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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Spv, appalti e trasparenza: silenzio giallo-verde

Il silenzio del M5S sulle gare azzerate e sulla proposta di azzerare la norma che ha fatto nascere la Pedemontana veneta, la dice lunga sulla reale volontà di cambiamento del nuovo governo

L’ennesima dimostrazione che la politica sia per vocazione portata all’ipocrisia in ogni partito, in ogni movimento arriva dalla modifica del codice degli appalti. Su input del Carroccio, che punta a diventare il nuovo vate unico del cemento, la finanziaria ha votato una norma che introduce una deroga abnorme alla già disgraziata disciplina vigente. Una norma che fa salire a 150mila euro la soglia degli appalti che si decideranno senza gara.

Si tratta di una modifica alla legge che agevolerà, come se in Italia ce ne fosse ancora bisogno, la corruzione e le pratiche mafiose. Una preoccupazione che non arriva solo dal presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, ma anche dal presidente della commissione antimafia Nicola Morra, che però, come fa correttamente notare il senatore del Pd Salvatore Margiotta, fa parte di quella maggioranza che tale cambiamento della legge lo ha appoggiato e difeso.

Raccontare sulle intemerate anticorruzione di Lega e M5S quando erano all’opposizione per poi parlare del magico dietro-front quando il dinamico duo si è trovato appollaiato a palazzo Chigi è come sparare sulla Croce rossa. Come sparare sulla Croce rossa, a parti invertite, sarebbe se si facesse il conteggio delle norme scritte (o ancor meglio quelle che non sono state scritte e che si sarebbero dovute scrivere) da chi ha preceduto i nuovi inquilini di palazzo Chigi: Pd prima e Fi dopo, con quest’ultima che con l’odiata Lega ci aveva anche governato peraltro. Ora, i benpensanti obietteranno che in realtà la soglia è bassa. Il problema però è che, quanto meno nei comuni, attorno al 70% degli affidamenti viaggia sotto quel limite. Il che equivale ad una enorme mole di danaro. Una parte del quale sicuramente sarà intascato da corrotti e mafiosi: al sud, al centro e al nord, isole comprese.

È l’ennesimo segnale che la democrazia, anche quella delle alternanze è un paravento. Chi va al governo, sempre, come d’incanto, diventa l’interprete più o meno silenzioso d’un copione in cui l’interesse particolare su quello collettivo di riffa o di raffa ha quasi sempre la meglio: indipendentemente da chi in un dato momento è in maggioranza. Detto in termini musicali cambiano i suonatori ma la musica rimane sempre la stessa.  Chi è in maggioranza gioca sporco e chi è all’opposizione finge di indignarsi sapendo che quando sarà, o ritornerà al governo, farà esattamente le stesse cose. Cercare di capire chi tira i fili, chi ci guadagna comunque, chi alla fine salvaguarda sempre il suo interesse pareva sarebbe diventato una priorità per chi ha vinto le elezioni qualche mese fa. E invece, come d’incanto o per una dannazione, dipende dai punti di vista, gli ingredienti della minestra sono rimasti gli stessi. Ma non c’è solo la legge sugli appalti da prendere in esame.

Un altro esempio, sempre nell’ambito dei contratti pubblici, riguarda il cosiddetto project-financing o finanza di progetto. Si tratta di quella particolare formula di partenariato tra pubblico e privato che avrebbe dovuto incentivare quest’ultimo ad investire in progetti utili per la collettività, ma che in anni e anni di attività ha generato debito occulto per oltre duecento miliardi. I comitati che si battono contro la Pedemontana veneta, che è uno dei simboli del fallimento del project financing e del suo uso pensato dal legislatore solo per ingrassare le tasche dei proponenti, avevano chiesto di inserire in finanziaria un emendamento che cancellase quella opzione dall codice dei contratti pubblici.

La richiesta è stata indirizzata a pressoché tutte le forze presenti in parlamento. E la risposta quale è stata? Zero. In realtà questa preghiera era stata indirizzata con una speranza particolare al M5S che per anni aveva visto la finanza di progetto come una diavoleria pensata solo ad arricchire i soliti noti. Tuttavia appena il M5S ha avuto la possibilità di interrompere questo malnato solco non lo ha fatto. Un’altra norma, che a costo zero, si sarebbe potuta inserire nell’ordinamento, riguarda le garanzie che il privato (sia che costruisca una strada, una discarica, una fabbrica potenzialmente inquinante) è obbligato a depositare prima di cominciare i lavori.

Garanzie che equivalgano almeno il doppio dei lavori o nel caso delle discariche corrispondano ad almeno il doppio od il triplo del flusso generato dal trattamento dei rifiuti al prezzo stabilito dall’ente di controllo. Una norma così pensata, nella malaugurata ipotesi che qualche privato sbagli, lo obbligherebbe ad accantonare prima una certa somma, proprio in modo tale che in caso di inadempienza o di comportamento scorretto ci sia la cassa per ripagare subito il danno.

Ovviamente le imprese che non sono in grado di garantire questi standard di solidità finanziaria sarebbero escluse in partenza. Anche di questo però, nella finanziaria che doveva spezzare le redini all’Europa non c’è traccia. Segno che le redini sono state spezzate solo al contribuente. L’ennesima presa per i fondelli poi arriva dalle forze politiche che rappresentano le opposizioni che siedono sugli scranni di Montecitorio e palazzo Madama. Avete sentito qualche sindaco appartenente a quella schiatta lamentarsi come di deve che il parlamento ha votato una norma mafiogena? Segno che il pargolo partorito nel grembo giallo-verde, pronto per essere allattato dalla grande mammella, sotto sotto è gradito: anche da quegli avversari che per ogni motivo sbraitano contro i populisti che agitano i sonni dei vestali della ragione.

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