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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Federica Giacomini, uccisa da Franco Mossoni? "Costretta a prostituirsi"

Secondo le indagini della polizia, coordinate dalla procura di Vicenza, il cellulare di Mossoni avrebbe chiamato quello della vittima anche mentre erano nella casa di lei sulla riva dell'Adige. Le accuse dei genitori

Sono i tabulati telefonici l'arma principale degli invistigatori che stanno lavorando per scoprire chi ha ucciso Federica Giacomini, l'attrice hard 43enne nota come 'Ginevra Hollander', ripescata cadavere l'altro ieri dal Lago di Garda.

L'OMICIDIO Nel mirino degli agenti della squadra mobile di Vicenza c'è l'ex compagno della vittima, Franco Mossoni, 55enne bergamasco, gia' condannato negli anni '70 per un delitto. L'autopsia ha gia' detto che la donna e' stata ammazzata con violenti colpi alla testa; poi il suo corpo e' stato inabissato nel lago, a Brenzone, dentro una sorta di 'bara' di plastica. Il rebus da risolvere ora - determinante anche per radicare l'inchiesta sul delitto, attualmente in mano alla Procura di Vicenza - e' dove la donna e' stata uccisa.

I CELLULARI Molti elementi, si e' appreso da fonti investigative, porterebbero alla casa che Giacomini aveva a Pescantina (Verona), vicino al Lago di Garda. Sarebbero i tabulati telefonici di lei e di Mossoni a indicare questo come il luogo dell'omicidio. L'analisi delle chiamate evidenzia i momenti in cui Mossoni e Federica - che vivevano in una casa in affitto a Vicenza - si telefonano, da luoghi distanti, ma anche quando sono vicini. O vicinissimi: perche' ad un certo punto, a gennaio 2014, Mossoni continua a chiamare il cellulare di Federica quando questo risulta essere nello stesso luogo da dove lui le telefona, o finge di telefonarle: a Pescantina. Fino a che, il 19 gennaio, il cellulare di Federica diventa muto, e non si riattiva piu'. Quando Mossoni torna a Vicenza, il suo cellulare e' attivo, quello della compagna no. 

LE ACCUSE dei genitori: Una settimana prima del ritrovamento del corpo a Castelletto di Brenzone, sul lato veronese del lago di Garda, la coppia aveva presentato un esposto in procura a Vicenza, nel quale un’amica di Federica afferma che la 43enne era costretta a prostituirsi per mantenere se stessa e pagare i debiti di Mossoni. I Giacomini affermano inoltre di aver raccolto elementi per ritenere che Federica avesse paura del compagno, al punto di "urinarsi addosso".

IL BARCAIOLO Sempre i tabulati telefonici dimostrano che tra fine gennaio e inizio febbraio, all'epoca della scomparsa della vittima, Mossoni tenta freneticamente di mettersi in contatto con un barcaiolo di Brenzone. Molti esercizi d'inverno sono chiusi, per cui si arriva facilmente ad identificare il noleggiatore della barca - l'unico aperto in quel periodo - con la quale Mossoni, fingendosi un biologo marino, avrebbe poi portato la cassa di plastica con il corpo di Federica nel Garda. Il barcaiolo non e' indagato nell'inchiesta. Era talmente convinto di avere per cliente un biologo vero, e d'averlo aiutato a buttare in acqua quella strana strumentazione zavorrata, che quando martedi' scorso i sommozzatori hanno riportato in superficie l'involucro l'uomo, da riva, si e' messo le mani nei capelli, ed il suo sguardo si e' fatto sgomento. A lui, diventato quindi il testimone chiave, gli agenti sono arrivati con la perseveranza a il fiuto da investigatori: per due volte l'uomo aveva negato la circostanza, forse temendo una verifica di natura fiscale, per poi ammettere solo qualche giorno fa il contatto con l'assassino. "Si e' vero" ha detto alla Polizia, raccontando di quel finto biologo che voleva portare la voluminosa cassa azzurra nel punto piu' profondo del lago.

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