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Cronaca

Omicidio di Marano, il marito resta in carcere

Per gli investigatori non solo Anna Filomena Barretta non si è suicidata ma l’omicidio potrebbe anche essere stato premeditato. Il marito Angelo Lavarra, in carcere a Vicenza con l’accusa di omicidio, sabato mattina si è avvalso della facoltà di non rispondere, convalidato l'arresto

Potrebbe esserci la premeditazione dietro alla morte di Anna Filomena Barretta, la donna di 42 anni trovata morta a Marano lo scorso 20 novembre per un colpo di pistola alla testa. La tesi degli investigatori è che suo marito Angelo Lavarra, dal quale si era separata, potrebbe averla uccisa pianificando l’omicidio. L’uomo, il giorno del decesso, aveva avvisato Suem e carabinieri sostenendo che la moglie si era suicidata con la pistola che lui, guardia giurata, teneva nell'armadio.

Una versione che Lavarra, 43enne dipendente della Civis, non ha mai smentito, dichiarandosi innocente durante gli interrogatori. Sabato mattina nel carcere di Vicenza dove è detenuto con l’accusa di omicidio, l'uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere. L'arresto è stato convalidato e l'uomo resterà al San Pio X. Le indagini dei carabinieri, confermate dal Ris di Parma, hanno smontato l’ipotesi del suicidio e il 29 novembre è scattato il provvedimento cautelare. 

LA VERSIONE DI LAVARRA E LA RICOSTRUZIONE DEI CARABINIERI

Sono circa le 10 di mattina del 20 novembre. Da un appartamento di Marano Vicentino partono due chiamate, una al 118 e una al 112. A farle è Angelo Lavarra che comunica che sua moglie, dal quale si era separato, si è tolta la vita con la pistola che l’uomo aveva in quanto vigilante della Civis. L’ambulanza e i carabinieri arrivano sul posto e trovano la donna in camera da letto, con l’arma a fianco.

Iniziano subito le indagini le quali rivelano che il colpo di pistola è stato sparato colpendo la parte posteriore della nuca. Una prima incongruenza rispetto al racconto del marito. La posizione della pistola sarebbe infatti incompatibile con un suicidio, tanto più che la ferita mortale si trovava a sinistra mentre Anna non era mancina.Successivamente l’autopsia confermerà che il colpo non è stato sparato a bruciapelo ma a circa 30 centimetri di distanza dal capo. A dare la svolta decisiva alle indagini è poi il referto dei Ris di Parma che stabilisce che la morte è avvenuta in cucina e non in camera: la donna è stata trascinata e le tracce di sangue - rilevate con strumenti appositi - completamente lavate. 
Sulla base di questi dati è scattata l’ipotesi di omicidio che ha portato Lavarra, unico presente in casa al momento della morte di Anna, all’arresto. L’uomo, interrogato per ore prima dai carabinieri e poi dal giudice, ha dichiarato che, in preda al panico, ha prima spostato il corpo e poi lavato il sangue con straccio e secchio pur continuando a proclamare la propria innocenza per poi avvalersi della facoltà di non rispondere. 

OMBRE E OMERTÀ DI UNA COPPIA SOLO ALL’APPARENZA TRANQUILLA

I carabinieri hanno chiuso solo la prima parte delle indagini che sono ancora in corso per accertare il movente del presunto omicidio. Dalle prime risultante gli investigatori hanno affermato che la situazione della famiglia di Angelo Lavarra e Anna Barretta, entrambi originari di Massafra in provincia di Taranto, non faceva presupporre la tragedia. La coppia, dopo anni di matrimonio, si era separata consensualmente. Lei, cassiera al Carrefour di Thiene, si era presa un appartamento ma era spesso nella casa del marito, in via Moro a Marano, per andare a trovare le due figlie minorenne che erano state affidate al marito. I carabinieri, inoltre hanno escluso delle relazioni extra-coniugali sia da una parte che dall’altra.


In realtà, dietro a quel “quadretto familiare” c’erano delle ombre che non sono mai emerse del tutto. Tra i due c’erano infatti state delle liti in passato. Qualche anno fa la donna era infatti finita in ospedale per una botta al naso. Lei non aveva fatto nessuna denuncia ma aveva riferito che a procuragli le contusioni, guaribili in una decina di giorni, era stato il marito durante un diverbio. Un’altro episodio, scoperto dagli investigatori, è stato poi certificato nel 2009, quando Anna aveva ricevuto degli schiaffi in viso da parte di Lavarra. Le liti si sono trasformate nella fine del rapporto. Le due figlie minorenni (che attualmente si trovano da dei vicini di casa) vengono affidate al padre al quale sono molte legate mentre - a quanto sembra - con la madre c’erano stati dei contrasti. 

LA PISTA DELLA PREMEDITAZIONE 

A livello investigativo i carabinieri non escludono la pista dell’omicidio premeditato. Dalle indagini risulta infatti che Lavarra era rientrato dal lavoro due ore prima del previsto. Quella mattina, infatti, avrebbe dovuto finire il turno alla Civis alle 7 ma verso le 5 ha chiesto il cambio a un collega dicendo che aveva un forte mal di testa. Dopo la morte di Anna, l’uomo dichiarerà che la donna era arrivata a casa da poco. Una tesi, questa che viene messa in discussione dagli investigatori che pensano che la vittima si sia invece fermata a dormire in via Moro. Lui chiama ambulanza e polizia verso alle 10 del mattino ma il medico legale ha stabilito che la morte della donna è avvenuta qualche ora prima. Perché aspettare tutto quel tempo? 
Quella tragica mattina Anna e Angelo avevano litigato per l’ennesima volta. Lei, qualche giorno prima aveva confidato a un’amica che aveva paura di quell’uomo. Le forze dell’ordine parlano di “gelosia orgogliosa” e di “una matrice culturale alla quale non possiamo fuggire” ma la cruda di realtà del corpo di una giovane donna morta per un colpo di pistola alla testa non può non far pensare - se il delitto venisse confermato - all’ennesimo caso di femminicidio. 


 

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