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"Il villaggio dei dannati": i fenomeni misteriosi di San Gottardo 

Auto e moto che prendevano fuoco, animali impazziti o che morivano, oggetti che si muovevano da soli. È il mese infernale vissuto dai residenti di una frazione di Zovencedo. Ecco la cronaca di un mistero ancora irrisolto

Chi ha oggi più di 40 anni se lo ricorda ancora il 14 febbraio del 1990. Quel giorno a San Gottardo, frazione di Zovencedo, iniziò un incubo tanto inspiegabile nel suo manifestarsi quanto nel suo dissolversi. Tutto cominiciò a casa dell'artigiano Aldo Calgarotto, residente in località Calora, dove improvvisamente i rivestimenti degli interruttori elettrici cominciarono a liquefarsi. Eppure, a sentire i tecnici dell'ENEL usciti per controllare lo strano fenomeno, l'impianto elettrico era in perfetto stato. Gli stessi tecnici si resero testimoni di episodi più inquietanti. Il contatore scattava senza motivo, ripetutamente, il televisore si accendeva da solo, tutto ciò che era di plastica si scioglieva come neve al sole.

La casa di Calgarotto fu solo l'inizio. Nel corso di più di un mese anche altre abitazioni  di Calora (nome stranamente evocativo per quei fenomeni) vennero colpite con le stesse modalità. Gli abitanti, terrorizzati, assistevano a episodi come una sedia rotelle che si muoveva da sola o come tende plastificate che si riducevano a mucchietti di plastica sciolta sul pavimento. Ottorino Barenti, un agricoltore, fu testimone  di un fatto inquietante. Il suo gregge, una notte, si agitò senza motivo al tal punto da fuggire dal recinto e disperdersi per la campagna, belando senza sosta fino al mattino.

L'allora sindaco di Zovencedo, Lucio Donatello, si recò nella frazione armato di scetticismo ma, come San Tommaso, dovette ricredersi. Mentre stava parlando con Calgarotto, infatti, il fanalino della sua auto prese fuoco. L'incubo continuò con una serie di vicende ancora più paurose. Una pecora della famiglia Franceschetto partorì un agnellino morto e la cosa si ripeté con altri quattro ovini. Cani e gatti, sopratutto questi ultimi, sparirono e furono ritrovati privi di vita. E poi le persone. La gente iniziò a sentirsi male, accusando disturbi come cefalee, crampi allo stomaco e diarrea.

La stampa cominciò a ribattezzare il paese con il nome "Il villaggio dei dannati". Non passava giorno senza che i giornalisti accorressero a raccogliere testimonianze e indagare. Qualcuno buttò sulle pagine un titolo evocativo quanto terrificante: “L’Occhio che uccide”. Si cominciò a parlare di spiriti che infestano le case, di poltergeist evocati da chissà chi. La psicosi serpeggiava a un livello tale che un 15enne, considerato dotato di facoltà paranormali, fu allontanato dal paese.

Sul caso intervenne anche il prefetto e fu mobilitata anche la Protezione Civile. I tecnici emisero il loro verdetto scientifico: su quelle colline c'erano troppe onde elettromagnetiche a frequenza altissima, dovute ai troppi ripetitori installati attorno che avrebbero creato un campo di tale intensità da provocare tutta quella serie di bizzarri fenomeni. Il prefetto arrivò a chiedere l'intervento della Commissione Grandi Rischi.  Nel frattempo tra i vicentini si era insinuato un dubbio meno esoterico. Gli spiriti vennero sostituiti con gli americani. Erano diventati loro i responsabili delle autocombustioni e dei malesseri con le loro presunte armi di chissà quale potenziale nascoste nel ventre delle colline e con i loro fantomatici apparecchi radar dalla forza terribile. Non era raro sentire, in quei giorni, anche di fantomatici esperimenti degli statunitensi di stanza alla base di Longare.

Poi, improvvisamente, la pioggia portò via tutto. Il 22 marzo 1990 il "villaggio dei dannati" tornò alla normalità e i fenomeni cessarono di colpo, così come erano arrivati. La pioggia portò via tutto a parte il ricordo di un mistero non ancora risolto. 

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