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«No a norme liberticide con la scusa della diffamazione»

Il vicesegretario vicentino del sindacato giornalisti attacca ad alzo zero il lavoro della Commissione giustizia che a Montecitorio sta vagliando la riforma delle norme sulla libertà di stampa

«In Italia manca una legge sulla libertà di stampa: basta pannicelli caldi». È un j'accuse a tutto tondo quello contenuto in una nota diramata ieri 21 novembre da Francesco Brasco nella sua veste di vicesegretario della Associazione vicentina della stampa - Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti. La presa di posizione del vicesegretario della Avs giunge in un momento delicatissimo perché il Parlamento sta cercando di modificare, con l'intento almeno dichiarato di rendendole più attuali, le norme sulla diffamazione, sulla stampa e più in generale quelle sulla libertà di espressione. Tuttavia c'è una parte del mondo giornalistico che ritiene le proposte di modifica, in queste settimane al vaglio della Commissione giustizia della Camera dei deputati, assolutamente inadatte se non lesive «del diritto dovere di informare l'opinione pubblica».

UN PERCORSO SPARITO DAI RADAR DELL'INFORMAZIONE
A dire il vero questo percorso normativo è pressoché sparito anche dai radar della stessa informazione. Tuttavia a distillare un primo giudizio sul pacchetto di modifiche, compresi diversi emendamenti proposti dalla opposizione di centrosinistra ci aveva pensato Ossigeno, l'osservatorio sui giornalisti minacciati, che non più tardi del 17 novembre, fa sapere Brasco, aveva per l'appunto proposto «una sua lettura relativa ad alcuni emendamenti che l'opposizione di centrosinistra, sta portando avanti rispetto alla revisione della normativa in materia avanzata dalla maggioranza di centrodestra».

LA CRITICA PACATA ALL'OSSERVATORIO OSSIGENO
Ora, con tutta prudenza del caso, spiega ancora il vicesegretario, al netto della meritoria opera dell'osservatorio, «la seppur timida apertura di credito di Ossigeno rispetto agli emendamenti cari alla opposizione, appare un pochino fuori bersaglio».

Per Brasco infatti la posta in gioco non è tanto la singola concessione sul piano della procedura: per esempio l'improcedibilità in caso di manifesta infondatezza della querela oppure l'istituzione del fondo per le spese legali. Si tratterebbe sì di «aperture importanti» come importante è «l'estensione del segreto professionale integrale ai giornalisti pubblicisti» non professionisti che viene chiesta da molti organismi europei peraltro.

LE BORDATE AL DECALOGO DELLA CASSAZIONE: UN FOMITE PER LE QUERELE TEMERARIE
Per l'Asv siamo però solo ai primi passi, «ai pannicelli caldi verrebbe da dire». Il motivo? «La posta in gioco pesante infatti sta nella riscrittura in toto delle norme che tutelano la libertà di stampa superando in maniera definitiva il dettato del decalogo della Cassazione penale in tema di diffamazione». Si tratta di un vecchio pronunciamento della Cassazione civile che risale addirittura agli anni '80 del secolo scorso e che alla grossa costituisce la giurisprudenza di riferimento in materia di diffamazione: una sorta di vademecum che entra nel dettaglio di alcune scelte. Per contro i detrattori del decalogo ritengono che quel pronunciamento volontariamente o meno abbia aperto le porte «al meccanismo infernale delle querele temerarie».

CRONISTI DIVISI? TRA DUBBI E SCENARI
Peraltro anche il giornalismo è attraversato da alcune correnti di pensiero contrapposte. Se da una parte infatti ci sono i cronisti politici, quelli di amministrativa, di sport, di economia e un pezzo preponderante dei cronisti di giudiziaria che non di rado sono per il mantenimento dello status quo, dall'altra c'è il fronte variegato del giornalismo d'inchiesta, di approfondimento, con alcuni settori della nera, della giudiziaria e dei polemisti, che chiede un radicale cambio di passo.

LA BATTAGLIA DELL'UNESCO IN FAVORE DELL'INFORMAZIONE DI QUALITÀ
In questo senso riecheggiano le parole dell'Unesco che da anni parla di «Uso scorretto del sistema giudiziario per attaccare la libertà di espressione». Il rapporto Unesco che entra nel dettaglio del caso risale al 2022. All'estero ha fatto molto clamore mentre nel Belpaese, nonostante sia stato tradotto in Italiano proprio da Ossigeno, è più o meno sconosciuto.

Il tema di fondo infatti è quello della progressiva cancellazione dai codici di mezzo mondo degli illeciti in tema di diffamazione con la prospettiva di affidare ad altri strumenti l'accertamento dei fatti quando ci siano anomalie o condotte lesive della dignità delle persone: il tutto con l'obiettivo ultimo di tutelare l'informazione libera e di qualità.

L'AFFAIRE ASSANGE
In questo senso un esempio arriva dagli Usa dove in ragione del primo emendamento alla Costituzione la diffamazione in ambito penale è molto difficile da perseguire. Negli Usa di contro i maggiori pericoli si registrano da sempre in ambito civilistico per non parlare delle norme penali anti-spionaggio «la cui torsione spasmodica» ha dato vita alla querelle sul caso di Julian Assange.

SERVE UNA LEGGE «AD HOC»
Ed è sulla scorta di queste premesse che va letta la presa di posizione del sindacato berico. «Non è pensabile infatti che in un Paese come l'Italia - attacca Brasco - la disciplina della libertà di stampa e di espressione sia affidata de facto alla giurisprudenza e non ad una legge ad hoc al passo coi tempi che sancisca in modo univoco la non negoziabilità della nozione di diritto dovere di cronaca e di critica: che questo venga esercitato dal professionista dell'informazione o meno».

LA STILETTATA
E la nota finisce con una stilettata proprio ai giornalisti: «Da questo punto di vista serve una seria riflessione interna alla nostra categoria...: in troppi sembrano essere sotto sotto favorevoli al mantenimento dello status quo». Ai taccuini di Vicenzatoday.it Brasco spiega che occorre «dire no a norme liberticide che si facciano scudo di un uso distorto del concetto di diffamazione». 

PROTAGONISTI VENETI
L'argomento è centrale anche per il Veneto anche per il solo fatto che a Montecitorio la commissione giustizia è presieduta dal veronese Ciro Maschio di Fdi. Il segretario è il democratico padovano Alessandro Zan. Nella stessa commissione, ma al Senato, ci sono i vicentini Erika Stefani della Lega e Pierantonio Zanettin di Forza Italia.

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