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Mala del Brenta, la vendetta su Maniero si vende in libreria

Quali sono le motivazioni che inducono un criminale, che ha scontato o che sta scontando una pena, a raccontare un passato che gli ha regalato solo rimorsi e rimpianti?

Scrivere un libro autobiografico, per chi ha scontato anni di carcere frutto di un passato criminale, non è mai facile. Soprattutto quando a sessant’anni ti accorgi, che la tua vita da uomo libero, la puoi raccontare in qualche centinaio di pagine. Lo hanno fatto in tanti, da Vallanzasca al “Freddo” della Banda della Magliana, Maurizio Abbatino. Uomini che hanno fatto scrivere migliaia di pagine di giornale con le loro gesta criminali, uomini che a modo loro hanno segnato un’epoca.

Ma quali sono le motivazioni che inducono un criminale, che ha scontato o che sta scontando una pena, a raccontare un passato che gli ha regalato solo rimorsi e rimpianti?

Innanzitutto va detto che ci sono aspetti, di alcune vicende criminali, che non sono mai state trattate fino in fondo, vicende che sono coni d’ombra in cui le sentenze giudiziarie non si sono mai addentrate fino in fondo.

È in parte il caso della Banda della Magliana ma ancora di più quello della Mala del Brenta di Felice Maniero. Una “mafia” considerata dai media come una” mafia minore”, quasi da dimenticare o da minimizzare. È proprio in questo contesto “veneto” che le motivazioni per scrivere un libro, da parte dei protagonisti di quel periodo, prendono sfaccettature diverse e uniche.

L'ex boss

Felice Maniero, dall’alto del suo ruolo, una biografia l’aveva scritta ed è stata anche prodotta in una fiction per Sky: Faccia d’Angelo, con un bravissimo Elio Germano. Peccato però che sia stata ritirata dal mercato anni fa, forse perché troppo sfacciatamente intrisa di lati che non disegnavano la sua vera grana criminale.

Ci riproverà, secondo dei rumors, con un gruppo editoriale che ultimamente ha dato molto spazio alle sue “verità” e alla necessità di tornare ad essere accettato dalla società come un cittadino normale.

Gli ex sodali traditi

La vera novità è invece il fatto che siano i suoi luogotenenti a voler metter mano alla penna, un vero inedito nell’ambiente criminale. E con motivazioni diverse per molti versi. Significative.

Se Giampaolo Manca, uomo dei “veneziani” della Mala, ha voluto dare al suo libro, “All’inferno e ritorno”, una forma di riscatto sociale e un monito alle nuove generazioni che troppe volte vengono affascinate dal male (come si può sentire dalla sua voce nell’intervista fatta da Andreas Ronco per “il Veneto imbruttito”), per altri il discorso è diverso.

C’è infatti una componente che riguarda le “verità non dette”, con l’ingrediente della vendetta come motore.

Lo sarebbe stato per “il Presidente” Silvano Maritan, capo dei “mestrini” della Mala, che dopo 33 anni di carcere aveva annunciato un libro-verità su alcuni fatti mai imputati a Felice Maniero e per cui non ha mai pagato. Ma pochi giorni dopo la sua scarcerazione, durante una colluttazione, ha ucciso una persona con una coltellata alla gola, per cui è stato condannato a 14 anni di reclusione. Un “fine pena mai” non scritto.

Lo è sicuramente per uno degli uomini che è stato più vicino a Felice Maniero fin dall’infanzia, di cui non facciamo il nome per evitare “pressioni” di qualsiasi tipo. Anche lui con i capelli bianchi e con decine di anni di galera passati a riflettere sulla collaborazione-tradimento del suo ex leader.

Da anni si parla del pericolo che gli ex sodali di “Faccia d’Angelo” vogliano vendicarsi del suo tradimento calcolato. Nessuno ha mai pensato invece a questo genere di vendetta, servita fredda e senza spargimento di sangue. Un modo inedito per far pagare all’ex boss gli anni di galera che si sono fatti loro. Una vendetta che si chiama verità.

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