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«Inutile piangere per il taglio dell'abete del Papa. Le piante abbattute sono troppo poche»

Prosegue la polemica sull'albero dell'Altopiano finito in Vaticano. Per un esponente della rete ecologista berica l'eccessivo rimboschimento sta nuocendo alla montagna

È inutile lamentarsi per il taglio dell'abete finito pochi giorni fa in piazza San Pietro come albero di Natale: pur contando i vegetali schiantati dalla tempesta Vaia, a causa dello spopolamento i boschi, specie nelle montagne del Veneto stanno prendendo il sopravvento. Per questo gli ambientalisti di maniera dovrebbero smetterla di innalzare le loro trenodie.

Alla grossa è questo il succo di una lettera al vetriolo diramata ieri 16 dicembre con cui Gianni Luigi Padrin di Torri di Quartesolo, vulcanico esponente della rete ambientalista vicentina e del Comitato alluvioni del Veneto, risponde a muso duro alla critica sul taglio dell'albero dell'altopiano di Asiago poi finito ad abbellire la città eterna dentro le mura leonine. Una critica che un'altra ambientalista, la dottoressa forestale Marta Frigo aveva consegnato alle colonne di Vicenzatoday.it non più tardi dell'11 dicembre 2019.

«I boschi sono in espansione da trent'anni - attacca Padrin - la Tempesta Vaja che ha abbattuto tantissimi... alberi, è stata comunque ben poca cosa in percentuale alla superficie arborea complessiva. Di più, un grande albero adulto in fase finale di crescita, e quindi verso una probabile morte,  comunque andrebbe tagliato a fette per far tavole, travi e travetti, se non oggi, fra qualche anno. Ogni anno nel solo Veneto se ne tagliano milioni di alberi, ma sono ancora troppo pochi. Comunque, passato il natale, il legno di quell'albero santo sarà utilizzato, quindi si chiude il ciclo del carbonio, visto che l'andidride carbonica che sarà rilasciata in aria non sarà nuova CO2 come quella che deriva da fonti fossili ma sarà la stessa CO2 che l'albero aveva inspirato ed immagazzinato dall'aria durante la sua vita».

Padrin poi rincara la dose: «Per colpa dei nostri politicanti dell'ultimo mezzo secolo, l'economia italiana è in difficoltà, se non molto peggio, ma per chi abita in montagna o zone di difficile e lontano accesso, la vita è ancora in bilico di espatrio dai propri paesi. La desertificazione dei centri storici è visibile a chiunque... La realtà è tragica e la provincia di Belluno, tutta in montagna, è in pauroso calo della popolazione... anche per colpa degli stessi politici e di certe associazioni di categoria che poco si battono affinché agricoltori e boscaioli abbiano un sostegno al reddito in maniera da potere continuare ad abitare il territorio di montagna. Di conseguenza - prosegue Padrin - mancando agricoltori e boscaioli, i boschi sono in crescita costante: la loro presenza invade sempre più gli spazi attorno alle vecchie case, alle contrade, agli orti...».

E non mancano nemmeno le critiche a quei settori dell'ecologismo che difendono la presenza dei predatori: «Ci mancavano orsi e lupi a far scappare tutti: allevatori di zona, di pianura e turisti d'altura. Grazie agli ambientalisti della domenica, che lasciano rogne e problemi ai locali, per gli altri sei giorni della settimana e per la maggior parte dei mesi dell'anno. Pensano che orsi e lupi siano compatibili con la presenza umana, specialmente quando i lupi per il prossimo anno saranno quasi cento solo nel Veneto. Sono animali bisognosi di tonnellate di carne cacciata nei boschi. Per la presenza di questi predatori - continua ancora Padrin - sono state chiuse anche alcune segherie che una volta costituivano una ottima fonte di reddito dopo quella che derivava dalla produzione di carne, di latticini, di formaggi d'alpeggio o di altura. Si tratta di prodotti di alta qualità, oltre che biologici in re ipsa, visto che gli animali lì allevati bevono acqua buona e mangiano erba incontaminata».

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