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Pfas e Tav veneto, «inquietante il silenzio» del Ministero dell'ambiente

Secondo un ex consigliere comunale di San Bonifacio l'Alta velocità potrebbe aggravare la contaminazione da derivati del fluoro: il cuore del problema andrebbe cercato nel sottosuolo dell'Ovest della provincia berica

«Non mi è ancora chiaro se lo sciopero indetto dagli avvocati penalisti dal 21 al 25 di ottobre comporterà il rinvio della prima udienza del processo Miteni a Vicenza. Certo è che quel processo, pur importantissimo, non esaurirà i dossier  in sospeso sul tema dei Pfas e sul tema della contaminazione cagionata «da questi temibili derivati del fluoro in tutto il Veneto centrale». C'è per esempio la questione delle interferenze con le grandi opere. Il problema si pose con la Superstrada pedemontana veneta. E adesso si ripropone paro paro con il Tav, almeno nel Vicentino e nel Veronese». A parlare in questi termini è Vasco Carradore. Già consigliere comunale nonché presidente della Commissione urbanistica del comune di San Bonifacio nel Veronese durante la consiliatura dal 2004 al 2009, da anni Carradore, fa parte della rete degli attivisti che contestano questo progetto di Alta velocità ferroviaria in primis lungo l'asse veneto.

«Si tratta di un'opera in cui la trasparenza non regna sovrana» spiega lo stesso attivista il quale ricorda che il Ministero delle infrastrutture su quel progetto fu obbligato ad inserire un parere integrativo della Commissione di valutazione impatto ambientale, la Via, un parere che evidenziava alcune criticità di non poco conto. Per di più la pubblicazione di quel parere integrativo avvenne solo in seguito ad una formale diffida legale redatta dall'allora consigliere comunale di Montecchio Maggiore Sonia Perenzoni del M5S.

Dunque Carradore perché quel parere la preoccupa così tanto?
«Io credo che quella vicenda sia troppo presto finita in cavalleria, almeno mediaticamente e politicamente parlando. Anzitutto quel parere riguarda esclusivamente problematiche legate alle sostanze perfluoro-alchiliche note come Pfas. La prima annotazione che salta all'occhio è che nel parere che la commissione Via ebbe a redigere in data 25 novembre 2016 il tema dei Pfas non sia stato affrontato adeguatamente o addirittura sottovalutato».

Per quale motivo il ministero avrebbe agito così alla leggera, salvo poi ammettere in qualche modo tale leggerezza?
«Bisognerebbe chiederlo a Roma. Ricordo che la commissione Via non è un organismo del Ministero dei trasporti, bensì un organismo del Ministero dell'ambiente. È un soggetto investito di un potere enorme perché è in grado di dire sì o non ad una qualsiasi grande opera per ragioni di tipo ambientale. Io dico solo una cosa. Tutti coloro che tra cittadini, gruppi o associazioni che in sede di consultazione pubblica avevano presentato documentazione che attestava la gravità della situazione avevano visto giusto: talmente giusto che il Consiglio dei ministri in una delibera del 21 marzo 2018 scriveva, ed attenzione cito letteralmente il testo, che veniva dichiarato per dodici mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche delle falde idriche nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova».

E c'è dell'altro?
«Sì. In quelle carte troviamo scritto e cito sempre letteralmente, che il tracciato ferroviario di progetto nella tratta più vicina all'abitato di Trissino corre sempre in rilevato, in cui non sono previsti scavi significativi e comunque sempre al di sopra della falda stessa. Si può pertanto ritenere che non vi sia nessuna possibile interferenza diretta con le acque contaminate».

E quindi?
«Peccato che nulla venga scritto sul fatto che nel percorso che interessa il territorio comunale di Montebello Vicentino le palificazioni arriveranno fino a cinquanta metri di profondità ed allora mi pare chiaro che tutte le falde fino a quella profondità, comprese quelle inquinate dai Pfas, verranno messe comunque in comunicazione. Non c'è da stare allegri. E poi c'è un altro aspetto che mi preoccupa».

Di che si tratta?
«Tra le carte del Ministero dell'ambiente sempre in replica alle osservazioni redatte dai cittadini in data 03 marzo 2016 sta scritto testualmente che il parere elaborato dalla Commissione tecnica di valutazione ambientale ha considerato compiutamente tutte le osservazioni pervenute durante la fase di consultazione e le relative controdeduzioni effettuate dal proponente, con riferimento alla problematica connessa all'inquinamento da sostanze perfluoro-alchiliche sulla base del contributo fornito da Ispra ovvero dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale».

