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Commercio e Covid-19: la protesta giunge a Campo marzo

Gli esercenti della città del Palladio scendono in piazza: contestano il governo e chiedono più rapidità e più flessibilità per le riaperture ma c'è fastidio per la freddezza dell'ultim'ora che arriva dalla giunta regionale

«Comprendiamo bene le ragioni di questo flash mob: i problemi lamentati dai commercianti a Vicenza come altrove sono reali. L'amministrazione non può che essere solidale con queste persone». Ha usato queste parole il sindaco berico Francesco Rucco (spalleggiato dall'assessore alle pari opportunità Valeria Porelli e dall'assessore al commercio Silvio Giovine) quando oggi a mezzodì i a campo Marzo circa trecento commercianti della città si sono trovati per una contestazione «pacifica e ben organizzata» per protestare contro la prosecuzione del blocco di molte attività stabilita dal governo nazionale. 

Le lamentele peraltro non sono nuove e vanno avanti da giorni. La vera novità però sta nella partecipazione definita dagli stessi commercianti «sentita e molto nutrita», una partecipazione che ha sfidato, più simbolicamente che altro per vero, il no che nei gironi scorsi era giunto dalla prefettura. In realtà i commercianti, affiancati dalla moral suasion dalla giunta comunale, avevano ottenuto un via libera de facto dalla questura, a patto che fossero rispettate le norme sui dispositivi di protezione personale, mascherine in primis.

ACCUSE E SPERANZE
E stamani le accuse lanciate a palazzo Chigi si sono ripetute: troppe differenze tra settori che possono riaprire e settori che non possono, troppa attenzione ai desiderata delle grosse industrie rispetto alle attività dei piccoli, provvedimenti «in parecchi casi poco razionali». Erano le 11,20 quando le prime persone sono cominciate ad arrivare alla spicciolata sotto l'occhio tanto vigile quanto discreto del personale della polizia e della Digos in particolare, tutti rigorosamente in abiti civili. L'umore dei partecipanti era «cangiante» tra la rabbia per le attività chiuse e la speranza «di un bello scapaccione» al governo tale da obbligare il premier Giuseppe Conte, «anche con qualche appoggio che ci sta arrivando da Oltreoceano» a mollare la presa «perché il malcontento sta salendo». Un ardore dovuto anche alla lettera «pensata per allentare la presa» che i governatori delle regioni in mano al centrodestra hanno recentemente indirizzato proprio a palazzo Chigi al Capo dello Stato Sergio Mattarella.

LA DOCCIA FREDDA DI ZAIA
Tuttavia mentre la esedra di Campo marzo e i viali interni «alla promenade» che porta alla stazione Fs si trasformavano «in una colorata parata del dissenso», dai fianchi della manifestazione, dove più o meno in silenzio sostavano gli uomini cerniera tra il centrodestra berico (favorevolissimo alla protesta di oggi) e il mondo del commercio, arrivava la doccia fredda da parte del governatore Luca Zaia. Il quale sui media nazionali e regionali in queste ore è tornato a ripetere che se contagi dovessero risalire la serrata o lockdown che si voglia tornerà a ripetersi e forse con maggiore durezza.

Il che è stato accolto con un po' di fastidio da alcuni manifestanti. La cosa è stata percepita come una sorta di aut aut alle categorie produttive che suona più o meno così: "adesso vi spalleggiamo magari con una serie di ordinanze regionali che vi verranno incontro, ma se nei vostri locali e nelle vostre fabbriche le misure anti-coronavirus non funzioneranno allora si torna a chiudere di brutto".

VOCI DALLA LAGUNA
Dalle voci che circolano a palazzo Ferro Fini, sede del consiglio regionale veneto, Zaia infatti sarebbe «assai preoccupato» dagli scenari peggiori, quelli secondo i quali il Covid-19 potrebbe ricominciare a colpire. In una ipotesi del genere «non ci possiamo permettere che i problemi del mondo produttivo si scarichino sul sistema sanitario veneto, perché questo collasserebbe» e con esso la spina dorsale dell'intero Nordest, avrebbe detto il professor Andrea Crisanti (direttore dell'unità di infettivologia della clinica universitaria dell'ospedale di Padova) proprio a Zaia durante un tête-à-tête a porte chiuse. Un avvertimento che avrebbe spaventato proprio il governatore, questa la voce che gira a palazzo Balbi, che non ha nessuna voglia di fronteggiare una «sciagura del genere proprio nel momento in cui si dovrebbe andare a votare per le elezioni regionali».

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