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Il lungo fiume di veleno: Titti, la prima vittima di overdose

Triste primato sotto lo sguardo della Madonna di Monte Berico: a uccidere Fiorella Nicolato, appena 18 enne, non fu l'eroina o altre sostanze stupefacenti, ma un cardiotonico

Fiorella Nicolato fu la prima vittima per droga in Italia.

In una città che faticava a rimanere al passo con questa nuova epidemia un virus che sembrava scavare nel profondo delle nuove generazioni. I primi spacciatori di professione, quelli che non vendevano per bucarsi, già facevano capolino tra i quartieri e il centro città come rappresentanti di una qualsiasi ditta di commercio al dettaglio.

Titti, come veniva chiamata, non era figlia del degrado di una grande città dove l’essere umano viene annullato. Era figlia di un bidello del Fusinieri e di una barista che gestiva il bar della cooperativa dei Ferrovieri, come si legge nel bel libro di Alberto Belloni, “Giro di Nera”.  Non era neanche una ribelle a tutti i costi, era un'atleta di ginnastica dell’Umberto I e le sue amicizie erano coetanei normalissimi, figli di un tempo che non avrebbe lasciato nulla di inalterato. Erano dei “ragazzi del muretto” che però preferivano un bar all’incrocio tra Via Quadri e Viale Trieste, giovani che si raccontavano storie che arrivavano dalle capitali europee e dalle grandi città italiane.

Con i loro soprannomi, con le loro storie di ribellione, con i loro amici “più grandi” che avevano già varcato i confini dello Stato e la “sapevano lunga” sulla vita, tanto da essere considerati quasi dei paramedici per la loro sapienza nell’iniettare qualunque cosa nelle vene. E così fu un tale “Mefisto” a compiere l’atto che portò Fiorella a morire per un ictus. Aspettando un “flash” che non sarebbe mai finito, da cui non si sarebbe mai più risvegliata.

Da quel giorno, per oltre venticinquemila volte, i sogni si infransero nell’inganno di una strada chiusa.

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