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Mafie nel Vicentino, timori a palazzo Nievo

Dopo le cronache di questi giorni che rilanciano il tema della colonizzazione criminale del Nordest alcuni consiglieri provinciali starebbero chiedendo all'ente di contrà Gazzolle di prendere posizione

Sono almeno un paio i consiglieri provinciali che hanno chiesto o stanno per chiedere al presidente della provincia berica Francesco Rucco di assumere una presa di posizione precisa dopo i fatti di cronaca degli ultimi giorni in relazione alla ennesima inchiesta relativa alla presenza della criminalità mafiosa nel Veneto e nel Vicentino. L'indiscrezione è cominciata a circolare oggi 28 novembre a palazzo Nievo.

Le cronache di questi giorni stanno avendo molta eco sui media veneti rispetto alle indagini che hanno acceso i riflettori, tra gli altri, nei confronti della famiglia Bolognino ed in particolare nei confronti di Sergio Bolognino residente a Tezze sul Brenta nel Vicentino. Secondo gli investigatori si tratterebbe di un uomo collocato all'interno di un potente sodalizio di 'ndrangheta, sodalizio che avrebbe potuto contare con un legame in particolare: quello col fratello Michele Bolognino, residente a Reggio Emilia, a sua volta collegato a Genesio Mangone, finito nella rete dell'operazione Camaleonte che ha visto impegnati gli uomini della GdF di Mira ma anche altri appartenenti alle forze dell'ordine del Padovano: il tutto sotto il coordinamento della procura antimafia di Venezia che ha indagato un totale di 54 persone e che ha vagliato episodi di intimidazione che avrebbero lambito anche il comune di Rosà, sempre nel Vicentino, come spiega pealtro il GdV di oggi.

Nel Vicentino il Nordest è un contesto delicato. Se si parla di Rosà è sufficiente pensare alla penetrazione delle ecomafie campane denunciata anni fa dell'ex sindaco Lorenzo Signori, cui si aggiunge un recente fatto di cronaca nera, il taglio delle gomme al furgone di una troupe della Rai che si occupava di una querelle ambientale, episodio sulle cui indagini si sa ancora poco o nulla. «Noi siamo davvero preoccupati - fa sapere da contrà Gazzolle un consigliere provinciale che chiede l'anonimato - perché cominciano a delinearsi alcune situazioni precise in cui storie di mafia o comunque di violenza che lambiscono la politica del territorio, i pubblici poteri, alcune vicende amministrative o personaggi vicini ai gangli della politica locale».

Il consigliere fa riferimento anche all'incendio che a metà maggio distrusse la Jaguar di un ex componente della giunta comunale proprio di Tezze sul Brenta. «Per non parlare di quello che è successo a Eraclea nel Veneziano anche in relazione agli affari immobiliari lungo il litorale adriatico fino a ritornare in terra berica, dacché nell'ambito dell'operazione Terry siamo venuti a sapere dai media di alcune inquietanti vicinanze tra ambienti di 'ndrangheta e ambienti del comprensorio leoniceno nell'Ovest vicentino a scavalco tra politica ed imprenditoria».

Per questo motivo il consigliere si dice sicuro che «il presidente Rucco terrà nella dovuta considerazione ogni suggerimento idoneo affinché Palazzo nievo batta un colpo molto deciso anche perché sarebbe da sciagurati e non voglio usare termini più lugubri se la politica e le istituzioni vicentine non tenessero nel dovuto conto il grido d'allarme lanciato poche settimane fa dalle fiamme gialle». In questo caso il riferimento è ad una analisi sulla colonizzazione dei sodalizi mafiosi, nel Vicentino ma non solo, che il comandate provinciale della Guardia di finanza di Vicenza (si tratta di Crescenzo Sciaraffa) rese di pubblico dominio durante un convegno sulla criminalità organizzata tenutosi a palazzo Bonin Longare a Vicenza non più tardi del 17 ottobre. In quella occasione il comandante tratteggiò uno scenario a tinte fosche, fatto di dati, cifre e riferimenti precisi, che descriveva non di una semplice infiltrazione, come una parte dei media tende a definire questa penetrazione, ma di una colonizzazione tout-court ormai in atto da tempo, colonizzazione in cui i sodalizi criminali operavano stabilmente e in modo sinergico con pezzi, anche pregiati, del tessuto economico locale. Tanto che lo stesso Sciaraffa (in foto) parlò di «una platea qualificata» composta da 5500 persone fisiche e ben 3400 imprese, più precisamente «persone giuridiche», meritevoli di attenzione da parte delle istituzioni delegate perché presentavano requisiti sospetti in ragione del solo incrocio dei dati a disposizione delle amministrazione pubbliche. Si tratta di un quadro che all'epoca lasciò basito l'uditorio.

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