Che cosa non la convince?
«Il termine compiutamente non mi convince affatto. Sollevo delle riserve per il fatto che avevo sollecitato agli organismi competenti una Vis ossia una Valutazione di impatto sanitario nonché una Viias ossia una Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario tenendo presente il principio di precauzione dell'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Bene sa quale è stata la risposta della commissione Via in seno al ministero?».

Quale?
«Si prende atto dell'osservazione: cioè si è dato seguito a questa specie di replica senza che lorsignori si degnassero di rispondere nel merito o di spiegare come mai la mia richiesta sia finita nel cestino della spazzatura. Questo essere europeisti solo quando conviene esclusivamente a certi ambienti o a certi poteri è una caratteristica tutta italiana».

E poi?
«Oltre all'arroganza c'è anche una questione di merito che non può essere sottaciuta perché qui siamo di fronte ad un Ministero che in presenza di un potenziale rischio sanitario semplicemente lo ignora senza darne spiegazione. Ma stiamo scherzando? Si tratta di un problema enorme soprattutto per i territori a scavalco tra Veronese e Vicentino. Onestamente avrei preferito avessero scritto che l'osservazione era fumosa e non meritevole di considerazione. Sarebbe stata una risposta meno indecente».

E come l'ha presa lei a quel punto?
«Ovviamente molto male. Pensi che la nostra rete di comitati veronesi ha scoperto, poi per ammissione della stessa commissione Via, che le controdeduzioni alle osservazioni preparate dai cittadini e pervenute al destinatario nella fase di consultazione sono state elaborate assieme al general contractor o contraente generale se preferiamo la dizione italiana».

Il general contractor, ovvero Iricav 2, è il raggruppamento di imprese che ha ottenuto dallo Stato il compito, mediante una concessione, di costruire il Tav o Treno a alta velocità come lo si chiama spesso, lungo l'asse veneto da Verona a Vicenza sino a Padova?
«Sì esatto».

Ma mi scusi, non è come chiedere all'oste che serve da bere se il suo vino è buono? Detto in altri termini come può il controllore rispondere agli addebiti dei cittadini assieme al controllato? Non c'è conflitto d'interesse?
«Appunto siamo al ridicolo se la faccenda non fosse drammatica. Come diceva il compianto scrittore romano Ennio Flaiano in Italia tutto è grave ma nulla è serio. Entrando più nel dettaglio e lasciando da parte l'umorismo, tutto ciò fa pensare che il problema vero non sia decidere se occorre dare parere positivo o negativo allo studio di impatto ambientale, ma decidere come scrivere il parere positivo. Se ciò non fosse vero dovrebbero essere ascoltati in contraddittorio anche coloro che hanno presentato le osservazioni».

Senta Carradore però nel frattempo di acqua ne é passata sotto i ponti. Quest'estate c'è stato un cambio di governo. La Lega è uscita dalla coalizione di maggioranza ed è entrato il Pd. Al Ministero delle infrastrutture che era capitanato da Danilo Toninelli del M5S oggi c'è Paola De Micheli del Pd. La vecchia commissione Via, quella che da suoi detrattori era stata considerata troppo vicina agli stake-holder fautori delle grandi opere è stata azzerata dal ministro dell'ambiente Sergio Costa che l'ha sostituita con una in cui la componente ecologista sembra assai più qualificata. Che cosa dice lei al riguardo?
«È deprimente che il ministro dell'ambiente non abbia ancora fatto alcun gesto concreto. Questo silenzio è inquietante. Nel frattempo i pareri e le valutazioni espresse sui Pfas da parte della vecchia commissione sono emblematici di un approccio che appare pericolosamente superficiale. Sul pronunciamento da parte della precedente commissione in tema di Pfas il ministro Costa purtroppo sta ancora tacendo».

E come mai?
«Purtroppo debbo constatare che quando si parla di Alta velocità si toccano interessi giganteschi e riesce difficile capire dove finisce il diritto e comincia l'arbitrio».

Lei sta dicendo che i poteri costituiti, come li chiama il professor Marco Ponti, uno dei più fieri contestatori del Tav, possano avere imposto una sordina alla questione della interferenza della Tav stessa con il problema dei Pfas? Cioè, lei teme che pur di andare avanti col progetto i portatori di interessi, proponenti e ministeri vari occultino il rischio che il tracciato del Tav amplifichi la attuale contaminazione da Pfas per tutto il Veneto centrale?
«Certo. Magari occultare è una parola forte, ma risponde al vero. Ne è testimonianza il trattamento riservato dalla stampa al professore Ponti come se lui si fosse inventato le modalità di redazione delle analisi costi benefici. Mentre costoro sanno benissimo che queste sono stabilite con un decreto della Presidenza del consiglio dei ministri che risale al 3 agosto 2012. Non aggiungo altro».

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