e suicidio a Trissino: Scena, retroscena, bottega e retrobottega

5 colpi che hanno sconvolto un paese della tranquilla provincia berica: ma è stato davvero un fulmine a ciel sereno?

Ed è qui che si appalesano le prime incongruenze o le prime incognite di chi volesse proseguire un ragionamento del genere. Se è vero come i giornali sostengono, che l'omicida tenesse in casa una mini armeria tutta autorizzata, come tutti gli esperti criminali sanno, alle prime avvisaglie di comportamenti anomali che giungono alle orecchie delle forze dell'ordine scattano i campanelli d'allarme.

Trissino è un comune microscopico, non ha nemmeno 15mila abitanti. C'è un comando dei vigili urbani. C'è una stazione dei carabinieri storicamente ben addentrata nelle dinamiche del paese. È difficile pensare che i militari dell'Arma venuti a conoscenza di qualche notizia sensibile su un titolare di regolare porto d'armi non abbiano inoltrato alla Questura, per legge competente per i rilasci, una informativa di qualche tipo. Magari con l'obiettivo di un controllo.

Di più, se è vero che la rabbia di Rigon covava da tempo anche con segnali appalesatisi all'esterno, e se è vero che la licenza d'arma fosse stata rilasciata da tempo, gioco forza rimane da capire se nel mentre siano intervenuti controlli di qualche natura sulla licenza medesima. Se questa invece fosse stata rilasciata di recente e al contempo lo stato di disagio psichico del futuro omicida fosse in qualche maniera sfuggito alle autorità competenti, si aprirebbero scenari inquietanti.

Se invece di converso l'omicidio è frutto di una scelta maturata di recente in una persona che mai avrebbe dato evidenza di seri problemi, allora è possibile che sia intervenuto un fattore esterno che gli investigatori potrebbero decidere di approfondire. 

Più parole che carte: lo stile orafo

La questione dei possibili debiti è un altro terreno sul quale i detective alle dipendenze della procura berica dovranno cimentarsi. Uno degli aspetti più importanti riguarda la comprensione del rapporto, in senso ampio, tra omicida e vittima. In linea di massima la esistenza di un debito viene spesso formalizzata. O in modo palese, davanti alla legge con gli strumenti previsti dai codici. O in modo schermato, facendo firmare al debitore scritture private, lettere d'impegno e così via.

In realtà le modalità sono moltissime, più o meno lecite: cambiali, assegni postdatati, pegni di varia natura. Se invece un eventuale debito fosse stato contratto solo sulla parola senza alcuna traccia (movimentazione sui conti, prelievi dalla banca, archivi informatici, taccuini manoscritti) allora l'inchiesta rimarrebbe comunque nella indeterminatezza, perché il fascicolo non sboccherà mai a processo giacché è intervenuta la morte del reo presunto. Sempre che nella condotta di Rigon non si ravveda come fatto principale non l'omicidio bensì il suicidio: un suicidio che ha avuto come innesco anche un omicidio. I

n questo caso, ove ci fossero gli elementi e ove gli inquirenti li cercassero, gli spazi d'indagine non mancherebbero. Per esempio si potrebbe valutare la eventualità che il Rigon fosse stato ricattato, magari sottoposto a forme violente e soverchianti di usura. Il codice penale infatti con l'articolo 580 non colpisce solo chi istiga al suicidio, ma anche colui «che rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione». Allo stesso tempo gli inquirenti potrebbero ipotizzare quale premessa storica della condotta omicida e suicida del Rigon anche altri reati, come l'usura o l'estorsione, compiuti da altri. In questo caso un fascicolo aperto contro ignoti darebbe tempo agli inquirenti di ampliare lo spettro delle indagini senza farsi ingabbiare dal meccanismo della non punibilità dell'omicidio per sopravvenuta morte del reo.

Scena, retroscena, bottega e retrobottega

Tuttavia al di là del solco delle indagini penali rimane da mappare il retrobottega del mondo degli affari di Trissino. Una cittadina in cui negli anni d'oro dell'oro l'economia sommersa aveva superato o pareggiato i dati dell'economia emersa. Una cittadina in cui più o meno tutti prestavano soldi, oro e garanzie più o meno a tutti, e nella quale il venir meno di un garante forte quale è stato la BpVi, per molti ha fatto saltare il banco.

Al contrario però, per coloro che all'istituto di via Framarin dovevano un qualche cosa, molto o poco che fosse, il rovescio della BpVi, divenuta una sorta di bad bank, può aver fatto addirittura comodo: visto che in qualche maniera il creditore si è volatilizzato. E per evitare che comunque qualcuno tra coloro che hanno ereditato i vecchi crediti possa ricominciare a vantarli, per i più arditi si sarebbe addirittura materializzata una soluzione fantasiosa. Intestare la ditta a soggetti del sud Italia, grazie al riparo di complicati intrecci societari in modo che «la roba», quando dovesse riemergere per essere consegnata nelle mani di figli ed eredi vari, non sia più aggredibile dai creditori, che magari nel frattempo avranno volto altrove il proprio sguardo. E non è un caso, questa è la voce che gira da mesi, che al momento del crac della BpVi qualcuno in paese abbia festeggiato a Prosecco e Durello, proprio perché era venuto meno, forse, il creditore ultimo.

Il covo dei schei

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